A un certo punto della nostra vita, la giovinezza muore ed entra in scena una seconda donna. (Gena Rowlands, Opening Night)

Una grande prima volta. Dopo 45 anni di carriera, Demi Moore ha meritato una ricompensa maggiore, aggiudicandosi il Golden Globe come miglior attrice in The Substance, mostruosa riflessione di Coralie Fargeat sulla data di scadenza delle attrici che osano superare i 50 anni sullo schermo. Imperiosa e d’oro vestita, Demi Moore ha tenuto un discorso appassionante alla cerimonia dei Golden Globes, rivelando un segreto doloroso e stringendo stupita quel premio insperato. Regina delle ‘candidature’ non aveva mai vinto nulla, a parte un Razzie Awards nel ’96 per la peggiore interpretazione (Striptease). Dopo, soltanto Soldato Jane - per dimostrare che una donna può fare come un uomo - e una traversata nel deserto interrotta da Coralie Fargeat, che le offre il ruolo della vita. Finalmente “riconosciuta”, Demi Moore si prende una rivincita sul produttore che anni prima la definì “un’attrice popcorn”.

The Substance
The Substance

The Substance

Da allora quel biasimo l’ha ossessionata, fino a persuaderla che non era abbastanza, fino a convincerla che valeva magari milioni di dollari, film di successo, tanti sogni ma nessuno riconoscimento. Il destino di Elisabeth Sparkle sembra chiosare la carriera della sua interprete: l’attrice più pagata della prima metà degli anni Novanta. Demi Moore, nel ruolo di una donna che rifiuta di invecchiare, è stata “spremuta” da Hollywood fino all’alba dei suoi quarant’anni. La storia è nota: l’industria si nutre di corpi giovani e fatica a sognare quelli vecchi. Poche battute ben piazzate e la star hollywoodiana sbatte in faccia al mondo cos’è veramente la carriera di un’attrice, non un’adesione passiva a tutto quello che le viene proposto ma un estenuante rapporto di forza, un susseguirsi di battaglie che può perdere o vincere. La sua presenza dona al film una dimensione “meta”. Gloria Swanson sul viale del tramonto, la protagonista di Ghost o Proposta indecente , di Codice d’onore o di Rivelazioni , non rompe la sua immagine, la polverizza. Come Coralie Fargeat, Demi Moore va fino in fondo, con aplomb e autoironia. Con generosità e abbandono, soprattutto, considerando il controllo assoluto che ha sempre mantenuto sulla sua immagine pubblica.

Demi Moore e Woody Harrelson in Proposta indecente
Demi Moore e Woody Harrelson in Proposta indecente

Demi Moore e Woody Harrelson in Proposta indecente

Nell’horror femminista dell’autrice francese, l’attrice si lascia riprendere da ogni angolazione e in modi non necessariamente lusinghieri, ma sempre rivelatori della violenza che dobbiamo sopportare come donne. La regista le chiede di essere vulnerabile e di esporsi, fisicamente ed emozionalmente. Demi Moore accetta la sfida e rintraccia in filigrana una carriera che debutta negli anni Ottanta ma esplode nel decennio successivo con Ghost, dove flirta con un fantasma in camicia bianca, gambe nude, taglio da ragazzo e quel suo dono di piangere a comando. Proposta indecente e Rivelazioni faranno il resto. Star folgorante di ieri, oggi Demi Moore interpreta un’attrice esasperata dal giovanilismo hollywoodiano che decide di ricorrere a una misteriosa sostanza per generare la versione migliore di sé. Senza compromessi, il film punta il dito medio sull’industria e suoi rappresentanti, produttori ignobili (Dennis Quaid, Harvey nel film...) che sognano culi sodi senza moderazione. The Substance pesca la sua protagonista nell’industria dell’intrattenimento, chi meglio di un’attrice che deve confrontarsi costantemente con lo sguardo degli altri e con un ambiente ancora dominato dagli uomini (direttori di studio, produttori, registi). Hollywood diventa la logica tela di fondo di una favola esagerata, l’attrice, davanti alla macchina da presa, sotto i riflettori e con troppi occhi puntati addosso, la sua eroina. Un’eroina convinta che il proprio valore risieda negli occhi degli altri, una diva che pensa di non essere più non appena gli sguardi volgono altrove.

