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Christian De Sica e Angela Finocchiaro in Natale a tutti i costi (credits: Netflix)
“Questo Natale mi perseguita!” esclama Christian De Sica in una sequenza di Natale a tutti i costi – dal 19 dicembre solo su Netflix – e inevitabilmente il personaggio si confonde con l’attore. Perché De Sica, del cinema natalizio italiano, è stato davvero uno dei re. Con i cinepanettoni, certo, per tanto tempo una tradizione per il pubblico e un toccasana per gli esercenti. Pensiamo a Natale sul Nilo, che proprio vent’anni fa (usciva il 20 dicembre 2002) incassò 28 milioni di euro, piazzandosi al primo posto di un box office che oggi ci sembra utopico.
Oggi De Sica ha 71 anni, si gode l’affetto di più di una generazione (“Gli adolescenti mi adorano, per me è un mistero ma è anche una frustata di vitalità. Forse è perché hanno capito che non ho sovrastrutture”) e continua a interpretare film a tema natalizio: “Non rinnego i cinepanettoni – rivela l’attore – anche perché mi hanno dato tanto successo. Ne farei un altro di corsa. Ma non mi capita spesso di fare commedie e questa è davvero carina”.
Natale a tutti i costi, scritto e diretto da Giovanni Bognetti, è la storia di una coppia non più giovanissima (De Sica e Angela Finocchiaro, per la quinta volta insieme: “Siamo ormai arrivati alla maturità”, scherza lei) che, stanca di essere ignorata dai figli ormai lontani da casa (Claudio Colica e Dharma Mangia Woods), millanta di aver ricevuto un’eredità di 6 milioni da una vecchia zia di Ceccano. Come previsto dai genitori, l’odore dei soldi riporta i figli sulle loro tracce: quanto potrà reggere la messinscena?
Prodotta da Colorado Film in associazione con Sony Pictures International Productions in collaborazione con RTI, Natale a tutti i costi deriva da una commedia francese, Mes Très Chers Enfants. Se per la Colorado la pratica dei remake è in continuità con le scelte dell’ultimo decennio (negli ultimi tempi Il mammone, Una notte da dottore, Cambio tutto!), per De Sica, invece, è una novità. “In Italia – riflette – ci sono pochi sceneggiatori bravi come quelli di una volta, penso ad Age e Scarpelli, Benvenuti e De Bernardi, Zavattini. Poi, ammettiamolo, le note sono sette ed è sempre più difficile inventare cose nuove. Senza dimenticare che siamo costretti a scrivere film in due mesi. Questo si vede, c’è poco da fare. E allora ci salviamo rifacendo le commedie che hanno funzionato altrove. Magari potremmo riprendere i vecchi testi di Aldo De Benedetti, funzionerebbero ancora”.
“È una questione di struttura – ragiona Bognetti, che del remake è uno specialista – perché sono il risultato di un lungo lavoro. Noi tutto quel tempo non ce l’abbiamo. A me piace innestare la farsa con elementi più drammatici”. A partire dal tema dell’affermazione umana e professionali dei giovani, come nota De Sica (“Nel film i nostri figli sono meschini e disperati”): “La società è cambiata – osserva Mangia Woods – ed è giusto normalizzare anche sentimenti meno nobili, come quelli incarnati dal mio personaggio. In fondo è liberatorio”.
Attorno al film è nata una polemica per una presunta offesa al vino abruzzese, una battuta, pronunciata dal personaggio di De Sica, che compare nel trailer e ha scatenato i produttori enologici di quella regione. “Avrebbero dovuto aspettare di vedere tutto il film per capire che è uno scherzo. Se la sono presi con me, ma io che c’entro? Amo l’Abruzzo, amo il Montepulciano”. Questa suscettibilità è un segno dei tempi? “Bisogna stare attenti a cosa si dice, se oggi facessi le battute dei cinepanettoni andrei carcerato”.
Però i cinepanettoni continuano a essere visti, anche dai più giovani (per Colica, 34 anni, fan del genere, essere il figlio di De Sica è stato “commovente”): “Se me lo proponessero ne farei un altro di corsa. Quando sui miei social ho pubblicato la locandina di Natale a tutti i costi, ho ricevuto valanghe di messaggi con gente che invoca nuovi cinepanettoni. C’è perfino chi chiede il terzo capitolo di Yuppies: però c’è un’età per tutto, io e Massimo Boldi non ci possiamo mettere a fare ‘i giovani di successo’. Meglio fare commedie adatte a chi siamo oggi: nel 2018, con Amici come prima, abbiamo ottenuto un ottimo successo”.
E cosa pensa, oggi, dello “stato della risata” nel cinema italiano? “Si ride col demonio, non con San Francesco. Il comico deve essere cattivo. Non è un caso che l’attore più amato d’Italia, Checco Zalone, sia anche il più scorretto. Noi abbiamo spinto, magari anche troppo, andavamo con l’acceleratore. Oggi vedo solo commediole eleganti, di boati in sala non ne sento più. E ci sono troppi attori che restano abbottonati pur di vincere un David di Donatello”.