Papa Francesco è tornato alla Casa del Padre. Con lui scompare non solo il primo Pontefice gesuita e sudamericano della storia, ma anche una delle figure religiose più incisive dell’epoca contemporanea. Jorge Mario Bergoglio, eletto il 13 marzo 2013, ha segnato in modo profondo la vita della Chiesa cattolica e l’immaginario collettivo, trasformando il modo di comunicare, raccontare e rappresentare il papato. Il suo pontificato, durato oltre un decennio, ha portato al centro del dibattito non solo le grandi sfide della fede e della giustizia sociale, ma anche un nuovo rapporto con le immagini, con il linguaggio visivo e simbolico, con il mondo della cultura e del cinema. Francesco ha saputo interpretare il suo ruolo non soltanto attraverso parole e documenti, ma anche mediante gesti, sguardi, silenzi, immagini. Ha ridotto la distanza tra il Vaticano e il mondo, scegliendo la semplicità come cifra distintiva, anche nella comunicazione.

Emblematici, in questo senso, molti momenti divenuti già storia visiva. Oltre all’immagine più nota e toccante – quella del 27 marzo 2020, quando, solo in una piazza San Pietro deserta, sotto la pioggia, benedisse il mondo durante i giorni più duri della pandemia da Coronavirus – restano impresse altre scene: la sua prima apparizione dalla Loggia delle Benedizioni, in abito bianco e con un semplice “Fratelli e sorelle, buonasera”, seguito da un silenzio di preghiera condivisa. O ancora, l’abbraccio con il patriarca Bartolomeo e l’imam Ahmad al-Tayyib ad Abu Dhabi, simbolo concreto di dialogo interreligioso. E poi le sue visite tra i migranti di Lampedusa, i bambini di Bangui, i carcerati a Regina Coeli, sempre senza clamore, ma con una forte potenza iconica. Il suo sguardo sul mondo ha trovato uno specchio privilegiato nel cinema.

Non ha mai nascosto la passione per la settima arte, che considerava capace di “generare armonia”, come disse il 20 febbraio 2023, ricevendo in udienza i rappresentanti della Fondazione Ente dello Spettacolo. In quell’occasione, parlando a braccio e poi in un discorso scritto, indicava nel cinema una forma di poesia, “una via allo stupore”, citando il Rublëv di Tarkovskij come esempio di arte spirituale. Il cinema, per Papa Francesco, non era solo intrattenimento né mero strumento pedagogico, ma luogo di incontro tra l’umano e il trascendente, capace di custodire la memoria e aprire orizzonti. A questo sguardo si sono ispirati anche i registi che lo hanno raccontato, cercando di interpretare il suo percorso umano e spirituale. Papa Francesco – Un uomo di parola (2018), firmato da Wim Wenders, è un dialogo intimo e sobrio, che unisce il racconto biografico alla riflessione sulla missione universale del Pontefice. In viaggio (2022) di Gianfranco Rosi (stasera su Rai due, 21.30), ne segue i passi nei luoghi di frontiera e di conflitto, costruendo un diario visivo in cui la figura del Papa si fa testimone delle ferite del mondo. Ma la sua storia ha ispirato anche la finzione cinematografica. Chiamatemi Francesco (2015), diretto da Daniele Luchetti, ripercorre la vita di Bergoglio dalle origini in Argentina fino al giorno dell’elezione, con tono sobrio e attenzione ai contesti storici e sociali. Presentato in anteprima in Vaticano, il film ha segnato la prima vera biografia filmica di un Pontefice ancora vivente. Più libero e dialogico è l’approccio di I due papi (2019), diretto da Fernando Meirelles: un’opera di immaginazione e confronto, costruita sull’incontro tra Benedetto XVI e il futuro Francesco, in cui la finzione si fa occasione per riflettere su due visioni diverse di Chiesa, ma anche sulla fragilità e sul coraggio nel prendere decisioni radicali. Il cinema non ha solo raccontato Francesco: è stato da lui interrogato e valorizzato. Più volte ha parlato dell’importanza delle storie che aiutano a vedere la realtà, della responsabilità dell’artista di “non addomesticare la speranza” e della necessità, anche per chi crede, di lasciarsi provocare dalla bellezza e dalla complessità del reale. Nel corso del pontificato, non sono mancati incontri riservati con figure chiave del mondo cinematografico: da Angelina Jolie a Roberto Benigni, da Matteo Garrone a Martin Scorsese.

Con la morte di Papa Francesco si chiude una stagione della Chiesa cattolica, ma resta l’impronta di un uomo che ha saputo incarnare un messaggio evangelico radicale e insieme accessibile. E resta anche un archivio di immagini – raccolte, filmate, costruite, amate – che continueranno a parlare. Perché, come lui stesso amava ricordare, “non c’è fede senza stupore. E il cinema è uno dei luoghi dove lo stupore può ancora abitare”.