“Ho raccontato un tema drammatico che ritroviamo nella cronaca e nella realtà di tutti i giorni: la violenza domestica”. Così il regista Francesco Costabile alla presentazione della sua opera seconda, dal titolo Familia, in concorso nella sezione Orizzonti dell’81esima Mostra del Cinema di Venezia e in uscita nelle nostre sale il 2 ottobre con Medusa.

Tratto dal romanzo Non sarà sempre così di Luigi Celeste, il film è un melodramma nero che racconta la violenza, soprattutto quella psicologica, di un padre di nome Franco (Francesco Di Leva) che ha reso l’infanzia di due ragazzi (Francesco Gheghi e Marco Cicalese) e la giovinezza di sua moglie Licia (Barbara Ronchi) un ricordo fatto di paura e prevaricazione.

Perché questo titolo dalla forma antica ovvero Familia e non Famiglia? “La famiglia dovrebbe rappresentare il luogo della condivisione, dell’inclusione, dell’educazione e dell’amore- risponde Costabile-. Il termine dalla desinenza latina ci rimanda a qualcosa di molto più inquietante e oscuro e richiama quel contratto di dominazione del pater familias che aveva sui propri servi. E per servi si intendevano anche i propri figli e la propria moglie”.

E poi: “Questo film ci fa entrare nella profondità dell’abisso di una famiglia che si autodistrugge. Il mio è un film che rielabora la cronaca. Come autore mi sono posto il problema etico dell’adozione di un punto di vista consapevole perché il cinema è anche uno strumento di impatto sociale. Spesso nella nostra società la cronaca nera resta confinata in nomi, numeri, date e morbosità. Questo è quello che poi abbiamo vissuto con Giulia Cecchettin e con altre vittime che non sono poi veramente raccontate. Il cinema attraverso le immagini ci permette di entrare nella complessità della vicenda. Viviamo in un’epoca di semplificazione anche nel giudizio degli altri”.

“È stato un trauma forte perché Francesco è stato bravo a ripercorrere la mia vita reale- commenta Luigi Celeste-. Ho pianto in varie scene del film e credo che lo farò ancora oggi pomeriggio alla proiezione qui a Venezia. È riuscito a ricreare questo clima di tensione che noi come famiglia abbiamo vissuto per una vita intera”.

Sul suo personaggio Barbara Ronchi molto emozionata racconta: “Di Licia mi ha colpito la sua sensazione costante della colpa. Lei si sente in colpa per averlo denunciato. È complesso arrivare alla decisione di denunciare. La denuncia non è la fine di tutto, è l’inizio di qualcosa di complesso. Quel che c’è dopo non lo sai, sei sola, è una situazione di grande isolamento. Da fuori è considerata la vittima, ma da dentro lei si sente colpevole e questo mi ha commosso profondamente”.

Mentre Francesco Di Leva dice: “Fa male per un attore non poter difendere il proprio personaggio. Franco è un uomo sgradevole. Da bambino ha vissuto a Secondigliano e questo mi fa capire quali erano i principi culturali come si intendesse la famiglia e il patriarcato. Tutta quella violenza l’ha poi riportata nella sua famiglia. La chiamerei truffa emotiva. Lui ha truffato continuamente queste persone. Chi vive la violenza nelle famiglie pensa che quella sia la normalità. Ci sono 5mila bambini che nel 2023 hanno subito violenza indirettamente dai propri genitori. Tra poco c’è il visto censura e spero che i ragazzi possano vederlo: il male va raccontato per poterlo distruggere”. E il giovane Francesco Gheghi: “Questa è stata una storia forte che mi ha dato la fortuna di riconoscere la mia fortuna e di capire quante cose io do per scontato quando invece non lo sono affatto. Spero di aver rispettato il dolore di tante persone”.

Dopo Venezia l’intenzione è quella di mostrarlo nelle scuole. “In teoria la censura non c’è più, ma abbiamo avuto problemi già con Una femmina. È un film violento, ma credo che la scuola e i genitori siano in grado di accompagnare un ragazzino alla visione. Ho cercato anche di lavorare sul fuori campo. Sono un docente e questo film tocca alcuni argomenti specifici dell’adolescenza, quindi sarebbe un peccato non poterlo far vedere proprio ai giovani”, dice il regista, che poi ringrazia i produttori, ovvero Attilio de Razza, Nicola Picone, Nicola Giuliano e Pierpaolo Verga, e la distribuzione Medusa. “Con il blocco del tax credit abbiamo vissuto un momento drammatico. Tanti miei colleghi sono fermi. Loro hanno avuto il coraggio di produrlo senza aspettare un momento di sblocco del tax credit. E quindi li ringrazio particolarmente di aver assecondato la mia urgenza creativa”. Infine Giampaolo Letta (Medusa) conclude: “Questo è un film che andrebbe fatto vedere ai ragazzi e ai più giovani magari anche con i genitori proprio per l’alto valore educativo e formativo”.