C’è ancora domani di Paola Cortellesi vince la 69esima edizione dei premi David di Donatello: esordio alla regia, attrice protagonista (Cortellesi) e non (Emanuela Fanelli), sceneggiatura originale, David dello spettatore e David giovani. I 1710 giurati nell’urna ribadiscono lo straordinario successo di pubblico arriso al film: da chiedersi, perché C’è ancora domani non c’è stato già ieri o ieri l’altro?

Ma a ribaltare le previsioni della vigilia l’altro vincitore dei David 2024 è più vincitore, anzi, trionfatore: Io capitano di Matteo Garrone la spunta quale miglior film, migliore regia, produzione, fotografia, montaggio e effetti visivi. E chissà se Seydou Sarr, e Moussa, avesse potuto concorrere…

L’appaiamento ci sta, l’uno per l’incasso, l’altro per la cinquina agli Oscar, C’è ancora domani e Io capitano sono stati i due successi del 2023, e i David hanno sanzionato: nota a margine, sono usciti in sala in concomitanza con la presentazione, Roma e Venezia, ai festival, meditate gente.

A secco sia La Chimera di Alice Rohrwacher – abbastanza inspiegabile, ma ha fatto male a qualcuno? Ce l’ha dovuto ricordare Justine Triet che fosse in sala, lei e il suo cinema – che Il sol dell’avvenire di Nanni Moretti – ce lo si aspettava, invero – ridotto a instant meme dalla Marcuzzi chez Casal Palocco, gli altri premi sono per Rapito di Marco Bellocchio, che avoca a sé e Susanna Nicchiarelli la sceneggiatura non originale, e per Palazzina LAF – a ridondare le magnifiche sorti degli attori passati dietro la macchina da presa – di Michele Riondino, con sé stesso e il non protagonista Elio Germano laureati migliori attori.

Bene il David alla carriera a Milena Vukotic, donna assai intelligente non corrisposta dal “Pinaaa!” di Carlo Conti, bene il David a Vincenzo Mollica, lucido e sensibile, sacrosanto ma tardivissimo quello alla carriera a Giorgio Moroder, che ironicamente lo paragona all’Oscar ma di Oscar ne ha già vinti tre…, la serata è stata “impreziosita” dalle esibizioni canore, in realtà fiacche con Mahmood, Giorgia, eccetera, ma dignitosamente coreografate da Luca Tommassini e dall’agio spaziale degli studi di Cinecittà, dove però si è consumata una sperequazione indebita. Le categorie cosiddette minori non hanno avuto il privilegio del felliniano Teatro 5, ma sono state relegate in altri teatri, e fin qui: problema, non hanno avuto nemmeno quei candidati l’onore di un’inquadratura frontale, bensì l’onta delle spalle o dell’inquadratura di sguincio, e non si fa.

Sicché vince Rai Cinema, non bissa – poteva? – per Cortellesi il produttore Mario Gianani dopo Le otto montagne, e s’avanza il cinema italiano, una grande chiesa che va dalla Lega ai migranti.