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Claudio Baglioni in Tutti su! Buon compleanno Claudio (ph. Roberto Panucci)
Claudio Baglioni è un monumento. E lo sa. Ma la sua carriera, lunga ormai più di cinquant’anni, è tutto fuorché un monolite. Ogni sua uscita non è mai banale: una fuga in avanti, una scommessa con se stesso, un continuo gioco al rilancio con il pubblico. Claudio Baglioni, insomma, sa di essere Claudio Baglioni. “È che ho la vanità dei primati – rivela – anche se sono un cantautore di pianura. Mi piace arrivare prima degli altri. È il bello del successo: dà la possibilità di far succedere le cose”.
Claudio il primo: il primo nella classifica degli album più venduti (La vita è adesso mantiene tuttora il primato nella storia italiana con più di 4 milioni di copie) e in quella degli spettatori paganti in un singolo concerto in uno stadio (quasi 90.000 all’Olimpico nel 1988), il primo cantautore pop a esibirsi di fronte al Papa e il primo italiano a esibirsi al Parlamento Europeo. Ma anche il primo a ragionare sugli spazi della musica, dal ricollocamento del palco al centro delle arene (“Così come si faceva all’origine, ma è molto complicato: lo sapevano anche i gladiatori”) allo scetticismo sugli stadi (“Ci tornerò, lì si celebra un rito collettivo, ma sono i posti peggiori per un concerto: nessuno vede e ascolta davvero, è un posto per raduni pieno di elementi di disturbo”).
La sua ultima esperienza live è un altro primato: con il progetto musicale Dodici Note – Tutti su!, dodici eventi che hanno avuto luogo dal 3 al 19 giugno 2022 alle Terme di Caracalla, è stato il primo artista pop ad aver aperto la Stagione Lirica del Teatro dell’Opera di Roma. Uno di quei concerti è diventato un film, prodotto da Friends & Partners insieme con Come srl in collaborazione con il Teatro dell’Opera di Roma, è diventata un film evento, nelle sale dal 15 al 17 maggio grazie a Medusa: Tutti su! Buon compleanno Claudio. Con un sottotitolo che imbarazza il festeggiato (“Avrei preferito del vino”), che il 16 maggio compie 72 anni. “Non è un film né un evento – precisa il divo Claudio – ma un film tratto da un evento. È un’espansione del momento live: entriamo nelle sale per far vedere e sentire qualcosa che non è solo un concerto”.
Tutti su! vede Baglioni accompagnato da 123 tra musicisti, coristi e performer classici e moderni, con la direzione artistica e la regia teatrale di Giuliano Peparini e la regia cinematografica di Duccio Forzano. “È l’approdo di un percorso – spiega il cantautore – cominciato alla fine degli anni Ottanta: immaginare la forma espressiva dal vivo come un’operazione multidisciplinare. È un sogno vagheggiato da compositori come Wagner e da molti architetti: suono, parola, gesto e luce si fondono per suscitare emozioni. In fondo noi artisti siamo venditori ambulanti di suggestioni. Non è una dimostrazione di potenza ma di potere. Potere come verbo, non sostantivo”.
Animale da palco, Baglioni: “Resto convinto che il live sia sempre l’appuntamento più irripetibile e originale: non amo più il concerto in sé, a meno che non sia qualcosa di davvero singolare. E questo film nasce anche per offrire punti di vista e d’ascolto che nessuno può cogliere in presenza”.
Per Baglioni, atleta della scena, l’esperienza dal vivo è un atto quasi “politico”: “Mi sono sempre opposto a utilizzare gli schermi negli spazi ampi: sono amplificatori tecnici, televisivi. Il nostro sforzo è esaltare la teatralità di spazi non piccoli, un posto dove avvengono cose fisiche e non multimediali. Purtroppo durante i concerti vedo troppi sguardi sui cellulari: qualcuno fa video, altri messaggiano, convinti che l’emozione sia una merce senza scadenza”.
Delle oltre tre ore originali, in Tutti su! ne restano poco più di due: “L’abbiamo registrato come memoria storica, pensando ai nostri nipoti. Solo successivamente è nata l’idea del film. Magari ci sarà un sequel – scherza – perché i concerti sono come il maiale: non si butta niente. La mia rovina sono le scalette: non ho mai trovato l’ascensore. Ho un repertorio di 350 canzoni, è sempre difficile scegliere cosa raccontare. Ma ho anche rispetto delle vesciche del pubblico, non posso esagerare”.
Nella ricca scaletta, tra Poster e Mille giorni di te e di me fino all’iconica Strada facendo, non mancano, in coda, i grandi successi degli anni Settanta, da Amore bello a E tu: “Sono il basamento della mia carriera. Le canzoni popolari hanno il pregio di essere conosciute e il difetto di non appartenere più agli autori ma a tutti. Questo piccolo grande amore, per esempio, l’ho ciancicata, cambiata, stravolta molte volte. Una volta a Palermo una mia fan mi affrontò dicendomi che non mi potevo permettere. Ebbi una reazione fumantina, ribattei che la canzone è mia. E lei mi fece notare che non era vero. Aveva ragione”.
Nel film-concerto si sente anche una delle sue canzoni preferite: “So quando ho scritto qualcosa di buono, armonicamente e melodicamente. Non è bello tutto ciò che è sincero, più spesso subentra il mestiere. Amo molto Fammi andar via: sento che è scritta bene, non dovrei dirlo ma mi commuove”. Nelle riprese del live c’è anche Claudia Arvati, storica corista di Baglioni morta lo scorso 27 dicembre a 62 anni: “Era ingestibile – ricorda con commozione il cantautore – e consumavo metà delle prove cercando di farla tacere. Parlava anche durante i concerti. Oggi quel parlottio mi manca. È stata una grandissima cantante, molto duttile, una terrorista con una umanità dinamitarda: scoppiava di energia, ci feriva e ne eravamo contenti”.
Se sulla musica contemporanea l’ex direttore artistico del Festival di Sanremo è un po’ evasivo (“Non sono un grande ascoltatore, ma penso che il dovere dell’artista sia di stare avanti rispetto a chi l’ascolta. Ogni nuova trasformazione deve essere rivitalizzante”), sul cinema snocciola qualche gustoso aneddoto: “Negli anni Settanta volevano fare un film sulla mia vita: mi sembrava iettatorio. Negli Ottanta mi proposero di fare il protagonista di una fantascienza erotica. E chiesero a me e a Lucio Battisti di recitare in una specie di pre-Romanzo criminale: dovevamo essere due ragazzi della periferia romana in cerca di redenzione. Uno dei due moriva, l’altro continuava la sua avventura. Non lo so perché non se n’è fatto niente: forse perché nessuno avrebbe accettato di morire prima dell’altro”.