PHOTO
Spider-Man: Across the Spider-Verse, credits Sony Pictures
Quarto appuntamento dedicato a tre categorie "di settore", create per premiare questo genere di film che difficilmente, almeno un tempo, trovavano spazio nella cinquina e poi decina del "miglior film": miglior film d'animazione, miglior film internazionale e miglior documentario.
Giusto per completezza, sono stati candidati al premio maggiore solo tre film animati (La bella e la bestia, 1991; Up, 2009; Toy Story 3, 2010), quindici film non in lingua inglese (di cui tre quest'anno con il solo Parasite vincitore nel 2019) e ancora nessun documentario.
MIGLIOR FILM D'ANIMAZIONE
Ultima delle vigenti categorie ad essere creata nel 2001 (dall'edizione 2025 sarà introdotta quella del "miglior casting director"), vede quest'anno una sfida tra due vincitori del passato che cercano il bis.
Anzitutto Spider-Man: Across the Spider-Verse , il cui primo capitolo Spider-Man: Un nuovo universo ha trionfato nel 2018 rendendo il suo co-regista Peter Ramsey il primo afroamericano ad essere nominato e vincere in questa categoria. Il sequel vede alla regia, però, l'afroamericano Kemp Powers che fu candidato per la sceneggiatura del suo Quella notte a Miami… (2020/21), mentre lo stesso anno non fu accreditato come vincitore per Soul di cui era co-regista. In nomination come produttori troviamo anche la coppia d'oro Phil Lord e Christopher Miller, già premiati per il primo Spider-Man dopo la clamorosa mancata nomination per il loro capolavoro The LEGO Movie (2014), ed Amy Pascal, già candidata come produttrice solitaria di The Post (2018) e Piccole donne (2019).
Dalla vittoria dell'Uomo Ragno pende non solo l'indiscutibile valore tecnico e artistico del film, ma anche la sua grande popolarità, e la vittoria ai Critics' Choice e soprattutto agli Annie Awards, premi di categoria, con sette statuette. In caso di vittoria sarebbe il secondo franchise dopo Toy Story (2010 e 2019 con terzo e quarto capitolo) a vincere due volte in questa categoria.
In cerca, ma forse lui non la pensa così, della seconda statuetta è il leggendario Hayao Miyazaki, che vinse l'Oscar a sorpresa per il suo capolavoro La città incantata (2002), senza però andare a ritirarlo, così come non si presentò a Los Angeles quando venne candidato per Il castello errante di Howl (2005) e Si alza il vento (2013). Fu presente, però, alla cerimonia in cui fu insignito dell'Oscar alla carriera nel 2014, quando si riteneva che si fosse ritirato dalle scene. Tornato più in forma che mai con Il ragazzo e l'airone , vincitore del Golden Globe e del BAFTA, molti vorrebbero veder nuovamente premiato l'animatore giapponese e il successo planetario e non più di nicchia che il film ha avuto qualche chance gliela concede. Dopo di lui, nessuno in questi ventidue anni ha mai più vinto per un film animato in lingua straniera (a fronte di 16 nomination, la metà delle quali per film nipponici).
Non poteva mancare l'ultimo lungometraggio Disney-Pixar Elemental , che ha regalato la nomination n° 18 agli Studios fondati da John Lasseter a fronte del record di 11 vittorie, l'ultima con Soul (2020/21), mentre è assente la Disney che gareggiava con Wish, grande flop in patria.
Batte bandiera Netflix, vincitrice lo scorso anno con Pinocchio di Guillermo del Toro (2022), Nimona . Il servizio streaming qui però distribuisce solo l'avventura fantascientifica basata sull'omonima graphic novel, produzione della Blue Sky, casa madre della saga de L'era glaciale, defunta dopo l'acquisizione della Fox da parte della Disney.
A sorpresa, ed è una bellissima sorpresa, in cinquina troviamo lo spagnolo Il mio amico Robot (Robot Dreams), vincitore dello European Film Award e in patria di due Goya, diretto da Pablo Berger, regista del dramma muto in bianco e nero Blancanieves (2012). Così come è muto questo strambo film animato sull'amicizia tra una cane e un robot nella Manhattan degli anni Ottanta. Sarebbe il primo film in animazione tradizionale a vincere, ancora una volta, dai tempi de La città incantata (2002), ed è stato insignito dell’Annie Award come “miglior film d’animazione indipendente”.
