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Dardust (foto di Monica Fagioli)
È l’uomo che ha rivoluzionato il pop italiano, lavorando insieme ad artisti come Mahmood, Lazza, Elodie, Tommaso Paradiso, Irama, Noemi, Sangiovanni, La Rappresentante di Lista e tanti altri. Nel 2019 ha vinto il Festival di Sanremo come co-autore di Soldi, quest’anno ha sfiorato il primo posto grazie a Cenere di Lazza. Ma Dardust, all’anagrafe Dario Faini, sta cambiando strada: “Sono stato anche troppo presente a Sanremo, con Lazza un exploit miracoloso, tutte le partecipazioni hanno segnato tappe importanti a livello creativo. Ma ora è giusto che prenda aria e prosegua il mio percorso anche all’estero”.
Pianista, compositore, produttore discografico e musicista, Dardust è stato ospite al Lecco Film Fest, il festival organizzato da Fondazione Ente dello Spettacolo e promosso da Confindustria Lecco e Sondrio, intervistato da Marta Cagnola di Radio 24. Da Ascoli Piceno al mondo, un cammino che parte da lontano: “Sono laureato in psicologia, la mia passione e il piano B della mia vita perché all’inizio nessuno voleva i miei pezzi. Grazie allo studio della psicologia dell’arte e dell’ascolto musicale, ho capito i modi con i quali si possono rompere le aspettative, creare lo stupore attraverso tanti colpi di scena come nel cinema. Musica e psicologia sono parallele: stare in studio con un artista è come stare sul lettino dell’analista, si creano dinamiche che conducono alla catarsi e alla sublimazione. Mi interessa descrivere musicalmente il trauma, qualcosa di spigoloso e oscuro”.
Anni di gavetta, dalla formazione teatrale (“Esperienza pazzesca ma che non rifarei: nel musical La bella e la bestia, due anni e otto repliche a settimana, interpretavo quattro ruoli, se sbagliavamo posizione ci arrivavano le multe”) alle grandi collaborazioni e alla consacrazione pubblica, con le esibizioni a Sanremo 2021 e all’Eurovision 2022: “Nasco come musicista performer, amo la condivisione, stare sul palco permette uno scambio di energie che non ha paragoni con il lavoro in studio. Perciò sarò sempre meno producer di pezzi altrui”.
Scelta di vita? “Non ho mai pensato che l’attività da produttore fosse una delle mie anime. Tutto è cambiato con Soldi, un successo totalmente inaspettato in cui nessuno credeva. Avevo già portato dei brani a Sanremo con Cristiano De André, Noemi, Francesco Renga, ma non era accaduto molto. Con Mahmood è venuta fuori questa canzone senza schemi, che metteva insieme l’urban, l’esotismo mediorientale, l’elettronica, un siparietto neoclassico. Una contaminazione innovativa contro un atteggiamento conservatore. In quel momento abbiamo spezzato qualcosa, infranto delle regole: siamo stati anche criticati, ma finalmente su quel palco era arrivata un’attitudine progressista e contemporanea”.
Da solista, Dardust vuole accompagnare l’ascoltatore in un viaggio: “Nei miei live show non c'è un tracciato, voglio rompere gli standard della classica e dell’elettronica, passare dall’intimità del pianoforte alla dimensione del rave”. Nell’orizzonte dei desideri, la regia di un horror: “Sono un grande fan del genere, mi piace estetica e adrenalina. Amo Dario Argento, un vero rivoluzionario per l’uso della soggettiva, e Mario Bava. Tra i registi di oggi dico Ari Aster anche se Beau ha paura ho fatto fatica a capirlo”. E una colonna sonora per un horror? “Non so se lo farei, piuttosto mi piacerebbe lavorare con Luca Guadagnino: amo la sua estetica iper-contemporanea. E poi inserisce sempre pezzi di pianisti. Ma forse lui è un po’ restio a coinvolgere un certo tipo di musicisti…”.
Come si può, oggi, ridestare lo stupore? “Con il coraggio di rompere le regole. A otto anni ascoltavo David Bowie, tutti mi vedevano come uno strano ma Bowie non ha mai usato la creatività per assecondare il pubblico. Insomma, potrei fare una raccolta coinvolgendo tutti miei colleghi, farei miliardi di streaming… Ma non mi interessa, preferisco cercare la complessità”.