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Sesso, bugie e videotape
Sarà per il titolo, una terna di parole che rievoca quella più immaginativa del top delle trasgressioni (sesso, droga e rock and roll), ad aver impressionato (e fuorviato) parte della critica cattolica alla fine degli anni ‘90, ma Sesso, bugie e videotape di Steven Soderbergh, premiata a Cannes con la Palma d’oro nel 1989, è ben altro che un film dalla trasgressività gratuita e triviale. È vero che i tre termini inquisiti del titolo ci sono tutti nella vicenda.
Una storia minimalista, in cui le parole sono usate con ponderazione e attinenza favorendo l’affabulazione e seducendo lo spettatore che si scopre voyeur e allo stesso tempo auditeur attratto dall’ascolto delle cose che hanno da dirsi i quattro giovani protagonisti.
Sesso... Ann è l’enzima della storia: tutto ruota attorno a lei. È una moglie fedele, la casalinga perfetta; nonostante la sua giovane età non lavora perché la condizione del marito le consente di occuparsi solo della casa. Ann non è interessata al sesso, si imbarazza quando se ne parla. Anzi, crede “che il sesso sia sopravvalutato”, che gli si dia troppa importanza: “Le donne desiderano farlo, ma non per la ragione che pensano gli uomini”. Non ha mai provato a masturbarsi e parlarne allo psicologo che la segue la fa arrossire. È contenta di essere sposata, ma è anche un po’ depressa e repressa da un marito yuppie, John, al contrario di lei, amante focoso e prestante.
Prototipo dell’arrivista reaganiano (siamo nell’America degli anni di Ronald Reagan) il giovane avvocato tradisce la moglie con la cognata, Cynthia; ha paura di essere scoperto, ed è geloso sia della moglie che della cognata per il lavoro che fa. Più giovane di Ann, Cynthia non è certo il modello di brava ragazza come la sorella. Lavora in un pub, è disinibita, esuberante e curiosa. Ama il sesso, le sue pratiche e trasgressioni. Graham, infine, è l’amico di John, un tipo strano e insieme affascinante; è tornato in città dopo nove anni per dare un giro di vite alla sua esistenza. Il suo problema è l’impotenza, ma pratica l’autosoddisfazione sessuale “mediata”.
…Bugie. Con l’arrivo in città, Graham, suo malgrado, viene a sconvolgere la regolarità delle relazioni degli altri personaggi: un ordine apparentemente sincero, nutrito dall’esteriorità perbenista sovraccarica di menzogna e tradimento. John e Cynthia nascondono la loro relazione adulterina senza evidenti sensi di colpa. Ann è l’inconsapevole vittima di questa congiuntura di tradimento e falsità. Non sa mentire, è diretta e sincera nella sua condizione di moglie, sorella e ospite. La menzogna la ferisce, ma non l’abbatte. Da parte sua, Graham, nonostante dichiari di non essere bugiardo e sostenga che “i bugiardi sono al secondo posto dell’ordine degli esseri umani più infimi” dopo gli avvocati, ha anche lui degli scheletri nell’armadio, un passato di segreti e bugie.
…e Videotape. Il segreto di Graham non sono tanto le videocassette, quanto l’uso che ne fa nel privato. Contengono le interviste guadagnate sulla fiducia da donne disposte a parlare liberamente della loro sessualità. Scoperto il contenuto delle registrazioni, Ann rimane sconvolta allontanandosi dall’ospite per il quale aveva trovato casa e tenta di scongiurare che la sorella, curiosa e disinibita com’è, cada nella tentazione di lasciarsi filmare. Cosa che Cynthia non disdegna di fare e che arricchisce con una performance intima e personale offrendola a quell’uomo da cui è attratta solo per essere riuscito a sconvolgere la sorella. Anche Ann cade nella rete delle lusinghe. La scoperta della tresca tra i suoi congiunti più prossimi la spinge a cedere alla trasgressione dell’intervista, ma è lei a ottenerla in un abile “cambio di carte in tavola”.
I videotape stanno all’origine della furia di John e della fine delle relazioni tra i quattro. Ann, comunque, saprà trovare il giusto equilibrio a tutto, a dimostrazione che “che gli uomini imparano ad amare la persona dalla quale sono attratti e che le donne sono sempre più attratte dalla persona che amano”. La camera spenta e l’effetto neve della Tv aprono a un finale incerto, ma immaginabile.
Sesso, bugie e videotape è un film sulla comunicazione e sui danni che essa produce quando è corrotta dalla menzogna. In amore e amicizia la comunicazione è fondamentale: richiede fiducia e veracità. Anche la comunicazione “mediata” dalla videocamera non è mai autentica in senso pieno, nonostante sia ottenuta con la fiducia. L’uso che se ne fa può essere distorto dalla soddisfazione egoista, dall’incapacità di relazione diretta, dall’impotenza di amare. Una comunicazione volitiva, invece, tocca il volto dell’altro e coglie il suo obiettivo: è responsabile perché racchiude la volontà del bene del partner. Ann ne è l’espressione più pura e autentica. Non ha bisogno di mediazioni, né tantomeno di menzogne. Persino la relazione costruita sull’appagamento non ha speranza se non nella fugacità, ma è limitata da una scadenza programmata.
Sesso, bugie e videotape è un film pieno di domande, una lunga seduta psicoanalitica dove scandagliare il privato ed entrare nell’intimità delle persone. È una profonda ricerca della verità delle relazioni e dei sentimenti. I dialoghi, la narrazione debole, le riprese a movimento lento e circolare o gli zoom-in lentissimi a indagare sull’intimità o sull’affettività dei protagonisti, ricordano i film di Wim Wenders. È infatti un film nelle corde del regista tedesco che lo ha premiato. Nonostante i suoi trentacinque anni, l’opera prima di Soderbergh contiene la freschezza di una attualità dominata e condizionata dall’esplosione dei media sociali, con le sue relazioni immediate e ubique, ma i cui effetti dopanti hanno messo a rischio l’autenticità della comunicazione. Un film che offre spunti interessanti di riflessione sulle relazioni della contemporaneità.