La serie televisiva Happy Days, andata in onda per la prima volta in Usa nel 1974 e da noi a partire dall’inverno 1977-1978 nella fascia pre-serale delle 19.20, è uno dei telefilm del ventesimo secolo di maggior successo in assoluto. In Italia toccò i 15 milioni di spettatori a puntata ed è rimasta impressa in modo indelebile nella memoria collettiva. Chi scrive ricorda bene di aver avuto compagni di scuola che ripetevano atteggiamenti, frasi, mosse e tic dei protagonisti della serie, e in particolare dell’iconico Fonzie.

La serie non solo ha segnato una generazione, ma a mio parere ha anche cambiato il modo di percepire la giovinezza, per es. insistendo molto sulla vita di coppia (molte delle trame che riguardano i protagonisti sono i loro tentativi di conquistare una ragazza), cosa che non era mai stata così centrale nelle serie per adolescenti. Happy Days ha avuto una lunga vita, undici stagioni, andate in onda sulla Abc in Usa, la rete giovane che fu fortemente rilanciata da questo telefilm, mentre in Italia quasi tutte le stagioni andarono su Rai 1 e solo la penultima su Canale 5.

Happy Days era una serie spensierata, pacifica, brillante, senza drammi, senza toni cupi, che ha fatto innamorare dell’American Way of Life, in una sua versione certamente edulcorata, i giovani di tutto il mondo.

Merito di una scrittura brillante, di personaggi indovinati ed empatici, di un tono sempre vivace: la serie ha analogie (anche per la presenza nei due prodotti del giovane Ron Howard) con il film di George Lucas American Graffiti, anch’esso incentrato sulle vicende di un gruppo di liceali di quell’epoca, ma là c’era un tono molto più dolceamaro: il film è un coming of age, che fotografa un momento di passaggio e descrive la consapevolezza che l’età della spensieratezza sta irrimediabilmente per finire. Non così invece Happy Days, che però ebbe il semaforo verde per la produzione proprio grazie al successo di American Graffiti.

Happy Days, @Webphoto
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Siamo all’inizio degli anni ’70 e Garry Marshall, il creatore e produttore esecutivo della serie, vuole raccontare in modo spensierato la vita dei giovani, ma sono anni turbolenti, ci sono le proteste per la guerra del Vietnam, lo scandalo Watergate… e allora decide di ambientare la storia negli innocenti anni ’50. Il successo è travolgente, e in pochi anni Happy Days diventa la serie più vista sulla televisione americana.

Il protagonista principale, nelle prime stagioni, è Richie Cunningham, interpretato da Ron Howard, che poi diventerà uno dei principali registi hollywoodiani (ironia della sorte il personaggio di finzione, che inizialmente dichiara che vorrebbe studiare giurisprudenza, in realtà studierà giornalismo e finirà per trasferirsi a Hollywood per iniziare la carriera di sceneggiatore…). Accanto a lui ci sono gli amici di sempre e il bad guy, che poi proprio bad non è, perché è solo uno che ama fare il duro, ma ha un cuore d’oro: Arthur Fonzarelli detto Fonzie (interpretato da Henry Winkler). Il personaggio ebbe talmente successo e tale risonanza che nelle stagioni successive alle prime avrà un ruolo sempre più centrale, finirà per abitare in una dependance della casa di Richie, e diventerà di fatto il vero protagonista della serie, mentre Richie dopo la settima stagione comparirà solo occasionalmente nell’ultima.

Richie ha una famiglia unita, che si vuole bene: i genitori sono in qualche modo genitori ideali, comprensivi e attenti, ma sanno farsi rispettare, quando è il caso. Un suo fratello maggiore, menzionato nelle prime due stagioni, di fatto non comparirà più e verrà dimenticato, mentre invece la sorella minore sarà parte più attiva delle storie che la serie racconta. Richie stesso è un bravo ragazzo, sostanzialmente onesto e coscienzioso, anche se ogni tanto si mette nei guai per i suoi tentativi di rimorchiare le ragazze.

Il creatore e produttore esecutivo della serie, come molti sanno, è Garry Marshall, che dietro a questo cognome anglosassone nascondeva la versione yankee dell’italianissimo Masciarelli: il cambiamento fu effettuato dal padre, che proveniva da un paesino dell’Abruzzo. La sorella di Garry, Penny Marshall fu anche lei attrice e regista, e divenne famosa interpretando uno degli spin off di Happy Days, Laverne & Shirley, altra serie di grande successo, così come di grande successo fu un altro spin off, Mork & Mindy, che lanciò la carriera di Robin Williams.

Garry Marshall fu un produttore e regista molto amato: dopo la televisione firmerà la regia di un successo globale come Pretty Woman (su Netflix c’è una puntata di una bella serie I film della nostra infanzia, che narra il suo ruolo nella lavorazione del film) e altri film molto popolari come Paura d’amare, Se scappi ti sposo, Pretty Princess, Capodanno a New York. Ma è soprattutto Happy Days, anche se il nome di Marshall non viene automaticamente riconosciuto dal grande pubblico, il suo prodotto più popolare e quello che lo lanciò definitivamente, permettendogli di diventare uno degli autori che più hanno inciso nella cultura popolare della fine del XX secolo.