Sono trascorsi poco più di vent’anni da Pater familias, l’esordio che rivelò Francesco Patierno, regista eclettico capace di passare da atmosfere neorealiste alla commedia popolare senza mai abbandonare l’ancoraggio al cinema del reale. Cronaca tragica di una giornata di libertà dal carcere, ambientata in un paese dell’hinterland napoletano, Pater familias torna a interrogare il pubblico grazie alla versione restaurata in 4K, presentata in anteprima al Lecco Film Fest. “Vengo da un ambiente borghese – spiega Patierno – ma ho sempre sentito una vicinanza con questi mondi così lontani da me. E con queste persone che si sono aperte perché hanno capito che non andavo lì per giudicarle. Cerco sempre di lavorare sul non detto, che talvolta arriva allo spettatore più di ciò che si vede”.

Protagonista di una conversazione pubblica al Lecco Film Fest, Patierno ha colto l’occasione per ripercorrere la propria carriera, iniziata dopo gli studi in architettura. “Tutto è cambiato quando ho visto Bianca di Nanni Moretti: rimasi scioccato, così decisi di fare il regista. Poi, dopo Pater familias, mi ha chiamato per Bimbi Belli, la sua rassegna dedicata alle opere prima. Anche oggi lui continua a essere importante per me”.

Un percorso ormai ventennale, difficilmente incasellabile: “Sono molto istintivo ma dietro ogni film c’è sempre un ragionamento, il frutto di un pensiero cinematografico. E continuo a domandarmi come raccontare una storia in un modo che non sia didascalico ma creativo. E poi io sono un po’ come il cinema: inclassificabile, passo dall’alto al basso molto naturalmente”.

Da quella sociale e di costume, come nei casi di Cose dell’altro mondo e La gente che sta bene, fino alle più recenti proposte familiari dei due Improvvisamente Natale, la commedia è vocazione e interesse: “È un genere che racconta bene la società, ogni volta che ho avuto la possibilità di farla mi ci sono buttato con molto piacere”. Progetti futuri? “Ora sto lavorando a una miniserie importante e a un film per il cinema con un regista megagalattico”.

E, nei giorni di Wimbledon e degli Europei di calcio, il focus è sullo sport: “Sono uno sportivo, mi dà molto più benessere vincere una bella partita piuttosto che – e mi spiace dirlo – ricevere un premio al cinema. Intendiamoci, è bello far vedere un film al pubblico, ma, insomma, è un altro tipo di gratificazione”. L’ambizione di unire le due cose: “Purtroppo non abbiamo una tradizione di film sportivi. Sto progettando un film sul tennista Roberto Palpacelli: la sua è una storia ricca di colpi di scena e di materiale umano”.

E sul fenomeno del momento: “Raccontare Jannik Sinner è più difficile: è molto esposto, stiamo vedendo tutto in diretta. Piuttosto mi concentrerei sul piccolo Sinner: non è facile andarsene via a 14 anni. Penso anche al figlio di un mio amico dirigente che, proprio alla stessa età, è stato acquistato dalla Juventus. Ieri, nella gara tra lui e Matteo Berrettini, abbiamo visto una rappresentazione dell’Italia fuori dai luoghi comuni: è qualcosa di nuovo e bello”. Chi vincerà Wimbledon? “Posso rispondere con la speranza non con la certezza”.