“I personaggi da interpretare in questo film erano due, si trattava di scoprire in sé stessi che cosa permane e cosa cambia nell’altro. Per me la cosa più difficile era lavorare su quelle scene quotidiane in cui apparentemente non c’è conflitto. La vita quotidiana, per meccanismi di rimozione che tutti attuiamo, apparentemente non vive di conflitti. Il mio personaggio Milo, allora, è uno che si fa Cyrano di sé stesso”.

Lino Guanciale è co-protagonista con Silvia D’Amico della commedia romantica L’invenzione di noi due. Il film, diretto da Corrado Ceron e ispirato all’omonimo romanzo di Matteo Bussola (Einaudi Stile Libero, 2020) è stato presentato in anteprima mondiale al Taormina Film Festival 2024, prima dell’approdo in sala previsto il 18 luglio 2024 in circa 180 copie per la distribuzione di Be Water Film.

Il regista del film Corrado Ceron spiega così la scelta di usare il bestseller come soggetto: “Del libro di Bussola mi era piaciuto il senso del reale, il realismo che trasudavano le situazioni quotidiane che descrive. Ho voluto rendere i protagonisti vicini al pubblico, cercando di stare accanto a loro. Ho voluto che la regia fosse testimone sensoriale della vita quotidiana dei personaggi.” 

Al centro della storia Milo e Nadia che, sposati da quindici anni, sono diventati nel tempo quasi estranei l’un l’altra finché il marito, per riconquistare la donna, inizia con lei un fitto epistolario fingendosi un’altra persona.  

“Lino Guanciale è stato coinvolto nel film sin da subito, quando il cast è stato deciso. Il progetto nasce su proposta dei produttori, dopo la mia prima regia Acqua e Anice. – continua Ceron –  Quando sono stato coinvolto la sceneggiatura era già scritta. Assieme agli autori abbiamo cercato di renderla più personale, più autoriale, più mia. Volevo che la storia fosse personale e riconoscibile. Non a caso siamo arrivati a tredici stesure perché non volevo solo un illustrazione, ma un’interpretazione del testo. Abbiamo creato e reinventato molte situazioni, molti personaggi dando loro una giustificazione visiva. Lo sforzo è stato di cercare di raccontare per immagini un libro molto concettuale che discute del tempo che passa, delle ambizioni frustrate, del concetto di maschera”.

La co-protagonista del film è, come detto, Nadia una “scrittrice, un’artista che a un certo punto della vita capisce che la sua soddisfazione lavorativa deve corrispondere alla sua persona” come la definisce la sua interprete Silvia D’Amico che poi aggiunge: “Questo è stato un lavoro differente agli altri. Non volevo andarmi a infilare nel personaggio, nei dettagli, nelle sfumature precise del libro, ma ho cercato di rappresentare il paradigma di una storia di amore”.

Questa universalità paradigmatica è stata possibile, spiega ancora l’attrice solo “facendo sì che i due personaggi si aggrappassero molto l’un l’altro. Molto spesso anche i mei cambiamenti di come ero dieci anni prima e come ero dieci anni sono stati influenzati da come mi rispecchiavano in lui. Nadia si intona e si definisce intorno al cambiamento di Milo”.

Lino Guanciale è sulla stessa lunghezza d’onda: "A me ha dato moltissimo il fatto di poterci rispecchiare l’un nell’altra nel tempo che passa tra persone diverse”. E per quanto riguarda il suo lavoro sull’attore, ammette: “Per creare Milo ho cercato di concentrarmi sulla dimensione del tempo che passa, ho costruito la sua personalità secondo due estremi, nel passaggio dalla freschezza dei progetti da ragazzi all’appannamento della maturità”.
L’invenzione di noi due è un pas de duex ambientato a Verona che trasuda un lavoro sugli attori notevole, come certifica il regista Ceron: “A me piace costruire a lungo le scene con gli attori per cercare la verosimiglianza e la spontaneità. Riprodurre scrivendo e recitando il quotidiano è la cosa più difficile da fare al cinema”. 

"Inoltre è stato fatto un grande lavoro di montaggio, – aggiunge il cineasta – che è diventato quasi una seconda regia. Abbiamo ripreso la struttura non lineare del romanzo, esasperandola con degli sbalzi tra passato presente e futuro. Abbiamo cercato un tempo non oggettivo, ma soggettivo, il tempo delle emozioni. Abbiamo costruito il montaggio in base a come i personaggi vivevano le emozioni nella storia”.

Corrado Ceron. Credits: Matteo Girola
Corrado Ceron. Credits: Matteo Girola

Corrado Ceron. Credits: Matteo Girola

Produttore del film è Nicola Fedrigoni (K+) che ha confermato come “il progetto abbia avuto una fase di sviluppo abbastanza lunga e complessa: abbiamo coinvolto in scrittura Federica Fava e Laura Zanella, poi l’autore Matteo Bussola e Paola Barbato. Volevamo una struttura ampia di scrittura. Il processo è durato due o tre anni, i diritti del libro sono stati acquisiti prima della sua uscita, nel 2020. Volevamo andare dritto al cuore di ogni rapporto di coppia, non con una crisi identificabile e ben definita, ma per raccontare quella quotidianità in cui ognuno rinuncia a qualcosa. Il film è stato girato a Verona, la città dell’amore per eccellenza, ma il finale è diverso da quello di Giulietta e Romeo”.