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Effetto notte
François Truffaut non finirà mai di stupirei!
Sempre fresco, sempre nuovo, sempre originale, questo regista, che è rimasto, nonostante tutto, fedele al la feconda poetica delle “nouvelle vague” francese, non ha mai conosciuto una caduta di gusto e continua a darci opere d’impegno, attorno alle quali si può solamente sviluppare un meritato discorso in reali termini di arte ed una analisi in nessun caso generica e superficiale.
Se diamo infatti uno sguardo di insieme alla consistente attività di Truffaut nel campo cinematografico, possiamo chiaramente vedere come i suoi film, pur nella loro differenza oggettiva, siano tutti vitali, come ogni sua opera sia difficilmente incasellabile in questo o quel filone e come il regista stesso non sia mai caduto nella banalità, nel conformismo, in quella naturale stanchezza creativa, della quale prima o poi sono endemicamente affetti tutti gli “arrivati”.
Queste stesse considerazioni valgono per il suo ultimo film, Effetto notte, presentato a Cannes quest’anno. accolto ed osannato dalla critica mondiale come un capolavoro. Con Effetto notte Truffaut ci porta negli stabilimenti cinematografici della Victorine di Nizza, dove una troupe si prepara a girare un film. Assistiamo così, dal primo all'ultimo giorno di lavorazione, a tutte le fasi di realizzazione di questo film fittizio, intitolato Vi presento Pamela; un film come tanti altri, con una storia abbastanza banale e consueta. Infatti la vicenda ruota attorno al personaggio femminile, una ragazza inglese, fresca sposa di un giovane francese, la quale si innamora del suocero e fugge con lui. Il marito abbandonato poi li insegue ed uccide il padre.
Alla trama del film in via di realizzazione si intrecciano e si sovrappongono le vicende private e personali dei singoli componenti la troupe. Assistiamo quindi ad una scoperta disincantata di tutto quell'universo umano che vive dietro la macchina da presa; vediamo a poco a poco, attraverso un’aneddotica ricca di gustosa e ridente tenerezza cadere tutti i veli di quel mondo apparentemente magico e fatato quale è quello del cinema.
In questo modo tale universo umano si popola di una serie di personaggi, i quali vengono filtrati in un'ottica pienamente aderente con la realtà, un’ottica fatta di quotidianità, di piccoli intrighi, di sentimenti autentici, di sbalzi di umore, di vita insomma.
Abbiamo così la protagonista del film, una giovane inglese reduce da un esaurimento nervoso, amorosamente seguita ed accudita da un marito medico, il quale saprà superare con delicatezza una nuova crisi familiare; il protagonista afflitto da complessi infantili e da un amore infelice; un'attrice italiana al tramonto della sua carriera, vittima dell'alcool e di frequenti amnesie; un'infinità di personaggi minori, tutti finemente tratteggiati, che contribuiscono a questa demistificazione in senso positivo del cinema.
Coerentemente con il suo mondo poetico. Truffaut infatti porta avanti questa sua opera di umanizzazione nei confronti del cinema senza critiche spietate e senza lanciare frecce dissacranti, ma con un senso di profondo rispetto e di sentito amore verso quel mondo, che per il regista francese ha significato e significa la vita stessa.
Ricordando a questo proposito alcune note biografiche di Truffaut, possiamo ampiamente vedere come il cinema abbia giocato sempre un ruolo importante nella formazione umana del regista e come esso sia sempre stato la nota dominante di tutta la sua esperienza esistenziale: dai quattro film visti ogni domenica da ragazzo, all'organizzazione dei cineclub, fino all’incontro decisivo per la via del regista con André Bazin, l'illustre critico e saggista cinematografico francese.
Con Effetto notte quindi Truffaut esprime forse per la prima volta la più diretta espressione del suo folle amore per il cinema, la testimonianza di affetto più immediata che un uomo di cinema abbia mai dato a questo mondo.
Significativa a questo proposito nel film la parte del regista, interpretata dallo stesso Truffaut, il quale dà vita ad un personaggio carico di comprensione e di umanità ed ossessionato da un sogno ricorrente, che lo rimanda ai ricordi della prima infanzia, di quando cioè andava furtivamente a staccare dall’atrio di un cinematografo le fotografie di un film molto amato e diretto da uno dei suoi maestri ideali: il Citizen Kane di Orson Welles.
È stato detto giustamente che con questo film Truffaut ha fornito i termini di una sua “poetica del cinema”. Con Effetto notte infatti questo mondo della celluloide, avvolto di per sé in una sua mitologia sovrastrutturale, appare così come una sorta di vita nella vita stessa, che per forza di cose in ultima analisi finisce per diventare più vero della realtà propriamente detta.
Al di là dei consueti miti e dei fragili miraggi, Truffaut ci comunica in tal modo il suo amore per questa arte, per il suo mestiere, per questo modo di vivere con una singolare intensità, per questo mondo “concreto” e non solamente simbolico, attorno al quale ruota una umanità fatta di persone rea le con i loro travagli quotidiani, i loro sentimenti, le loro fisime, le loro manie, i loro problemi.