Quando, nel luglio 2023, i commentatori di casa nostra espressero qualche perplessità su Barbie, un analista acuto come Robert Bernocchi preferì indicare l’elefante nel corridoio. “L’elemento straordinariamente sovversivo – scriveva in un post su Facebook – è che ha una protagonista assoluta femminile! Beh, che c'è di strano, direte voi. Tutto, rispondo io, visto che negli ultimi due anni non c’è stato un solo film commerciale italiano con una protagonista assoluta”. A parlare erano i numeri: i protagonisti dei maggiori incassi del box office post Covid erano uomini e, andando più indietro, i film italiani più redditizi erano tutti diretti e interpretati da uomini.

Qualche mese arrivò Paola Cortellesi: il suo C’è ancora domani ha incassato quasi 37 milioni di euro in Italia e circa 47 a livello globale, posizionandosi al decimo posto della classifica dei maggiori incassi nazionali. Da lì in poi più di qualcosa è cambiato. E il box office del 2024 ha messo in luce un dato che forse non è più solo un fenomeno.

Un mondo a parte, in cui la scena è equamente spartita tra Antonio Albanese e Virginia Raffaele, ha portato a casa più di 7 milioni. Una cifra simile l’ha registrata Parthenope, atteso ritorno di Paolo Sorrentino sul grande schermo ma anche un racconto completamente incentrato su una donna, prima la rising star Celeste Dalla Porta e poi Stefania Sandrelli. Per l’autore è la migliore performance al botteghino: “Per fare un'epica moderna – ha spiegato l’autore – che non abbia niente a che fare con il passato dove il viaggio era di un uomo, una donna è imprescindibile”.

Set of a new movie by Paolo Sorrentino.In the picture Celeste Dalla Porta.Photo by Gianni FioritoThis photograph is for editorial use only, the copyright is of the film company and the photographer assigned by the film production company and can only be reproduced by publications in conjunction with the promotion of the film.The mention of the author-photographer is mandatory: Gianni Fiorito.Set del nuovo film di Paolo Sorrentino.Nella foto Celeste Dalla Porta.Foto di Gianni FioritoQuesta fotografia è solo per uso editoriale, il  diritto d'autore è della società cinematografica e del fotografo assegnato dalla società di produzione del film  e può essere riprodotto solo da pubblicazioni in concomitanza con la promozione del film. E’ obbligatoria la menzione  dell’autore- fotografo: Gianni Fiorito.
Set of a new movie by Paolo Sorrentino.In the picture Celeste Dalla Porta.Photo by Gianni FioritoThis photograph is for editorial use only, the copyright is of the film company and the photographer assigned by the film production company and can only be reproduced by publications in conjunction with the promotion of the film.The mention of the author-photographer is mandatory: Gianni Fiorito.Set del nuovo film di Paolo Sorrentino.Nella foto Celeste Dalla Porta.Foto di Gianni FioritoQuesta fotografia è solo per uso editoriale, il  diritto d'autore è della società cinematografica e del fotografo assegnato dalla società di produzione del film  e può essere riprodotto solo da pubblicazioni in concomitanza con la promozione del film. E’ obbligatoria la menzione  dell’autore- fotografo: Gianni Fiorito.
Celeste Dalla Porta in Parthenope (Gianni Fiorito)

E Diamanti, corale femminile di Ferzan Özpetek, ha presidiato la top ten per quasi due mesi, superando addirittura i 16 milioni. Mettiamoci anche Il ragazzo dai pantaloni rosa, caso mediatico trainato sì da una potente storia vera (il suicidio di un adolescente vittima di bullismo) ma anche dall’impegno in prima persona di Claudia Pandolfi e dalla regia di Margherita Ferri.

E citiamo, perché no, altri piccoli successi, dal premiato Vermiglio di Maura Delpero (con un budget di poco superiore ai 4 milioni è riuscito a incassarne 2 e mezzo) a Dieci minuti di Maria Sole Tognazzi (poche copie, discreta tenitura) passando per Il tempo che ci vuole di Francesca Comencini la serie L’arte della gioia di Valeria Golino (che ha tenuto acceso qualche schermo in estate): sono tutte produzioni dirette da registe e con donne protagoniste (in due casi, due scrittrici alla fonte, Chiara Gamberale e Goliarda Sapienza). E non si può non citare anche Il treno dei bambini di Cristina Comencini dal romanzo di Viola Ardone, period mélo sulla maternità ben accolto su Netflix.

