Addio a Bruno Zanin, celebre per aver interpretato Titta, il protagonista di Amarcord, capolavoro di Federico Fellini. Nato a Vigonovo (VE) nel 1951, Zanin è morto a causa di una breve malattia. Aveva 73 anni.

Dopo un’infanzia difficile prima in un collegio, dove viene abusato da un missionario, poi in carcere minorile e in ospedale psichiatrico per un tentativo di suicidio, l’adolescente Zanin diventa modello per l’artista Edward Melcarth e comincia a lavorare per la mecenate Peggy Guggenheim. Nel 1973 viene notato da Fellini, che lo vuole come protagonista di Amarcord, che due anni dopo vince l’Oscar al miglior film straniero. Zanin inizia una carriera d’attore soprattutto teatrale, recitando anche per Giorgio Strehler: la sua prestazione nel goldoniano Il Campiello attira l’attenzione di Jean-Louis Barrault che lo convince a recitare a Parigi in due commedie di Eugène Ionesco.

Al cinema non trova molto spazio: partecipa a pochi film, tra cui L’Agnese va a morire di Giuliano Montaldo (1976), Il buon soldato di Franco Brusati (1982), Inganni di Luigi Faccini (1986) e Il caso Moro di Giuseppe Ferrara (1986). In televisione lo vediamo negli sceneggiati Delitto di stato di Gianfranco De Bosio (1982), Marco Polo di Montaldo (1982), Notti e nebbie di Marco Tullio Giordana (1984) e L’isola del tesoro di Antonio Margheriti (1987)

Dalla fine degli anni Ottanta si allontana dal cinema per dedicarsi al giornalismo, sia radiofonico che di guerra: per tre anni è in Bosnia ed Erzegovina, collabora per Radio Vaticana come corrispondente di guerra. È anche responsabile della ONG Emmaus International dell'Abbé Pierre porta aiuti umanitari nella città di Gradačac. Scrive articoli e realizza reportage per testate come Corriere della Sera, Famiglia Cristiana, Der Spiegel. Quando rientra in Italia è colpito da una grave depressione post-traumatica da stress e si dà alla scrittura. Nel 2007 pubblica il suo primo romanzo in parte autobiografico Nessuno dovrà saperlo per Tullio Pironti Editore.