Un'ultima curiosità: è il secondo anno di fila che tutti e cinque i film candidati non hanno nomination in nessun'altra categoria. Non un bellissimo segnale per il genere...
VINCERÀ: Spider-Man: Across the Spider-Verse
POTREBBE VINCERE: Il ragazzo e l'airone
MIGLIOR FILM INTERNAZIONALE
Da dove cominciare se non dicendo che il più papabile vincitore, che ha letteralmente trionfato ad ogni singola grossa premiazione precedente, non solo non è in cinquina ma in maniera totalmente miope non è stato inviato dal proprio paese. La Francia, assente dal palmares da 31 anni, pur avendo tra le mani un gioiello fresco di Palma d'oro a Cannes e campione d'incassi in patria, Anatomia di una caduta, ha preferito un film d'amore e gastronomia come La passione di Dodin Bouffant. Certo, questo aveva vinto a Cannes per la regia e ha come protagonista Juliette Binoche, ma non regge assolutamente il confronto. Risultato: Francia fuori dalla cinquina con Anatomia di una caduta che ha portato a casa cinque nomination pesantissime, incluso "miglior film" e "miglior regia". E, si sa, quando questo avviene, poi vincere nella propria categoria è automatico, come avvenuto con Niente di nuovo sul fronte occidentale (2022), Drive My Car (2021), Un altro giro (2020/21), Parasite (2019) e Roma (2018) solo negli ultimi anni.
E questo trattamento spetterà, quindi, a La zona d'interesse , da oggi in sala, anch'esso candidato a cinque Oscar incluso film, regia e sceneggiatura, e inviato dal Regno Unito, che punta al suo primo storico Oscar in questa categoria alla terza nomination dopo due film in gallese. Sì, perché ovviamente questa nazione non può inviare un film in inglese ma solo in lingua altra, fino al 2006 solo gallese, scozzese e irlandese, poi in qualsiasi lingua come è il caso del film di Jonathan Glazer girato in tedesco e polacco. E così non è facile per il Regno Unito trovare un film e un film giusto, occasione finalmente giunta con quest'opera inquietante e profonda a tema Olocausto, già vincitrice del Grand Prix a Cannes e di tre BAFTA (fra cui la strana coppia “miglior film britannico” e “miglior film non in lingua inglese”).
Sempre dalla Croisette, dove ha vinto il premio per il miglior attore, arriva il giapponese Perfect Days , diretto dal tedesco Wim Wenders, prima d'ora candidato per tre documentari (Buena Vista Social Club, 1999; Pina, 2011; Il sale della terra, 2014). Un'opera intima che elogia la quotidianità, sorretta da un grande Kōji Yakusho. Il Giappone ha già vinto tre Oscar speciali grazie a Kurosawa, Kinugasa e Inagaki e due competitivi (Departures, 2008; Drive My Car, 2021) su un totale di 13 nomination.
Altro paese plurivincitore è la Spagna che gioca un asso potente con La società della neve di J.A. Bayona sulla vicenda di brutale sopravvivenza di un gruppo di rugbisti uruguayani precipitati con il volo sulle impervie Ande. Il film Netflix ha sbancato in casa conquistando 12 Goya, terzo più alto risultato di sempre, e cerca di portare al paese iberico giunto alla 21° nomination il quinto Oscar di categoria dopo Volver a empezar (1982), Belle Époque (1991), Tutto su mia madre (1999) e Mare dentro (2004).
Campione in carica dopo la vittoria con Niente di nuovo sul fronte occidentale (2022), la Germania è in gara stavolta con un piccolo ma coinvolgente film: La sala professori di İlker Çatak, in uscita il 29 febbraio, sulla vicenda di un'insegnante idealista che cerca di risolvere una serie di furti nella sua scuola. Ventidue, uno della Germania Est incluso, sono i film tedeschi ad essere stati candidati e quattro hanno vinto, oltre al sopracitato ricordiamo Il tamburo di latta (1979), In Africa (2002) e Le vite degli altri (2006).
