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Ermanno Olmi
“La vita per mio padre era come un viaggio in treno dove ci si incontra e si chiacchiera. E un giorno ha voluto incontrare Valentino Rossi”. Così Elisabetta Olmi alla presentazione di uno speciale inedito diretto da suo padre Ermanno dal titolo L’eroe e il mito e con protagonista il grande pilota. Presentato in anteprima nel corso della seconda edizione del Premio Film Impresa, il documentario è suddiviso in tre fasi: quella dedicata alla natura ovvero dell’osservazione degli animali, come la tartaruga o il carapace, per capire come loro sono arrivati a proteggersi in alcune situazioni, quella sull’archivio di Dainese, il famoso marchio di abbigliamento protettivo per motociclisti e sportivi e poi la tecnologia finale data a un testimonial per testarla.
“Questo doc è nato dall’amicizia tra mio padre e Lino Dainese- racconta Elisabetta Olmi-. Un’amicizia fondata sulla stima reciproca. Durante uno dei loro incontri è venuto fuori che Danese aveva un’altissima considerazione del valore della vita e proprio con la sicurezza dei prodotti che realizzava voleva difendere la vita. Ha voluto raccontare come un imprenditore da un sentimento vero è poi riuscito a realizzare un’azienda che proteggesse quel sentimento. E Valentino Rossi è entrato a fare parte di questo progetto perché in tutta la sua carriera è sempre colui che ha testato questi prototipi della Dainese stimolando anche una continua evoluzione dei prodotti”.
E su Valentino Rossi: “Mio padre cercava un eroe che potesse dialogare in questo suo racconto per immagini e l’ha trovato in Valentino Rossi. Non ha voluto intermediari, gli ha mandato una lettera, chiedendogli un incontro in un posto familiare a Riccione, in un bar dove lui si sentisse a suo agio. Nella lettera c’era scritto: ‘Le scrivo con il sentimento dell’amicizia che nasce dalle intense emozioni che lei ci ha dato come grande campione sportivo e ancora di più per le sue qualità di persona perbene sempre ben disposta alla gioia. Un uomo, un campione, un eroe che non si vergogna di mostrare le proprie lacrime mostra il meglio di sé’.
Valentino accettò. Non solo: “Gli ha fatto anche il grande regalo di concedergli alcune riprese nella roulotte dove lui si vestiva. Per lui quello è un momento sacro in cui sceglie cosa mettersi, dalla tuta al casco che lo deve proteggere, e non permette mai a nessuno di essere dentro con lui. Valentino era a proprio agio perché Ermanno è andato in un ambiente dove lui era a proprio agio. È una persona perbene e non ha filtri e ha sentito in Ermanno una persona che lo stimava come eroe e come persona”.
E su suo padre, grande esempio per il cinema italiano, dice: “Amavo il suo lavoro che ha fatto tutta la vita con grande impegno sempre stimolato dagli accadimenti che lo circondavano. Talvolta è riuscito ad essere un anticipatore sui tempi. Ricordo la sua attenzione verso la natura e verso gli ultimi. Ne L’albero degli zoccoli ritorna alle sue origini. Quel film ebbe successo anche all’estero, sebbene fosse in bergamasco, perché la terra si lavora nella stessa maniera ovunque quindi era comprensibile a tutti. Mio padre ci ha lasciato un bagaglio pesante da portare, perché veniamo messi sempre a confronto. Ma dentro questo bagaglio ci ha messo tante cose che da piccoli non capivamo. Ora invece ci troviamo tante risposte”.
E ancora: “Lui non rivedeva mai i film che faceva. Ogni film mi sorprendeva perché cambiava metodo di ripresa, epoca, situazioni come i fratelli Taviani. Non era un riproporsi sempre delle stesse cose. L’ultimo film che voleva fare sarebbe stato un film in Russia- prima di girarlo sarebbe voluto andare lì in camper a sentire l’odore della terra- su Marija Judina, una grande pianista russa che ha sfidato Stalin. L’uomo che si autodefiniva ‘d’acciaio’ le aveva mandato dei soldi e lei rispose che avrebbe devoluto quei soldi alla chiesa che frequentava e che avrebbe pregato per tutte le atrocità che lui aveva commesso. Questa pianista ha avuto il coraggio di dire queste cose a Stalin. Ora tutti dovremmo avere il coraggio di dire certe cose a Putin”.
Infine conclude: “Io sono molto timida e non amo rilasciare interviste. Lo faccio solo per mantenere vivo il ricordo non di un padre ma di un personaggio che ha avuto un grande valore. Ringrazio Film Impresa perché è l’ambito giusto per questo progetto e anche per aver istituito il Premio Ermanno Olmi. Un uomo entrato come fattorino in un’impresa che lo ha ascoltato e gli ha permesso di diventare quello che è e di raccontare l’umanità di un’azienda e non solo il prodotto”.