La letteratura si confronta direttamente con la Storia, la poesia, la musica e il teatro la trascendono, la pittura, la scultura e l’architettura la rielaborano, mentre la fotografia la “fissa”, cristallizzando ogni singolo istante per l’eternità. Eppure forse nessuna arte può raccontare il Secolo breve meglio di quella che ne è diventata il simbolo stesso, ovvero il cinema, declinato in tutte le sue forme espressive.

“Se non si è storici di professione, sempre più spesso – e ormai da tempo – si pensa alla Storia dell’ultimo secolo in termini di immagini cinematografiche, inserendo il dato storico in una precisa struttura narrativa. Il Novecento è stato il primo secolo ad avere il supporto delle immagini come sviluppo del suo stesso svolgimento. E non si è trattato di una semplice integrazione parallela, perché le immagini poste a fianco degli eventi hanno mutato completamente il modo di relazionarsi a essi”.

Così Giampiero Frasca introduce Schermi del Novecento. La Storia del XX secolo vista attraverso il cinema (Lindau, pagg. 280, € 22,00), volume che lui stesso ha curato e del quale ha firmato le sezioni relative alla seconda rivoluzione industriale (da cui nasce anche il filone fantascientifico dello steampunk), al conflitto fra Israele e Palestina (la cui drammatica complessità potrebbe essere sintetizzata nella frase “la storia di due popoli che a diverso titolo rivendicano la stessa terra”) e all’avvento dell’era atomica (quest’ultimo in collaborazione con Manuela Russo).

Spinto dalla volontà di “stimolare lo spirito critico di ognuno attraverso un immenso patrimonio di immagini che, se assunto nella giusta prospettiva, è sicuramente più ricco e suggestivo di mille libri di Storia”, Frasca ha tracciato una sorta di spina dorsale del Novecento, suddividendola in ventuno passaggi chiave a cui dedicare altrettanti capitoli.

Ciascuno di essi segue un percorso strutturato in quattro parti: si inizia con l’inquadramento storico del periodo (o del fatto) in questione e si prosegue con la presentazione di un film che ha conquistato il pubblico (sebbene sia “solo” del 2023, nessuno contesterebbe la scelta di Oppenheimer in relazione alla bomba atomica), ha acceso in particolar modo il dibattito (motivo per cui Il diritto di contare supera Il buio oltre la siepe) oppure ha saputo cogliere il vero spirito dell’epoca (La 25ª ora rimane l’autentico specchio della New York post Twin Towers). Quindi si contestualizza e analizza la suddetta pellicola (o le pellicole, quando puntare tutto su un singolo titolo risulta impossibile), per poi aggiungere una breve filmografia conclusiva che permetta al lettore/spettatore di ampliare la propria prospettiva sulla tematica affrontata.

A scanso di equivoci, la panoramica (forse più occidentale che effettivamente globale) in alcuni tratti è specificamente italiana, ma ciò non inficia la coerenza del volume. Piuttosto ne chiarisce la matrice di partenza, seguendo la stessa filosofia che, se fosse stato pubblicato – per esempio – in Irlanda, avrebbe implicato degli approfondimenti sulla guerra d’indipendenza, sul conflitto civile e sui Troubles, che, a loro volta, avrebbero citato (rispettivamente e probabilmente) Michael Collins, Il vento che accarezza l’erba e Nel nome del padre.

Oltre a Frasca e Russo (autrice dei capitoli “Luci e ombre della Belle Époque”, “L’Età dell’imperialismo” e “Il fascismo”), Schermi del Novecento si avvale anche dei contributi di Andrea Santimone (“La prima guerra mondiale”, “La rivoluzione d’Ottobre”, “La Resistenza”), Simone Tarditi (“Il nazismo”, “La guerra civile spagnola”, “Il dopoguerra in Italia e il boom economico”, “La guerra in Vietnam”), Paola Brunetta (“La seconda guerra mondiale”, “La Shoah”, “La segregazione e la lotta per i diritti civili in America”, “La decolonizzazione”) e Vincenzo Chieppa (“La Guerra Fredda e il pericolo nucleare”, “Gli anni di piombo, La fine del comunismo e la caduta del muro di Berlino” e “L’11 settembre 2001”).

Se Johan Huizinga parlava delle immagini quale punto di contatto necessario tra gli eventi della Storia, il cinema non si limita a fornire la più rapida percezione su un determinato avvenuto, bensì permettere di capirne l’impatto sul periodo storico, ideologico e sociale in cui il film è stato prodotto. Come sottolinea Frasca, “ogni volta che vediamo un film su un evento storico, di fatto, vediamo in un modo nuovo la realtà di un passato che spesso, per mancanza di mezzi, è stata sottratta al nostro sguardo. Ogni film apre una finestra su situazioni che l’immaginazione non sarebbe capace di ricostruire basandosi soltanto sulle fonti scritte”.

L’idea del film come doppia lente di ingrandimento vale in particolar modo se “si trattano eventi minori, non studiati abitualmente sui libri, oppure quando si riflette sulle conseguenze patite dalle persone semplici, quelle «gente meccaniche, e di piccol affare» di cui si preoccupava anche Manzoni, costretto addirittura a inventare un genere narrativo per dar conto della loro esistenza”. Una volta stabilite le varie coordinate, “è lungo questo margine che verità storica, romanzesco e visual fiction si incontrano, per raccontare su una base verosimile quelle che altrimenti, per dirla come Hegel, sarebbero soltanto «pagine bianche» sui libri di Storia”. E a cui la nostra memoria continua ad attingere.