Chiudiamo la rassegna con Io Capitano il film in cui tutta l'Italia spera per agguantare un Oscar che manca da dieci anni, dalla vittoria di Sorrentino, e che sarebbe il numero 15, tre onorari inclusi, a fronte di 33 candidature (il più vittorioso di tutti il Belpaese lo è già con la Francia ferma a 12 ma su 41 nomination). L'epopea africana di Matteo Garrone ha esordito a Venezia con il Leone d'argento per la regia e il premio al giovanissimo attore emergente Seydou Sarr e ha pian piano conquistato tutta Europa e ora sbarca in America. La nomination non era affatto scontata e testate come Variety non lo mettevano nemmeno tra i primi dieci in ordine di possibilità, per cui per tutti noi e per Garrone, che ci aveva provato senza successo con Gomorra (2008) e Dogman (2018), è già un enorme successo e onore. Non succede, ma se succede...
VINCERÀ: La zona d'interesse (Regno Unito)
POTREBBE VINCERE: La società della neve (Spagna)
MIGLIOR DOCUMENTARIO
La sfida per il “miglior lungometraggio documentario” quest’anno prevede ben quattro su cinque candidati di provenienza non statunitense e girati in lingua straniera, cosa abbastanza comune in questa categoria che negli anni ha visto 71 film in lingua non inglese nominati con ben dieci vincitori, anche se l’ultimo risale a 19 anni fa con il francese La marcia dei pinguini (2005). Inoltre quattro pellicole sono dirette da donne.
Con l’esclusione, piuttosto a sorpresa, di American Symphony e Still - La storia di Michael J. Fox, favoriti alla vigilia, lo scettro di frontrunners è passato a due opere che erano state selezionate anche dai propri paesi per l’Oscar al “miglior film internazionale” ma che, pur essendo entrati nella shortlist a 15 titoli, non sono passati al vaglio finale. Trattasi anzitutto dell’ucraino 20 Days in Mariupol , sui venti giorni trascorsi dal regista e corrispondente di guerra Mstyslav Chernov a Mariupol nel pieno dell’invasione russa nel 2022. Un’operazione di grande coraggio che, spesso, viene premiata dall’Academy come avvenuto lo scorso anno con Navalny (2022) e che ha appena ricevuto il BAFTA.
Dalla Tunisia arriva Four Daughters , presentato all’ultimo Festival di Cannes per la regia di Kaouther Ben Hania, già candidata per il suo paese con L’uomo che vendette la sua pelle (2020/21). Il film ripercorre e indaga la vicenda di Olfa Hamrouni, una madre tunisina le cui due figlie maggiori, le adolescenti Rahma e Ghofrane, un giorno scompaiono, partite per la Libia per unirsi all’ISIS dopo essersi radicalizzate.
Unico ad essere uscito nelle nostre sale, il cileno The Eternal Memory è diretto da Maite Alberdi, già candidata per il documentario The Mole Agent (2020/21). Al centro la toccante storia dell'attrice Paulina Urrutia, già Ministro del Consiglio Nazionale per la Cultura e le Arti in Cile, e del giornalista Augusto Góngora, tra i più strenui avversari del regime di Pinochet, innamorati da oltre vent'anni. Quando nel 2014 a lui viene diagnosticato l’Alzheimer, Paulina se ne prende cura personalmente fino alla morte avvenuta il 19 maggio 2023. A produrre è Pablo Larraín, regista di Jackie e Spencer, che rappresentò il Cile venendo candidato con No - I giorni dell’arcobaleno (2012).
Batte bandiera canadese ma parla hindi To Kill a Tiger di Nisha Pahuja sulla drammatica vicenda di una famiglia di Jharkhland, in India, in lotta per avere giustizia dopo che la loro figlia adolescente è stata fatta vittima di stupro.
Chiude la cinquina Bobi Wine: Il presidente del ghetto , produzione ugandese, britannica e americana, prodotto da John Battsek, già dietro ai documentari premiati con l’Oscar Un giorno a settembre (1999) e Sugar Man (2012). Vi si racconta la campagna presidenziale 2021 del popolare cantante ugandese Bobi Wine, oggi leader del National Unity Platform, contro il presidente-dittatore Yoweri Museveni, in carica in Uganda dal 1986. Distribuito da National Geographic, vincitore con Free Solo (2018), è disponibile in Italia su Disney+
VINCERÀ: 20 Days in Mariupol
POTREBBE VINCERE: Four Daughters