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La donna che visse due volte (Paramount Pictures/Webphoto)
Sto invecchiando. Sì, sì è proprio così: comincio a provare la dolce malinconia del ricordo, iniziano a scapparmi delle frasi quali “il cinema non è più quello di una volta”, ho nostalgia del bianco e nero, mi mancano le riprese in auto fatte in studio con dietro il chroma key, insomma ho solo voglia di classici.
Penso alle mie vecchie, eterne infatuazioni, cinematografiche si intende; sono stati i miei primi amori adolescenziali, e si sa quanto siano stati struggenti, al limite della sopportabilità; se poi vi confesso che la prima cotta è stata per La donna che visse due volte di Hitchcock, allora comprenderete fino in fondo quanto il primo amore non si possa scordare mai!
La luce.
Penso di non aver mai visto una luce così in un film. Quello fu il primo sintomo: la luce che illuminava San Francisco di una irrealtà inquietante e avvolgente come solo le seduzioni sanno essere. E poi, irrimediabilmente, dopo quasi un quarto d’ora di film entra in scena lei: Madeleine, e lì si comincia a soffrire delle stesse vertigini di cui soffre il protagonista, il poliziotto John.
A quel punto si comincia a vagare per la California e non si è più sicuri, assieme al poliziotto, di sapere chi è la donna che pediniamo, inseguiamo, cerchiamo e definitivamente amiamo. È Madeleine? È Carlotta? È Judy? Non comprendiamo più niente, solo precipitiamo, contenti, o meglio avvinti, come se ci avessero iniettata una pozione magica.
E intanto, sotto, la musica da il colpo di grazia: noi cerchiamo di non sentire e per quanto legati saldamente al palo, riusciamo a sciogliere quei lacci finché la sirena che ha i mille volti di Kim Novak ci ha fatti prigionieri. Non si può parlare della logica e della trama di questo film per quanto la possieda, si può parlare solo di ossessione, della perturbazione travolgente dell’amore.
Non so ancora come sia potuto accadere, ma sir Alfred Hitchcock, ha apparecchiato 128 minuti di immagini talmente belle e potenti da percepirne in fondo anche una specie di intollerabilità. Cinematograficamente da allora mi sono capitate altre storie, relazioni, tradimenti, ma mai ho sofferto ed esaltato come con La donna che visse due volte.
Talvolta mi chiedo ancora se Madeleine esiste per davvero o se sia un sogno, il dubbio non è mai disgiunto dall’impennata famosa dell’orchestra diretta da Bernard Hermann.