Il 24 ottobre 1962, mentre il mondo tratteneva il fiato nel pieno della crisi tra Usa e Urss per la scoperta di testate nucleari sovietiche a Cuba, nei cinema americani usciva uno strano film, ispirato a un romanzo di Richard Condon. Si intitolava The Manchurian Candidate (Va’ e uccidi fu il titolo scelto in Italia) e raccontava la complessa storia di un complotto di sovietici e cinesi per uccidere un candidato alla Casa Bianca e infiltrare il governo degli Stati Uniti. Frank Sinatra, Laurence Harvey e Janet Leigh, sotto la regia di John Frankenheimer, riuscirono nell’impresa di inquietare ancora di più un’America che era uscita dal maccartismo, ma restava immersa nella Guerra Fredda e vedeva cospirazioni e spie dovunque.

Quando, un anno dopo l’uscita del film, Lee Harvey Oswald sparò al presidente John F. Kennedy, aprendo un caso che non si è mai davvero chiuso, Va’ e uccidi ebbe una seconda vita ed entrò nell’olimpo dei film cult. Al punto da meritare un remake nel 2004 ad opera di Jonathan Demme, con attori del calibro di Denzel Washington, Meryl Streep e Jon Voight. Per quanto ben costruito fosse il film di Demme, nell’immaginario collettivo dell’America e nella storia del cinema è rimasta predominante la pellicola del 1962, che aveva una caratteristica particolare: sulla locandina del film spiccava una spilla elettorale, un bottone con i colori della bandiera americana mescolati, in modo enigmatico, con l’immagine di una carta da gioco.

La spilla è l’oggetto che proponiamo in questa puntata del Countdown, il conto alla rovescia verso le elezioni americane di novembre, perché è il vero equivalente visivo del candidato, che sia o meno “manciuriano”. Nelle elezioni americane, l’idea stessa della candidatura a un incarico pubblico si sposa con la produzione e diffusione di bottoni elettorali che permettono di schierarsi, dichiarare apertamente la propria fede politica e sostenere un personaggio da far votare. È una tradizione antica quella dei pin e dei campaign button – come sono chiamati negli Stati Uniti – perché il primo esemplare in metallo risale alla cerimonia di inaugurazione del primo presidente, George Washington. Su quel bottone era scritto “Long live the President”, perché le ex colonie, appena diventate indipendenti dall’impero britannico, non avevano ancora perso le loro abitudini e avevano semplicemente sostituito “President” al tradizionale “King”. Le prime spille con il volto del presidente risalgono all’epoca dell’elezione di Abraham Lincoln, nel 1860.

Ma il vero boom e la produzione di massa di bottoni elettorali arrivarono alla fine del secolo, nella campagna elettorale vinta da William McKinley, grazie a un nuovo metodo di produzione: dietro bottoni di metallo con la spilla, davanti immagini di celluloide protetta e resistente al degrado. Da allora i pin sono esplosi nelle elezioni americane e oggi sono oggetti da collezione e anche da studiare: la Kennedy School della prestigiosa università di Harvard, per esempio, ha una delle più importanti collezioni di bottoni elettorali e li considera parte integrante della storia della politica statunitense.