Martin Scorsese conosce bene l’argomento e rivela una passione sentita e sincera per i temi teologici e le interpretazioni bibliche. Da tale interesse è scaturita questo racconto di “fantasia” evangelica, ricca di citazioni, spesso giustapposte (quasi una collatio), e di spunti fondati su una adeguata conoscenza della Bibbia, ma che si spingono a interpretazioni personalissime e, a tratti, azzardate. Ciò si rivela in un film costruito come un rollercoaster vertiginoso dove ci si innalza sulle cime dello scritto evangelico, sfiorando l’ipsa verba, per precipitare vertiginosamente su riscritture immaginose e bizzarre, ma credibilmente pertinenti: vero e verosimile tendono a inseguirsi e a toccarsi.

Il film è una rilettura spesso rispettosa quasi letterale della Scrittura, ma a volte spiazzante per gli episodi che esagerano con l’immaginazione nel desiderio di renderli più umani, anche se i protagonisti, personaggi poco caratterizzati secondo il Vangelo, portano i nomi del Libro sacro. Tra gli episodi controversi e fantasiosi figurano quello del postribolo di Maddalena, dove svolge la professione di prostituta; il matrimonio “rato e consumato” di Gesù e Maddalena; la relazione aperta con le sorelle di Lazzaro (“una donna è tutte le donne”). Provocazioni al limite del blasfemo, se visti con il pudore e il riserbo reverenziale del credente; virtuosismi iperrealistici concentrati sul realismo di quanto si vuole mostrare senza ricorrere a ellissi o a metafore suppletive, stilemi cari a Scorsese e allo sceneggiatore Paul Schrader, se visti con occhi critici e smaliziati.

La storia è conosciuta, la rappresentazione meno: sbalordisce. E con la sorpresa scaturiscono interrogativi plausibili che aprono i “se” delle possibilità e delle domande che spesso come comuni mortali, credenti o meno, ci poniamo. E se Cristo non avesse accettato di compiere la volontà di Dio? Se la paura raccontata dai vangeli nell’episodio del Getsemani avesse preso il sopravvento? Se il desiderio di amore umano fosse prevalso su quello divino?

L'ultima tentazione di Cristo
L'ultima tentazione di Cristo

L'ultima tentazione di Cristo

(Webphoto)

Da qui la tentazione del Cristo di Scorsese, che si ispira a Nikos Kazantzakis, a sua volta ispirato da una parte dall’übermensch di Nietzsche, il superuomo che disprezza la compassione cristiana, e dall’altra dal misticismo di Bergson dell’élan vital che apprezza il bello e il buono voluto dal creatore. Una polarità che si riscontra nella personalità di un Gesù animato da due profonde passioni: quella per Dio, da cui è attratto e impaurito, e quella per l’amore umano, da cui è altrettanto affascinato e insieme tormentato.

Tutto è giocato sui cardini della tentazione e della redenzione, attraverso delle rappresentazioni spettacolari che, seppur costruite con l’uso della metafora del sogno e della vita reale, richiamano il racconto evangelico. È notte. Gesù è chiuso da un cerchio “protettivo” segnato con perfezione per terra. Si presentano in successione dei serpenti (la porta di casa di Maria Maddalena), un leone, e il fuoco. Stanno a significare la carne, il potere, il possesso, le tre tentazioni superate in precedenza nel deserto. Gesù li vince con il sacrificio e l’accettazione dell’ora, la croce secondo la concezione giovannea, come compimento del tutto. Quest’ultima però è interrotta dalla quarta tentazione, nata dal genio creativo degli autori, che si realizza attraverso un personaggio diabolicamente angelico. L’angelo custode aiuta il Crocefisso a scendere dal patibolo e a realizzare il desiderio di amore umano. In una terra non più arida e sterile, ma verde, fertile, (intenso rimando ecologista e new age) sposa Maddalena (che muore per “vendetta”) e vive con Marta e Maria, da cui avrà dei figli.

L’ultima tentazione si interrompe con la visita degli apostoli a un Gesù vecchio e morente. Sono guidati da Giuda traditore a sua volta tradito e che gli rivela l’inganno di Satana, il fanciullo angelico. Il sogno e la vita tornano a scambiarsi di protagonismo. Gesù muore sulla croce cosciente e desideroso di compiere la sua missione di Messia: senza sacrificio non c’è salvezza. Quello di Scorsese è un Cristo insicuro, timoroso, controverso. Predica l’amore, ma ha bisogno di amare; arrossisce davanti a una donna, ma le desidera intensamente; vuole ricomporre la giustizia, ma usa la scure e la violenza; aspira a compiere la volontà di Dio, ma non si accetta come messia; riconosce Dio come Padre, ma ha paura di Lui; afferma il dovere di redimere il mondo, ma è lui per primo ad averne bisogno. La sua divinità/figliolanza è sul limite della consapevolezza e della paura di fronte al rischio di dissolversi.

Martin Scorsese
Martin Scorsese

Martin Scorsese

(Karen Di Paola)

Nell’umanissimo Cristo de L’ultima tentazione ci sono dei tratti caratteristici dei “cristi” dello stile di Scorsese e del cinema trascendente di Schrader. L’umano è fatto di bisogni, paure e tradimenti da espiare attraverso la sofferenza e il sacrificio, segnato dall’inesorabile caduta e dal riscatto indulgente. Ma il film è un tradimento? Il film è una storia ispirata al vangelo che distorce il vangelo se lo si fruisce come sacra scrittura. È una interpretazione molto libera e creativa che ha bisogno di un impegno critico attento, maturo e intelligente, se non indulgente.

Ciò è avvalorato dalle parole che lo introducono e fanno di questa “esperienza superumana” di Cristo il modello del ciclo continuo di colpa, peccato ed espiazione per l’intera umanità: “La duplice sostanza di Cristo – l'anelito, così umano, così sovrumano, degli uomini di raggiungere Dio... è sempre stato per me un mistero profondo e imperscrutabile. La mia angoscia principale e la fonte di tutte le mie gioie e dolori dalla mia giovinezza in poi è stata l'incessante e spietata battaglia tra lo spirito e la carne... e la mia anima è l'arena dove questi due eserciti si sono scontrati e si sono incontrati”. Uno spettatore attento sa come leggere un film e cosa prendere per la sua vita.