Nel 2017, quando uscì su Netflix Mindhunter, si pensò che fosse iniziata una nuova era: anche i registi di un certo calibro come David Fincher non disdegnavano le piattaforme. Due anni dopo, nel 2019, la serie venne cancellata per i costi troppo alti e le basse visualizzazioni. Tutti si convinsero che il fenomeno si era esaurito ancora prima di cominciare. Tuttavia, non si è mai smesso di parlare – e di sperare – di vedere qualche autore importante cimentarsi con un prodotto seriale. Se nel resto del mondo la situazione rimane piuttosto ferma, in Italia le serie di registi importanti stanno prendendo sempre più piede. La domanda che sorge spontanea riguarda la sostenibilità dei costi.

Bisogna innanzitutto distinguere la piattaforma dalla casa di produzione poiché non sempre ciò che va su Netflix o Sky è direttamente prodotto dagli stessi. Basti pensare all’attesa serie su Oriana Fallaci con Miriam Leone, Miss Fallaci, prodotta da Minerva e cancellata dalla distribuzione di Paramount+ dopo un principio di accordo. In Italia la casa di produzione con i progetti più ambiziosi è The Apartment. Il progetto più caro del 2024 è M. Il figlio del secolo, la serie tratta dal libro di Scurati che andrà in onda su Sky con protagonista Luca Marinelli nei panni di Mussolini e diretta dall’inglese Joe Wright. 64 milioni di euro e otto episodi per la cifra monstre di 8 milioni a puntata. C’è da sottolineare che in questo caso però si tratta di una co-produzione con la Francia (Pathé). Lo stesso tipo di discorso che va fatto con L’amica geniale (56 milioni) prodotta da Rai insieme a HBO. I costi delle produzioni The Apartment sono comunque tra i più elevati del nostro Paese. Nel 2024 arriverà su Netflix Il mostro. La serie, diretta e scritta da Stefano Sollima, si inserisce nella nuova tendenza tutta italiana del true crime ed è costata circa cinque milioni e mezzo a episodio per un totale di 23 milioni di euro.

Nel mondo seriale italiano è infatti facile individuare dei trend. Sky, oltre ai progetti d’autore, tra cui vanno citate le meno costose Dostoevskij dei fratelli D’Innocenzo (14 milioni), presentata alla Berlinale, e L’arte della gioia di Valeria Golino (15 milioni) che andrà a Cannes, sta puntando su storie non-fiction del nostro Paese legate alla criminalità.

Miriam Leone in Miss Fallaci
Miriam Leone in Miss Fallaci

Miriam Leone in Miss Fallaci

(Francesco Marino)

L’altra grande tendenza l’ha fissata Netflix l’anno scorso con La legge di Lidia Poët, la serie italiana più vista sulla piattaforma nel primo semestre del 2023. Stiamo parlando di period drama, ovvero prodotti in costume ambientati in precisi contesti storici. La serie con protagonista Matilda De Angelis, la cui seconda stagione arriverà quest’anno, è realizzata da Groenlandia, gruppo Banijay, e rappresenta un esempio virtuoso: 14 milioni a stagione con un costo medio di 2 milioni a puntata. Una cifra molto piccola se si va a guardare alla spesa media per le altre produzioni dello stesso genere, su tutti l’attesissima Il gattopardo. La co-produzione italo-britannica è la seconda più costosa dell’anno con un budget che sfiora i 45 milioni e un costo di circa 7 milioni di euro a episodio.

Non è da meno neppure Briganti costata 20. Questo rende ancora più rilevante la capacità di Groenlandia di mantenere la spesa sul livello medio dei due milioni di euro a puntata, come nel caso di Hanno ucciso l’Uomo Ragno - La vera storia degli 883 in parte scritta e diretta da Sydney Sibilia, altro esempio di prodotto d’autore Sky, costata 20 milioni e mezzo a fronte di otto episodi. Più alto, ma per via del cast coinvolto, è stato il costo di Supersex (26 milioni) che però era in co-produzione con The Apartment. Netflix sta puntando anche su prodotti “più sicuri”. Alcuni, nonostante il costo elevato, sono tratti da film cult, come la serie ACAB prodotta da Cattleya e costata tre milioni e mezzo a puntata. Altri sono frutto della politica di localizzazione portata avanti da anni dalla piattaforma.

In questo caso le serie, drammi ambientati in Italia, sono molto meno costose. La vita che volevi di Ivan Cotroneo, con un budget di 13 milioni per sei episodi, è la più cara. Palomar, con Sara di Carmine Elia e Storia della mia famiglia di Claudio Cupellini, non ha invece superato il milione e mezzo a puntata. All’appello, tra le piattaforme che puntano su prodotti italiani, mancano Amazon e ovviamente Rai. Prime Video non investe molto, a meno che il progetto non abbia un ampio respiro. Un prodotto come Prisma costa appena 800mila euro a puntata, a differenza di Citadel – Diana che è la terza serie italiana più costosa del 2024, dietro alle già citate M. e Il gattopardo. Se Amazon ha deciso di spendere 38 milioni è perché si tratta di un universo internazionale creato dai Fratelli Russo (Avengers).

Per quanto riguarda la Rai, escludendo la già citata L’amica geniale, spicca La storia. Un prodotto d’autore, diretto da Francesca Archibugi e basato sull’omonimo romanzo di Elsa Morante, costato due milioni a episodio. Una cifra piuttosto alta considerando gli standard virtuosi delle produzioni Rai Fiction. Basti pensare che Mare fuori, seconda serie italiana più vista su Netflix nel primo semestre 2023, è costata appena 9 milioni, stesso budget che avrà il nuovo progetto di Roberto Sessa Nate libere. Non c’è paragone con le spese della casa Lux Vide che, per Doc e Don Matteo spende meno di un milione a puntata, ma in questo caso non si parla di prodotti d’autore. Cosa si prevede per il futuro? Probabilmente un legame sempre più forte tra sala e miniserie, come avvenuto per Esterno notte di Bellocchio e come succederà con Dostoevskij, L’arte della gioia e forse anche M. Il figlio del secolo. Se rappresenta una boccata d’aria per i cinema o una minaccia, lo si capirà solo a distanza di qualche anno.