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Meninet Abraha, Claudia Potenza, Hilyam Weldemichael al Taormina Film Festival
“È un ritorno al cinema delle mie origini, alla ragione per la quale ho iniziato a fare film. Poi ho avuto l’opportunità di lavorare con Maurizio Braucci (co-sceneggiatore del film, ndr) e tre fantastiche attrici che magari hanno meno esperienza, ma è stato un viaggio di scoperta del cinema, qualcosa di estremamente personale. Una delle ragioni che mi ha spinto a realizzare il progetto è stata la possibilità di parlare di storie di cui normalmente non si discute.”
Daniel Espinosa (Morbius e Life – Non oltrepassare il limite nel pedigree) arriva al 70esimo Taormina Film Festival per presentare Madame Luna, il suo dramma sociale tutto al femminile che mette al centro la questione irrisolta dei centri di accoglienza per migranti in Italia. Una storia senza retorica tra discriminazioni, rimpalli burocratici, detenzioni e sfruttamento lavorativo. Il film sarà distribuito in sala da Europictures a partire da giovedì 18 luglio.
Volto e ragione della storia è la donna del titolo, il cui vero, eritreo nome è Almaz. Dato il suo passato da trafficante di uomini in Libia, è costretta a fuggire in Italia e a reinventarsi mediatrice culturale nel centro di accoglienza siciliano.
A incarnarla la semi esordiente Meninet Abraha: “Il casting è stato un segno dal cielo, l’ho trovato tramite Instagram. – ammette l’interprete – Ho capito che dovevo essere Madame Luna, anche se non avevo idea di cosa significasse fare un casting. Ho sempre sognato di potere lavorare in un film abbastanza grande, ma mai avrei pensato così grande, non avevo idea di che produzione fosse coinvolta e di chi fosse Daniele Espinosa. Lui è una macchina da guerra, è stato bellissimo stare sul set con lui. Lavorare, poi, con attrici come Claudia Potenza, poi, è stato di grande aiuto, lei è la prova che la fama e l’umiltà possono andare di pari passo”.
L’attrice pugliese, affermata interprete televisiva, di recente apprezzata nella serie Vita da Carlo di Verdone, condivide lo stesso entusiasmo e la stessa gratitudine verso il regista della protagonista del film: “Ogni volta che partecipo a una storia che mi piace molto mi sento un’esordiente. Non mi sono sentita granché una professionista davanti a due esordienti, anzi ho spesso sentito di dover imparare da loro, dalla loro concentrazione. Ero molto ammirata dal loro impegno. Questo lavoro nasce da uno scambio umano necessario per tirare fuori la verità della realtà che raccontiamo. Sin dal nostro primo incontro, Daniel Espinosa mi ha chiesto di raccontare quello che il mio personaggio fa nella vita soprattutto con gli occhi, testimoniando che un essere umano che sfrutta è uguale a chi è sfruttato”.
A completare, dunque, il terzetto di attrici protagoniste è la giovanissima Hilyam Weldemichael, anche lei alle prime armi nel mondo del cinema. Nel film interpreta una ragazzina di nome Eli che, conoscendone il passato difficile, chiede aiuto ad Almaz per liberare dalle prigioni libiche il fratello detenuto: “Il mio personaggio è molto affine alla mia storia personale. Ho fatto il provino grazie a mia sorella che mi convinse all’epoca a sostenerlo. Sentivo il personaggio affine alla mia personalità, e quando ho incontrato Daniel è nata subito una connessione mentale. Ho apprezzato tantissimo il poter lavorare con loro. Ho cercato di apprendere dagli altri quanto più possibile, non solo tra i miei colleghi ma anche da tutta la troupe”.
Il film, in qualche modo, si pone in linea di continuità con Io capitano, ultimo pluripremiato lavoro di Matteo Garrone per l’affine tematica migratoria. Ma Espinosa rifiuta una paternità garroniana del suo film, spiegando che “benché adori i film di Matteo Garrone, abbiamo realizzato i nostri due film più o meno nello stesso periodo. Questo progetto era iniziato circa quattro cinque anni fa, doveva essere un documentario, poi si è pensato a realizzare una storia di fiction con l’intervento di Suha Arraf (co-sceneggiatrice), ma doveva essere trasformato ancora per poterlo sentire mio. Così, con Maurizio Braucci, abbiamo deciso di ambientare il film in Sicilia e gli abbiamo dato una forma definitiva”.
Un film di grande impegno sociale, dunque, “perché oggi più che mai è importante parlare di questo tema – sottolinea Claudia Potenza – dato che in molte parti del mondo in questo periodo si combatte per la libertà. In questo progetto si è combattuto molto per poter raccontare la storia nei suoi vari aspetti. Daniel è un regista che sa con poche parole guidare e proteggere gli attori. Era importante raccontare donne in un mondo maschile che sono obbligate a fare delle scelte anche difficili”.