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Claudia Cardinale in Il gattopardo © TITANUS (Webphoto)
Molti pensano che oramai il cinema sia tutto digitale, che gli effetti speciali siano preponderanti ai fini del risultato finale, che la cosiddetta post produzione sia la parte più rilevante del lavoro che poi si vedrà sugli schermi e nelle sale cinematografiche.
Sono stato di recente a Madrid per lavoro ed ho avuto il privilegio e la fortuna di poter visitare un laboratorio dove vengono realizzati abiti per il teatro e per il cinema. La proprietaria del taller, Maria Calderon, ricevuto l’incarico dal regista inizia a cercare tessuti adatti allo scopo, poi si passa alla fase forse più affascinante: la colorazione del tessuto.
La signora Calderon, la tintadora, come se fosse un pittore alla stregua di Giotto o di Pollock, inizia a mescolare vari colori in innumerevoli barattoli e catini, il magenta, il blu indaco, il giallo, il verde inglese, il rosso Tiziano, l’acquamarina, il terra di Siena, fino a che la tinta non sia quella giusta; poi si passa la lavaggio del tessuto con il colore prescelto, alla sua asciugatura, al taglio e finalmente alla confezione dell’abito ad opera delle cucitrici e delle sarte.
E poi, miracolo, ho avuto la fortuna di vedere realizzato un abito nobiliare del 1600 in velluto lavorato color borgogna (una variante dei bordeaux). Un taller, un laboratorio artistico, artigianale dove si mescolano la creatività, la sapienza, la manualità, la corporeità di qualsiasi opera d’arte come può essere un abito per il cinema.
Il costumista nel cinema è talmente importante che addirittura gli viene assegnato uno dei premi Oscar. Immagino che vengano premiati la memoria e la conoscenza storica della moda e del vestiario, lo studio, la creatività e la fantasia, il gusto, ma dietro a tutto ciò vi è il lavoro meticoloso, oscuro, “sporco”, corporeo dei vari artigiani e tintadori sparsi per i vari talleres di tutto il mondo da Los Angeles, Madrid e Roma Piccola curiosità: forse non tutti sanno che un personaggio in un film ha almeno due abiti, due camicie, due cappotti, se il film è girato in estate, e due paia di scarpe?
Questo per ovviare banalmente al sudore sotto le ascelle della camicia bianca, che ovviamente andrà sostituita con la camicia panchinara, mentre una delle costumiste provvederà con un phon ad asciugare l’alone della camicia titolare della scena. Questo potrà accadere anche se una giacca si strappa, se un pantalone si inzuppa, se ad una scarpa si stacca il tacco. Avete capito finalmente perché i cosiddetti film in costume, quelli ambientati in epoche storiche diverse da quella corrente, costano molto?