Il mondo del cinema piange la scomparsa di Jerzy Stuhr, regista e attore polacco tra i più popolari, influenti e versatili, scomparso oggi all’età di 77 anni. Nel 2005, nell’ambito della 62a Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, gli viene consegnato il Premio Robert Bresson della Fondazione Ente dello Spettacolo.

Il nostro incontro al Lecco Film Fest 2023

Nato a Cracovia il 18 aprile 1947, dalla fine degli anni Sessanta alterna l’attività teatrale a quella di docente universitario. Al cinema approda nella prima metà degli anni Settanta e da quel momento interpreta un gran numero di film per la regia di alcuni tra i maggiori registi polacchi tra cui Agnieszka Holland e Krzysztof Zanussi, con cui recita in Da un paese lontano (1981), L’anno del sole quieto (1984), Vita per vita (1991), Persona non grata (2005). Con Andrzej Wajda collabora anche in qualità di assistente alla regia.

Ma il primo a comprendere il talento del giovane Stuhr è Krzysztof Kieślowski: con lui stringe un lungo sodalizio durante il quale gira capolavori come Il cineamatore nel 1979, Decalogo 10 nel 1989, Tre colori: film Bianco nel 1994. “La carriera – ricordava Stuhru – è iniziata con Kieślowski, è stato il primo a dirigermi. Ma ero già abbastanza maturo tra teatro e televisione. Kieślowski mi ha insegnato a essere, non a fingere. Sapeva come estrarre le emozioni vere, andando alla radice delle cose. Eravamo amici. Tutti si fidavano di lui, a volte si improvvisava”.

Nel 1994 esordisce dietro la macchina da presa con il film Spis cudzolonic. Il suo secondo film, Storie d'amore (1997), ottiene diversi riconoscimenti internazionali ed è presentato in concorso alla Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, dove riceve il premio Fipresci, il premio la Navicella - Sergio Trasatti, l'Anicaflash e una menzione speciale dalla giuria dell'OCIC. Dal 1990 al 1996 è stato rettore dell'Accademia Nazionale del Teatro di Cracovia, dove è rimasto anche insegnante di recitazione. Nel 1998 gli è stato assegnato il Nastro d'argento europeo dal Sindacato Nazionale dei Giornalisti Cinematografici Italiani. Nel 1999, ancora a Venezia, Sette giorni nella vita di un uomo, gli vale un'altra menzione speciale dell'OCIC (ex-aequo con Diciassette anni di Zhang Yimou).

Intenso il sodalizio con Nanni Moretti, che lo dirige in tre film: Il caimano (2006), Habemus Papam, di Nanni Moretti (2011) e Il sol dell'avvenire, regia di Nanni Moretti (2023). In Italia partecipa anche a Io sono con te di Guido Chiesa (2010), L'ultimo papa re di Luca Manfredi (2013), Rimetti a noi i nostri debiti di Antonio Morabito (2018) e Non morirò di fame di Umberto Spinazzola (2023).

È stato rettore dell'Accademia Ludwik Solski per le arti drammatiche di Cracovia per due mandati: dal 1990 al 1996 e di nuovo dal 2002 al 2008.