Demi Moore e Patrick Swayze in Ghost @WebPhoto
Demi Moore e Patrick Swayze in Ghost @WebPhoto

Demi Moore e Patrick Swayze in Ghost @WebPhoto

Si spiega così la scelta di Demi Moore, investita e perfettamente calata nel ruolo grazie all’immaginario cinematografico che muove. Attraverso il suo personaggio, incarna tutto quello che ha sperimentato e osservato nella sua vita, le aspettative sul corpo e sul comportamento delle donne. Si spiega così la violenza che impone, letteralmente, alla sua protagonista. L’attrice, che ha ripreso il controllo della sua esistenza, in barba ad Hollywood che questionava i suoi anni e la sua adeguatezza, ha maturato l’esperienza per abbandonarsi alla perdita di controllo del suo personaggio che in un giorno buio cede alla pozione in grado di generare la versione più giovane, più bella e più sexy di lei. Cede senza fare attenzione alle avvertenze stilate in piccolo nel contratto di un patto faustiano. Perché ogni donna è tormentata dalla ragazza che era un tempo o da un paio di shorts taglia 36, reliquia di una giovinezza perduta per sempre e ficcata nel fondo dell’armadio nella folle speranza di indossarla ancora. Al di là dell’ageismo e della misoginia di Hollywood, di cosa parla The Substance e cosa dicono le parole di Demi Moore del 5 gennaio, se non quel sordo e assillante disprezzo di sé che finisce per spegnerci tutte, almeno un po’, con il passare degli anni? Il talento di Coralie Fargeat sta nel comporre col mito dell’eterna giovinezza venduto a profusione dall’industria dello spettacolo. E nella corsa alla giovinezza, le donne sono eterne perdenti. Coralie Fargeat non teorizza l’annientamento prodotto dall’invecchiamento ma lo lavora, lo modella come argilla in un film organico di immagini materiche, di ferite aperte, di cicatrici, di escrescenze purulente. Il masochismo e l’automutilazione, a cui le donne sono implicitamente incoraggiate dalla dittatura della bellezza, si traducono in una violenza latente, poi in una tracimazione gore fino alla necrosi e alla putrefazione della carne. E quando le immagini oltraggiose svaniscono, la musica interiore sorge e si sovrappone al ricordo del corpo di Demi Moore, nudo, sublime e vulnerabile dentro la luce cruda. È il corpo inatteso di una donna di 61 anni a creare turbamento, non quello della sua versione più giovane e iper-sessualizzata (Margaret Qualley). Perché Demi Moore non è un’attrice qualsiasi. Invecchiare al cinema richiede una creatività permanente e lei si ingegna per scalfire, deviare e riscrivere il copione femminile dentro uno spazio ristretto e codificato. Come Nicole Kidman o Emma Thompson ha trovato delle strategie e delle soluzioni che appartengono solo lei e a nessun’altra.

Demi Moore in Soldato Jane, @Webphoto
Demi Moore in Soldato Jane, @Webphoto

Demi Moore in Soldato Jane, @Webphoto

 

Le attrici non invecchiano tutte alla stessa maniera, dipende da quando hanno cominciato a fare cinema, a 15 anni o a 40, dipende se erano considerate per la loro bellezza o immatricolate come non-belle... Ma se il cinema è una macchina trita corpi, Demi Moore ha dimostrato che può essere al contrario il luogo di una possibile e miracolosa reinvenzione. Il viaggio del suo personaggio segue le curve della sua carriera: ascesa fulminante, apice, emarginazione per raggiunti limiti di età e poi il ritorno, splendido, splendente, nudo e crudo. La nudità è sempre stata l’occasione per fare un bilancio della sua vita di star e di donna, un modo per affermare il suo potere, con la celebre e ‘gravida’ cover di Vanity Fair, firmata da Annie Leibovitz nel 1991, o con quella a bordo piscina di Harper’s Bazaar, 56 anni, capelli d’ebano, sguardo menta e largo sorriso. Quando la levigata creatura hollywoodiana lascia apparire la donna, è sempre una piccola rivoluzione. La sua silhouette nuda in The Substance scatena un armageddon interiore nelle spettatrici, a cui ricorda che il corpo di una donna è bello, sensuale e commovente, qualunque sia l’età, se lo sappiamo guardare. E pazienza se davanti allo specchio la sua immagine non assomiglia più a quella dei suoi debutti. Dopotutto il cinema è questo, registra le stagioni della vita e ricorda senza appello alla diva i suoi vent’anni, le ore di gloria, i brutti ruoli. È proprio del medium metterla in competizione con se stessa, col suo doppio rigenerato che la schernisce e non si lascia dimenticare. The Substance denuncia senza complessi o esclusioni di colpi quello che la vecchiaia fa alle attrici provando a invertire la proposizione. Cosa fanno le attrici con la vecchiaia…