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Elio Germano in Berlinguer. La grande ambizione - Foto di Massimo Calabria © Vivo film, Jolefilm, Tarantula, Agitprop
“Abbiamo preferito non caratterizzare troppo i personaggi, l'approccio è stato quello di approfondire le questioni di cui erano portatori tutti quegli intellettuali che sedevano nella direzione del partito, di cui Berlinguer era segretario. Il nostro è stato un atteggiamento di profondo rispetto, un’indagine quasi da storici, poi certo io credo molto nella comunicazione inconsapevole dei nostri corpi, e la sua prossemica involontaria raccontava un senso di inadeguatezza, di fatica, di responsabilità, di mancanza di attenzione per l'esteriorità. Quindi nella misura in cui il suo corpo raccontava qualcosa anche quello è stata una fonte d'ispirazione, ma non per farne un'imitazione”.
Elio Germano è il protagonista di Berlinguer. La grande ambizione, il nuovo film di Andrea Segre – una produzione Vivo film e Jolefilm con Rai Cinema, in coproduzione con Tarantula (Belgio) e Agitprop (Bulgaria) – che apre oggi la XIX Festa del Cinema di Roma e sarà poi distribuito nelle sale, dal 31 ottobre, da Lucky Red.
"Non volevamo fare un biopic generale su Berlinguer, ma concentrarci sul momento chiave della sua storia e di quel popolo, quel pezzo d’Italia, un terzo di italiani che hanno vissuto, dentro, intorno l'esperienza del partito comunista italiano. Ci è sembrato pertanto che gli anni dal ‘73 al ‘78 (in particolare il ‘75 e il ‘76) fossero il momento più importante di quella esperienza, per il ruolo che l'Italia ha avuto in quegli anni. Il P.C.I. era il più grande partito comunista in Occidente, e questo già di per sé costituiva un problema per l'Occidente e per il mondo comunista”, spiega Andrea Segre, che ha iniziato a pensare di realizzare questo film alla fine della lavorazione di Welcome Venice, mentre leggeva il libro di Antonio Martini e Piero Ruzzante (Eppure il vento soffia ancora. Gli ultimi giorni di Enrico Berlinguer, 2020, UTET), proponendolo anche al suo cosceneggiatore Marco Pettenello, il quale come punto di partenza “emotivo” ancor prima che di studio (varie biografie su Berlinguer, oltre alle interviste con i figli, i parenti, e tante delle persone che hanno gravitato intorno alla sua vita), si è servito di una potente suggestione: “La prima volta che da bambini abbiamo visto un adulto piangere è stato quando è morto Berlinguer”.
Il film (con la colonna sonora originale di Iosonouncane), come detto, parte nel 1973, quando Berlinguer sfuggì a Sofia a un attentato dei servizi bulgari, seguendolo poi attraverso le campagne elettorali e i viaggi a Mosca, le copertine dei giornali di tutto il mondo e le rischiose relazioni con il potere, fino all’assassinio nel 1978 del Presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro: la storia di un uomo e di un popolo per cui vita e politica, privato e collettivo, erano indissolubilmente legati.
"Un pezzo dell'ambizione può essere l'illusione, quando ti dicono che qualcosa è impossibile ma ci provi lo stesso: quella stagione ha prodotto dei risultati molto importanti al di là del successo o meno del progetto di Berlinguer. Pensiamo a molte riforme, su tutte quella della sanità pubblica.
Gramscianamente quel "grande" significa non solo mio, ma di tutti, un qualcosa a cui vogliamo arrivare collettivamente, insieme”, dice ancora Segre, che sulla situazione politica attuale aggiunge: “Quello che sta succedendo nel mondo, non solo in Italia, è che ci sia un'idea che guida le componenti politiche di destra e che sia più disorientata l'idea che guida le componenti politiche di sinistra”.
Mentre sulla differenza degli uomini politici di allora e quelli di oggi, Elio Germano non ha dubbi: “Questa è una deriva della società, non solo della politica. Noi esseri umani abbiamo una concezione di competizione uno contro gli altri, e questa cosa purtroppo vale per tutti gli ambiti, per tutti i mestieri: “Il film non ha mai pensato alla situazione odierna, ai riferimenti della politica contemporanea. Il concetto di ‘grande ambizione’ però è un qualcosa di molto vivo e contemporaneo, che potrebbe migliorare la vita di tutti. In ogni mestiere possiamo sgomitare, vincere rispetto agli altri, l'alternativa qual è? Intendere la comunità come qualcosa che possa arricchirti o mettersi a disposizione della comunità: la possibilità di un mondo migliore, questa modalità diversa di fare il proprio mestiere, come "contributo materiale e spirituale alla nazione", come dice la Costituzione, ciò che ti fa stare meglio, che ti rende felice, perché si sta meglio quando si condivide. E quando fai le cose seguendo una grande ambizione, che non è semplicemente quella al fare carriera, magari avrai uno stipendio inferiore, ma starai meglio al mondo”.
E sulla condizione attuale della sinistra, l’attore conclude: “Oggi si fa un gran parlare di leader, di leaderismo, ma siamo sicuri che la risposta a tutto sia da ricercare in un leader? Anzitutto Berlinguer era un ‘segretario’, e a livello semantico già dice molto questa differenza. All’interno del partito c'era una ricchezza di punti di vista che venivano sempre ascoltati e rispettati, una modalità di risolvere le cose assembleare, collettiva. E bisognava arrivare ad una decisione in questo modo”.