“Ho preso servizio nella seconda metà di ottobre, la guerra in Ucraina sta entrando in una strana zona d'ombra, il 7 ottobre è successo quel che è successo in Israele, mi è sembrato necessario e naturale farmi una domanda: in che modo noi, il CSC e la Cineteca Nazionale, potremmo aprire una finestra di dialogo?”.

Così Sergio Castellitto, presidente del Centro Sperimentale di Cinematografia, presenta la “Diaspora degli artisti in guerra”, in programma dal 19 al 21 giugno a Roma presso il CSC stesso.

Annoverati artisti, cineasti, scrittori provenienti dai luoghi attraversati dalla guerra, la tre giorni di incontri, masterclass, proiezioni e una mostra fotografica è aperta a tutti i cittadini, e in particolare gli operatori del settore cinema: inviare una mail a invito@fondazionecsc.it.

Evento a carattere culturale e formativo, finanziato da fondi PNNR, avrà il primo giorno, 19 giugno, dedicato alla “Diaspora dei cineasti”: protagonisti Khali Joreige, Maryna Er Gorbach e Mehmet Er, Saeed Al Batal, Michel Khleifi, Mahamat-Saleh Haroun, Hala Alabdalla, il Card. Gianfranco Ravasi e David Grossman. Il 20 giugno il fil rouge sarà “Lo sguardo del cinema italiano sulle guerre” grazie alle testimonianze di Elda Ferri, Costanza Quatriglio, Francesca Mannocchi, Giacomo Abbruzzese, Massimo D’Anolfi e Martina Parenti, Stefano Savona, Jean Mallet, Giulia Tagliavia, Rami Elhanan e Bassam Aramin. Il 21 giugno metterà in scena un percorso “Nei paesi di guerra”, con Aleksandr Sokurov, Hagai Levi, Mohamed Kordofani, Sahraa Karimi, Ali Asgari, Yervant Gianikian e Lucrezia Lerro, Dieudo Hamadi, Dieudo Hamadi e Jasmila Zbanic.

Ab origine si era chiesto, Castellitto, se “mettere in dialogo un cineasta palestinese e uno israeliano, ma avrebbe fatto un po’ Camp David, un po’ di disfida di Barletta… allora ci siamo pian piano allargati, abbiamo impiegato una parola drammatica ma di pace, diaspora, nel senso di trasferimento fisico ma anche di memoria, ricordi, un altro luogo. È piaciuta a tutti questa cosa, ci stiamo riuscendo, accade contemporaneamente a noi, si trasforma, come un virus ha delle varianti, aspettiamo che questa cosa cominci”.

In dialogo al CSC su via Tuscolana con lo scrittore premio Strega Edoardo Albinati, Castellitto parla di “valore della testimonianza, questi titoli che abbiamo selezionato non parlano altro che della guerra, ma chiederei a questi cineasti libanesi, ucraini, palestinesi non vi andrebbe di fare un film sull'amore? Una domanda virtuale, una provocazione affettuosa, lo psicologo James Hillman ha scritto Un terribile amore per la guerra, dove la fascinazione, la libido si carica più per la guerra che per la pace”.

Se, sostiene Albinati, “lo stato di guerra è naturale, la pace un intervallo”, Castellitto ascrive agli “artisti il gesto al di là del risultato: Guernica non ha fermato le guerre, noi non abbiamo intenzioni da mitomani puntiamo a dare il pasto caldo del microfono”. Con un convitato non di pietra, ma d’auspicio: “i produttori, il risultato migliore sarebbe producessero uno di questi artisti: noi non siamo qui per dire chi ha ragione, ma per concedere una possibilità. Il posto è il set, l’esercizio realizzativo della testimonianza, sebbene si abbia coscienza della inutilità eventuale del nostro gesto”.

Laddove la “diaspora, che è dispersione, disseminazione di sé stessi, è la condizione abituale dell’artista”, Castellitto si offre pure all’attualità, dal tax credit al Cinema Fiamma in Roma che, contrariamente a quanto preventivato e prospettato, non sarà la sala del CSC.

Sul tax credit, ovvero le recenti controverse dichiarazioni del ministro Sangiuliano (“Non si può fare un film con la copertura del 100% di contributo pubblico, un rischio di impresa bisogna metterlo”, NdR) Castellitto osserva: “Il ministro credo voglia fare una sistemata, non c’è destra o sinistra per dire che nei finanziamenti al cinema siano stati commessi errori. Noi stessi quante volte a fine maggio, giugno abbiamo letto titoli che ‘ma quando l'hanno fatto ‘sto film?’. Una certa moralizzazione del tax credit è necessaria, anche prima ce la saremmo aspettata, ma ora una decisione va presa”.

Sulla rinuncia al Fiamma quale sala del CSC in centro a Roma, il presidente Castellitto conclude: “Nel mio primo CDA sollevai qualche dubbio sul percorso del Fiamma. Dubbi del tutto innocenti, indi considerazioni condivise da tutti: il cinema Fiamma fu acquistato con fondi ordinari, ma accollato al PNRR, poi quella attribuzione fu giudicata non opportuna. Sicché ci siamo interrogati sull’opportunità o meno, gravando sul Fiamma un progetto da 6 milioni di euro. Nel mentre, stiamo riattando l’aula magna del CSC, mettiamo soldi qui”. E il futuro? “Ci sono 50 sale abbandonate a Roma, il Metropolitan e altre opzioni: semplicemente, il Fiamma non corrispondeva alla nostra vocazione territoriale”.