“L’America non è semplice. L’America è cittadinanza avanzata”. Parole del presidente degli Stati Uniti Andrew Shepherd, in una drammatica conferenza stampa durante la campagna per la sua rielezione, nella quale rifletteva sulle complessità del sistema elettorale con cui si sceglie il nuovo inquilino per la Casa Bianca. Se non ricordate l’elezione di Shepherd, se vi suona strana una Amministrazione Shepherd, non preoccupatevi. Inutile cercarlo sulla lista dei quarantasei nomi che vanno da George Washington a Joe Biden: non lo troverete.

Andrew Shepherd era un presidente cinematografico vedovo e rubacuori portato sul grande schermo nel 1995 da Michael Douglas in The American President (nella versione italiana Il Presidente - Una storia d’amore). Un fumettone romantico hollywoodiano con un grande cast (oltre a Douglas, Annette Bening, Martin Sheen e Michael J. Fox) che aveva tra i propri pregi un’ottima descrizione della vita quotidiana alla Casa Bianca. E alcune battute geniali, frutto della sceneggiatura del solito Aaron Sorkin, forse il miglior cantastorie di Washington. “L’America è cittadinanza avanzata” e le sue complesse regole del gioco sono le protagoniste di questo Countdown verso il voto. Dopotutto mancano meno di due mesi, meglio ripassare come si elegge il presidente.

Il modo migliore per capire il meccanismo è pensare che si tratta in realtà di 50 voti con sistema maggioritario in altrettanti stati, non di una competizione nazionale. Gli elettori non si pronunciano scegliendo direttamente il presidente, ma eleggendo i membri di un Collegio Elettorale. Le elezioni americane sono indirette, anche se sulla scheda compaiono i nomi dei candidati presidenti, con l’indicazione dei delegati che li sostengono. A ogni Stato è attribuito un numero di membri del Collegio Elettorale (quindi un numero di “voti elettorali”) in proporzione alla propria popolazione. Grandi stati come la California o il Texas valgono rispettivamente 54 o 40 voti. Piccoli stati come il Delaware ne esprimono tre.

Il Collegio Elettorale si compone dal 1964 di 538 membri ed è necessario che la maggioranza di loro scelga un candidato per eleggerlo presidente: per questo il numero magico delle elezioni americane è 270 voti elettorali, la soglia necessaria per vincere. I membri del Collegio si riuniscono a Washington quarantuno giorni dopo il martedì elettorale e sono loro ad eleggere formalmente il presidente, con un voto che viene poi ratificato dal nuovo Congresso che si insedia a gennaio. Nel caso di un rarissimo pareggio 269-269 tocca alla Camera votare il presidente - è accaduto solo nel 1800 e nel 1824 - e va fatto entro mezzogiorno del 20 gennaio.

Il giorno e l’ora in cui è fissato il giuramento del nuovo presidente degli Stati Uniti. Il momento dei grandi discorsi di fronte alla folla assembrata sul Mall di Washington. Un’altra scena che ci sembra di aver visto in così tanti film da confonderla con quelle reali. Ricordate quando ha giurato Barack Obama? E dove eravate quando ha giurato il presidente Shepherd?