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Claude Lelouch
Finalement potrebbe essere l’ultimo di Claude Lelouch, o forse no: “Alla mia età ti prepari a dire ‘arrivederci’, sono allo sprint della mia vita e punto a salire sul podio. È quella fase in cui bisogna accelerare e non rallentare. La gente non sa condividere i sentimenti, tende a vedere sempre il negativo. La gente si divide tra chi vuole cambiare il mondo e chi ne approfitta: io faccio parte del secondo gruppo, me la godo. So che sto facendo uno dei miei ultimi film, ma sono pronto a farne un altro”.
87 anni il prossimo 30 ottobre, Lelouch arriva alla Mostra di Venezia per presentare il suo ultimo lavoro (dal 19 settembre in sala con Europictures) e ricevere il premio Cartier Glory to the Filmmaker. E ogni sua parola trasuda ottimismo e amore per la vita: “Ho conosciuto la guerra: quando si sfugge al peggio, tutto ciò che ti accade dopo diventa più dolce. Il male che ho subito mi ha fatto del bene, dai fallimenti ho imparato molto”.
Prodotto da Les Films 13 e co-prodotto da France 2 Cinéma e Laurent Dassault Rond-Point, con il sostegno di Canal + e con la partecipazione di Ciné + e France Télévisions, Finalement seuge Lino, che da un giorno all’altro decide di mollare tutto: “Abbiamo creato un mondo che fa di noi dei prigionieri di tutto ciò che abbiamo – spiega Lelouch – dalla famiglia al lavoro. In un’epoca dominata dal burnout, ho voluto raccontare la storia di un uomo che ha voglia di riassaporare il presente, che è l’unica cosa che ci appartiene, e la libertà, che ci dà la voglia di ricominciare”.
Tra lunghi, corti, doc e videoclip, è la sua settantatreesima regia in oltre sessant’anni di carriera: “Non ho mai fatto film su richiesta, la libertà mi ha permesso di fare ciò che volevo. E il caso è stato il grande padrone della mia vita”.
Il protagonista è Kad Merad: “Ero in treno, ho incrociato Valérie Perrin (la scrittrice del best seller Cambiare l’acqua ai fiori, moglie di Lelouch, ndr), mi ha detto che Claude cercava un attore per il suo nuovo film e aveva contattato moltissimi attori. Non mi aveva cercato perché pensava che fossi troppo occupato… Mi sono riconosciuto molto in questo grande avvocato che da un giorno all’altro diventa un vagabondo. E mi sono divertito anche perché c’è di mezzo la musica. C’è tutto ciò che amo fare nel cinema. Jean Dujardin mi aveva detto che lavorare con Lelouch mi avrebbe fatto cambiare idea sul mestiere d’attore: aveva ragione”.
E tutti gli altri membri del cast celebrano l’esperienza con Lelouch: Elsa Zylberstain (“Il suo metodo è unico, non avevo compreso molto della storia, c’erano tante cose in sospeso”), Françoise Gillard (“Crea della vita all’interno della finzione”), Barbara Pravi (“Con Claude e il compositore Ibrahim Maalouf abbiamo lavorato prima sulle musiche e poi sulla sceneggiatura: mi sono sentita protetta”) e Michel Boujenah (“Non faccio molti film, ma amo Claude, con cui ho condiviso l’avventura de I miserabili. E grazie al mio maestro Dario Fo ho imparato l’improvvisazione che ho messo a frutto con Claude”).
Centrale, come in tutto il cinema di Lelouch, la musica: “Parla al nostro inconscio, perché la ragione ci spiega che siamo mortali e che ci sarà una fine”. E sul tempo che passa: “La morte è l’invenzione migliore della vita. Anouk Aimée, Belmondo, Trintignant, Delon: tutti i miei amici stanno andando in cielo. Ma, mentre loro se ne vanno, ecco che mi arrivano nuove idee. Mi accadde pure quando morì mio padre: due ore dopo il suo decesso, mi sentivo pieno di forze. Ogni volta che mi viene una buona idea mi chiedo sempre chi me l’abbia suggerita. Sono le idee che scelgono noi, non noi che le partoriamo. E forse c’entrano proprio loro che se ne sono andati”.