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Antonio Albanese (foto di Karen Di Paola)
“Desideravo tantissimo raccontare il mondo operaio: sono 5 milioni e mezzo di lavoratori che sostengono questo Paese è che vengono definiti gli ultimi. Ma invece sono i primi, e da decenni abbandonati. Si sentono isolati, c’è una politica che non si gira mai dalla loro parte, è incredibile. Lo sentivo come un film in un certo senso necessario”. Antonio Albanese presenta alla Festa del Cinema di Roma Cento domeniche, di cui è regista e interprete, che racconta la storia di Antonio, un ex operaio che vede volatilizzarsi i sacrifici di una vita a causa di una banca in crisi in cui ha investito tutti i suoi risparmi.
“Questo film rappresenta le mie origini e la mia estrazione sociale, ma soprattutto la rappresentazione di un’ingiustizia -spiega Albanese, Al suo quinto film da regista- Mi sono ritrovato ‘giusto’ anche per età, ho 59 anni quindi un’età prepensionabile, mia figlia ha l’età di Liliana (Bottone, che nel film interpreta il ruolo della figlia del protagonista, ndr). Nell’elaborazione, ci siamo resi conto che questa storia era immensa, di una crudeltà incredibile. Volevo raccontare questa vergogna”.
Un uomo stritolato dal sistema infetto delle banche, ma Albanese sottolinea: “Ci tengo a dire una cosa: questo film rispetta il sistema banche, perché noi siamo qui anche grazie alle banche. Questo è quello che può provocare un singolo personaggio, è incredibile”. Un film frutto di tante ricerche di storie accadute realmente: “Queste vittime che perdevano il sonno, entrano nel dramma in maniera impetuosa. Ci siamo detti che era un tema molto delicato, e ci siamo armati di umanità per trattare questo argomento con verità e onestà”. Nelle ricerche “abbiamo trovato aneddoti pazzeschi, di esseri umani distrutti, talmente carichi di vergogna per essersi fidati della propria banca che sono usciti di casa dopo mesi: si vergognavano di questa condizione, di questo tradimento e si prendevano la colpa. E questa malvagità non si deve più ripetere. È un crimine in purezza”, afferma il regista.
“Siamo andati a parlare con queste persone -spiega lo sceneggiatore Piero Guerrera- e in questi elementi che abbiamo raccolto il dato interessante è che ci dava la possibilità di raccontare un dramma che da collettivo diventa individuale. Succede in varie circostanze, anche nelle guerre: come un uomo da solo affronta tutto questo. Un’occasione di raccontare questa solitudine profonda”.
Tra gli interpreti Sandra Ceccarelli nel ruolo dell’ex moglie di Antonio e Giulia Lazzarini che interpreta la madre. “Un film realizzato anche grazie ad attori e attrici che hanno umanamente accettato questa sfida -spiega Albanese- Perché lo era, è delicato. Quello che ho chiesto loro è l’estrema sincerità, di cercare di immedesimarsi il più possibile”.
“Non è stato per niente difficile esaudire il desiderio di umanità che lui ci ha richiesto, perché lui trasuda umanità sia quando fa ridere che quando parla di cose drammatiche -dice Sandra Ceccarelli, che ricorda la curiosità per cui è la seconda volta interpreta al cinema il ruolo dell’ex moglie di Albanese- Spesso girando mi è venuto in mente Ken Loach che ha parlato tanto di questi argomenti. Associo questi due linguaggi, e sono felice di averci lavorato”. Felice dell’esperienza anche Lilia Bottone: “Non ho mai avuto un momento di difficoltà a sentirmi connessa alla storia, a lui, ho imparato talmente tante cose”, spiega.
La pellicola uscirà il 23 novembre distribuita da Vision: “Un film necessario -Spiega Massimiliano Orfei, ad di Vision Distribution- ma la ragione per cui siamo entrati è soprattutto perché pensiamo che in questo momento un film di questo livello possa avere chance importanti di arrivare al successo commerciale. È un film in cui crediamo. Avrà un’uscita molto larga”.
La pellicola è prodotta da Palomar. “Questo era un film tarato per la nostra linea editoriale, perché non vogliamo fare dei film a cui siamo obbligati -spiega il produttore Carlo Degli Esposti- io cerco di scegliere le pellicole quando mi fanno dire “non possiamo non fare questo film”. È stata “un’avventura girata dentro ai postumi del Covid, con le difficoltà solite ma con l’idea di fare un film dalla parte dei ‘primi’”.