Poi, chiaro, i maschi non sono spariti: Angelo Duro imperversa (Io sono la fine del mondo sfiora i 10 milioni), Alessandro Siani e Leonardo Pieraccioni uniscono le forze per Io e te dobbiamo parlare, successo natalizio da 9 milioni e mezzo (com’è che le donne parlano al plurale e gli uomini scelgono l’io?), Pierfrancesco Favino benedice da non protagonista (gli imprevisti 5 milioni di Napoli-New York), benché ci sia qualcuno che arranca (Ficarra e Picone).

Da C’è ancora domani a Diamanti, la linea data dal pubblico sembra chiara. E un’industria – o presunta tale – che ha quasi sempre relegato le donne a figure ancillari o di supporto, che non ha mai davvero messo a sistema un “cinema delle/sulle/per le donne”, si ritrova a festeggiare proprio come maggiori successi post-Covid due film “edificanti” che parlano di solidarietà di genere, emancipazione dal patriarcato e autodeterminazione femminile. Intendiamoci: le attrici non sono mai mancate, anzi, ma negli anni è mancato l’incontro con il pubblico.

Emanuela Fanelli e Paola Cortellesi in C'è ancora domani (foto di Luisa Carcavale)
Emanuela Fanelli e Paola Cortellesi in C'è ancora domani (foto di Luisa Carcavale)

Emanuela Fanelli e Paola Cortellesi in C'è ancora domani (foto di Luisa Carcavale)

Per ritrovare stagioni così “femminili” dobbiamo tornare agli anni Cinquanta delle maggiorate, quando spadroneggiava Gina Lollobrigida (La donna più bella del mondo, 12 milioni di spettatori nel 1955) e Sophia Loren la rincorreva con Pane, amore e… (franchise ereditata dalla collega). O alla stagione 1964-’65: i quattro titoli italiani più redditizi avevano donne come protagoniste, cioè Loren (Ieri, oggi, domani, quasi 10 milioni di spettatori), Sandrelli (Sedotta e abbandonata), Claudia Cardinale (La ragazza di Bube) e Catherine Spaak (La noia).

Se quello di Cortellesi è un caso a sé che non ha eguali nella storia (La vita è bella, forse, ma non era un esordio), per trovare qualcosa di simile a Diamanti si deve arrivare al 1986, quando Speriamo che sia femmina di Mario Monicelli si piazzò all’ottavo posto. Il successo di Özpetek è molto interessante: oltre alla riconoscibilità d’autore (qualcuno ne mette in dubbio lo statuto?), vanno considerati l’attivismo su Instagram (più di 600mila followers, quasi un post al giorno, molte story), la presenza in libreria (Cuore nascosto) e la composizione chirurgica di un cast composto da fedelissime a forte voltaggio televisivo – le reginette della fiction Luisa Ranieri (Lolita Lobosco), Vanessa Scalera (Imma Tataranni), Lunetta Savino, Elena Sofia Ricci (star vere), ma anche la nazionalpopolare Mara Venier e Geppi Cucciari – senza tralasciare la quota d’auteur (Jasmine Trinca, comunque “pop” dopo La storia su Rai 1).

E, parlando di serialità, è innegabile che due tra i maggiori successi delle piattaforme siano dovuti alla rampante Matilda De Angelis (La legge di Lidia Poët) e alla rinata Monica Guerritore (Inganno), con L’amica geniale sullo sfondo. Allargando il discorso, la discografia brilla grazie ad Anna Pepe, Angelina Mango e soprattutto Annalisa, una che parla sempre di desiderio e libertà. Che, in fin dei conti, sono i grandi temi dei film che il pubblico sta premiando. Insomma, uno star system femminile c’è. E l’industria che fa? Se non ora, quando?