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Succession (credits: HBO)
Parlare ancora di famiglia in un’epoca di frammentazione sociale e di individualismo esasperato potrebbe sembrare anacronistico e fuori moda. La tarda modernità, con il crollo della fiducia nelle istituzioni tradizionali ha reso più fragile l’idea di società, quella di comunità e, di conseguenza, anche il modello di famiglia tradizionale. Le trasformazioni della socializzazione e dell’educazione - favorite dalla velocità del cambiamento sociale - hanno esercitato un impatto sui ruoli familiari, mettendo in discussione la centralità della coppia, l’autorità genitoriale, persino la sopravvivenza del modello patriarcale, così radicato nelle culture occidentali.
La famiglia (e tutte le sue varianti) rappresenta infatti quell’accidente che gli esseri umani si sono inventati per trovare un equilibrio -storicamente e socialmente situato - tra i sessi, le generazioni e le forme di potere che vengono ad instaurarsi fra di essi. Ma proprio perché la famiglia è un prodotto della società e intrattiene con essa un rapporto dialettico, è interessante interrogarsi su come viene attualmente pensata e rappresentata negli audiovisivi, che ormai costituiscono per noi un fondamentale strumento di costruzione e rielaborazione della realtà sociale.
Qual è oggi l’immagine che viene prevalente comunicata della famiglia? In che modo le molteplici opportunità offerte dai media stanno contribuendo a fornire nuovi spazi espressivi per la sua rappresentazione? Nei prodotti audiovisivi la famiglia ha sempre giocato un ruolo determinante, costituendo un’inossidabile figura narrativa in costante mutamento: dalla rappresentazione tipicamente borghese che ha abitato il secolo scorso, fino a quella più fluida e multiforme della contemporaneità. È oggi infatti più realistico parlare di famiglie al plurale, dal momento che le forme del “fare famiglia” si sono moltiplicate e diversificate.
Così, accanto a titoli cinematografici divenuti ormai classici come Kramer contro Kramer (Benton, 1979), La famiglia (Scola, 1987) o Festen (Vinterberg, 1998), nei quali le relazioni e le dinamiche familiari vengono raccontate secondo schemi ogni volta differenti, vicini o lontani dall’immagine positiva restituita dalla tradizione, emergono in modo sempre più significativo le produzioni televisive. Perché nei diversi generi - dal teen, alla comedy, al gangster, al period o alla sitcom - di famiglia spesso si parla, attraverso la messa in scena delle abitudini, dei ruoli, così come delle gerarchie interne. Il potere delle narrazioni seriali è proprio quello di indicare diversi modelli di riferimento, raccontandoli attraverso formule melodrammatiche più o meno intense, capaci di aiutare il pubblico a riflettere secondo più punti di vista.
La famiglia si configura allora come un dispositivo narrativo, un archetipo che mantiene alcune caratteristiche inalterate nel tempo (il senso e la riconoscibilità della ‘forma’ che il nucleo sociale definisce) pur aprendosi a più possibilità di articolazione, considerando le trasformazioni che avvengono nel quotidiano. In Italia prodotti molto popolari come Un posto al sole (Rai, 1996-), Un medico in famiglia (Rai, 1998-2016) o I Cesaroni (RTI, 2006-2014) hanno in qualche modo rappresentato una novità, includendo la rappresentazione di famiglie allargate o ricostituite e, in qualche caso, presentando una raffigurazione meno stereotipata dell’omosessualità e delle questioni di genere.
Certamente l’ingresso delle piattaforme (da Amazon a Sky, da Netflix, sino a Disney+), con la loro flessibilità e possibilità di rivolgersi a specifici target, ha offerto allo spettatore ulteriori chance per favorire nuove occasioni di identificazione. Una serie come Modern Family (ABC, 2009-2020), che narra le vicende di una grande famiglia disfunzionale usando lo stile del mockumentary mette in scena differenze di età, matrimoni interculturali e omosessuali, adozioni e problemi intergenerazionali. This Is Us (NBC, 2016-2022) si presenta come vero e proprio family drama, portando sullo schermo le vicende dei Pearson, utilizzando linee narrative che intrecciano continui flash back invitando il pubblico a riflettere sulla continua morfogenesi delle famiglie tra ambivalenze e “grandi valori di fondo” che tengono incollate allo schermo diverse generazioni.
The Crown (Netflix 2016-) racconta la storia della famiglia reale, secondo una prospettiva diacronica, mettendone in luce i rituali e l’obbligo del rispetto delle norme di corte. Ne I Soprano (HBO, 1999-2007) la famiglia diventa una forma allargata di relazioni parentali, contraddistinte non tanto da legami di sangue quanto da rituali simbolici specifici, con a capo il boss mafioso Tony. La famiglia è anche protagonista in The Americans (FX, 2013- 2018) serie tv in cui le relazioni fra i diversi componenti assumono ancora altre dinamiche: i figli non sono a conoscenza del fatto che il padre e la madre sono spie russe inviate negli USA. Non conoscono perciò né la reale identità dei loro genitori, né la loro reale occupazione, questioni centrali attorno alle quali ruota gran parte della narrazione.
Succession (HBO, 2018-2023) mostra invece le convenzioni di una famiglia patriarcale che si muove nella contemporaneità. In questo caso Logan Roy – il dispotico patriarca – ha il potere di scegliere a quale dei suoi figli lasciare l’impero economico da lui realizzato, causando insicurezze e fragilità in ognuno di loro. Nell’ambito dei teen gli esempi sono ancora altri e considerano punti di vista diversi. In SKAM (NRK3, 2015-2017), Euphoria (HBO, 2019-) o Sex Education (Netflix, 2019-) vengono mostrate famiglie monoparentali, arcobaleno e nucleari. Anche nei prodotti animati per adulti come le ben note I Simpson e I Griffin viene presentato, con intento dissacratorio e demistificatorio, un modello stereotipato di famiglia americana.
Pensando all’offerta per i più piccoli è interessante citare l’episodio del cartone animato Peppa Pig - al centro di numerose polemiche - in cui compaiono due mamme: un esempio di quanto il mondo dei media e in particolare dei prodotti seriali, stia tentando di rappresentare un universo in continuo mutamento. La famiglia si pone dunque come fondamentale concetto da cui partire per l’analisi di prodotti culturali, quale forma capace di caratterizzare e contenere sia i processi di costruzione e negoziazione delle identità, sia la condivisione di un progetto comune, temi che però ogni giorno vengono messi in discussione, in quel processo che Irène Théry chiama rimariage. Non si tratta più del fatidico “finché morte non ci separi” ma dell’attuale “finché visioni diverse del mondo non ci separino”, come le serie Tv ci insegnano.
*Elena Macchioni è Professoressa Associata in Sociologia dei processi culturali presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Alma Mater Studiorum di Bologna.
*Antonella Mascio è Professoressa Associata in Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Alma Mater Studiorum di Bologna.
*Simona Tirocchi è Professoressa Associata in Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso il Dipartimento di Filosofia e Scienze dell'Educazione dell’Università di Torino.