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Valeria Golino e Giordana Marengo in La vita bugiarda degli adulti (credits: Netflix)
Dopo le tre stagioni (con la quarta e ultima in lavorazione) di L’amica geniale, si espande il Ferrante Cinematic Universe: dal romanzo della “misteriosa” Elena, ecco La vita bugiarda degli adulti, serie in sei episodi prodotta da Fandango, scritta da Ferrante, Laura Paolucci, Francesco Piccolo e Edoardo De Angelis e diretta da quest’ultimo, dal 4 gennaio su Netflix.
Ambientata nel 1994, è la storia di Giovanna, adolescente della borghesia napoletana di sinistra, che scopre la Napoli del sottoproletariato attraverso il rapporto con la reietta zia Vittoria. Alla prima esperienza con la serialità, De Angelis non nasconde l’entusiasmo: “Un cimento meraviglioso. È stato bello aprire le parole di Ferrante per vedere che ci stava dentro. Adattare un romanzo non è complicato, è come leggerlo, un gesto naturale. Non ho avuto il coraggio, semmai è stato coraggioso chi mi ha affidato questa impresa”.
Giovanna è l’inedita Giordana Marengo, scelta tra 3000 ragazze, i suoi genitori sono Pina Turco (“Un personaggio che somiglia a mia mamma: come le donne di un tempo, affida la sua felicità nelle mani di un uomo”) e Alessandro Preziosi (“Conosco la borghesia napoletana, solo un romanzo così fatale poteva svelare la legittimazione della bugia e la mistificazione della realtà”). Ma a dominare la scena è la zia Vittoria di Valeria Golino. Un personaggio a cui, forse, era predestinata: “Avevo letto il romanzo, parlando con Domenico Procacci, il produttore, mi ero offerta per un’ipotetica trasposizione. Mesi dopo, mi ha proposto il ruolo. Sono napoletana, ho tanta esperienza, eppure non mi sentivo pronta. Ho lavorato a lungo sul linguaggio, sulla gestione dello spazio, sulla fisicità di Vittoria”.
Cosa rende Vittoria così diversa dai personaggi interpretati finora? “È una donna disobbediente, sta nel torto, è sbagliata, sguaiata, bugiarda, tenera, arcigna. Per la prima volta ho avuto la libertà dell’esagerazione, non solo sulla superficie. È stato bello poter essere il mentore di una ragazzina verso la carnalità”.
La vita bugiarda degli adulti ricostruisce la Napoli degli anni Novanta, dando alla storia un contesto storico che il romanzo preferiva lasciare sfumato. “Ferrante non si sofferma sulla sociologia o sulla politica – spiega Laura Paolucci – ma sulla psicologia. Questo rende il racconto universale, una favola nera sulla magia degli oggetti. È una storia che affronta le relazioni umane poco prima dell’avvento dei device, con la musica che apre ricordi: ci sono i gruppi che abbiamo imparato a conoscere nei centri sociali, come i 99 Posse e gli Almamegretta, ma anche Peppino Di Capri”.
E su quel contesto mancante, Francesco Piccolo aggiunge: “Non c’è nulla che si veda a Napoli come la differenza tra le classi sociali. È la storia di un personaggio che scende dalla ‘Napoli di sopra’ e scopre un mondo nuovo, che in realtà è l’origine di tutto. La cosa più affascinante è che in tutto il mondo si fa del male, ma in nessun altro posto chi fa del male vuole anche farsi voler bene”.
In realtà c’è una dimensione politica molto forte, come riflette De Angelis: “In questa storia la bugia è uno strumento di lotta per piegare la realtà ai propri desideri. La zia rischiava di essere la paladina della verità, ma parlando con Ferrante ho capito che anche lei è una bugiarda. E questa deriva menzognera la rende più amabile”. “Anch’io ho pensato a lungo che Vittoria non fosse bugiarda – rivela Golino – e quando ho scoperto la verità ho capito che l’onestà a tutti i costi non è edificante, così come la bugia per la bugia non è interessante”. Il rapporto sul set? “Edoardo è il regista più calmo con cui ho lavorato. Abbiamo girato in pieno Covid, non ci ha mai messo in condizione di essere in allarme. Soprattutto, mi ha dato la possibilità di sbagliare”.