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“Narratore archetipico, ha trasformato l'immaginazione degli spettatori di tutto il mondo, alterando per sempre il panorama cinematografico”.
Prendiamo in prestito le parole di Mitch Neuhauser, amministratore delegato del CinemaCon di Las Vegas, che lo scorso 8 aprile ha reso omaggio a George Miller con il premio internazionale alla carriera.
Ci sembra davvero una definizione tanto sintetica quanto azzeccata per “inquadrare” il cineasta australiano: chi più, chi meglio di lui ha saputo creare sul grande schermo quel panorama da post-apocalisse futurista, tracciando un sentiero battuto poi in seguito da altri?
Certo, è vero, George Miller ha fatto anche altro (il delizioso Le streghe di Eastwick, nel 1987, il doloroso L'olio di Lorenzo, nel 1992, per non parlare delle incursioni nel “family” dapprima come produttore e co-sceneggiatore per Babe maialino coraggioso, nel 1995, poi come regista per il sequel Babe va in città, 1998, e per il dittico animato di Happy Feet, nel 2006 e nel 2011, fino al più recente fantasy d'autore, con Tilda Swinton e Idris Elba, per Tremila anni di attesa, nel 2022), ma è inevitabile associarlo – ora e per sempre – alla saga di Mad Max.
Quinto capitolo di un franchise nato nel 1979 con Interceptor, il nuovo – attesissimo – Furiosa: A Mad Max Saga (nelle sale dal 23 maggio, distribuito da Warner Bros.) è stato il primo titolo ad essere annunciato ufficialmente (lo scorso 21 marzo) dal 77° Festival di Cannes (il secondo è stato Le deuxième acte di Quentin Dupieux, film d’apertura e, qualche giorno prima della conferenza dell’11 aprile che ha svelato la line-up, è stato annunciato, sempre fuori concorso, Horizon, An American Saga, primo di quattro capitoli che segnano il ritorno di Kevin Costner alla regia di un western). Proprio come l’anno scorso, dunque, la direzione della kermesse ha preferito riservare il primo annuncio (a parte quelli dei presidenti delle giurie, Greta Gerwig per il concorso, Xavier Dolan per Un Certain Regard) per il titolo “monstre” dell’intera selezione: l’anno scorso toccò a Killers of the Flower Moon di Martin Scorsese anticipare l’annuncio del film d’apertura (Jeanne du Barry di Maïwenn), stavolta si punta su Furiosa. D’altronde nove anni fa l’accoglienza riservata a Mad Max: Fury Road al Grand Théâtre Lumière fu sconvolgente: esperienza mistica e tribale, quel film dalla trama esigua e basica (con la fuga e la destinazione semplici pretesti per tornare al punto di partenza) riuscì 30 anni dopo Oltre la sfera del tuono – fino a quel momento terzo e ultimo capitolo del franchise – non solo a riagganciarsi ad una mitologia cristallizzata nel nostro immaginario, ma a ridefinirne platealmente i connotati, riscrivendo i codici di western, action e road-movie in salsa post-apocalittica con una veemenza sbalorditiva.
Stavolta, paradossalmente, la sfida è ancora più grande: se allora gran parte della curiosità era affidata alla new entry rappresentata da Tom Hardy, chiamato al non semplice compito di rivestire i panni dell’iconico Max Rockatansky impersonato tre volte da Mel Gibson, oggi il personaggio eponimo dell’intero franchise – almeno sulla carta – non è neanche presente nel film, ad eccezione di un breve cameo annunciato dallo stesso regista, dove a vestirne i panni è Jacob Tomuri, stuntman neozelandese già impiegato nel precedente film.
Scelta di per sé rivoluzionaria, a suo modo rischiosissima: l’origin story di Furiosa – eroina che di fatto era il motore di Fury Road, interpretata allora da Charlize Theron, ora dalla giovane Anya Taylor-Joy – è quindi a tutti gli effetti uno spin-off che pur mantenendo nel (sotto)titolo quell’A Mad Max Saga si “libera” del suo eroe protagonista.
“45 anni dopo il collasso globale, Furiosa è stata portata via dalla sua famiglia. Dedicherà il resto della sua vita a cercare di tornare a casa. Questa è la sua Odissea”. Strappata da bambina dal Luogo Verde delle Molte Madri in cui viveva, Furiosa viene rapita dall'orda di biker guidati dal signore della guerra Dementus (Chris Hemsworth, altra new entry nella saga, attore chiamato alla prima prova da villain), il cui esercito di motociclisti arriverà presto a scontrarsi con la potenza rivale rappresentata da Immortan Joe (Lachy Hulme), lui sì personaggio che abbiamo già conosciuto nel film precedente (allora interpretato da Hugh Keays-Byrne, poi deceduto nel 2020), principale antagonista della Furiosa adulta e, giocoforza, anche di Max.
Romanzo di (de)formazione sui generis, questo prequel ci mostrerà come e quando Furiosa perderà il braccio per sostituirlo con una protesi meccanica, oltre alle innumerevoli difficoltà che dovrà affrontare nel mezzo dello scontro tra le due bande: il deserto sarà la cornice abituale di questo nuovo affresco (non più quello della Namibia, stavolta le riprese si sono svolte in larga parte in Australia), la grandiosità dell’insieme dovrebbe addirittura essere amplificata (230 milioni di dollari il budget stimato, 80 in più rispetto a dieci anni fa), i primi spifferi (qualche scena vista al sopracitato CinemaCon) lasciano ben sperare: “Trionfo visivo e sonoro, metallo, catene, colori di guerra, ossa fracassate e vendetta impregnata di sangue. Il pubblico era in estasi! Le scene saranno travolgenti in IMAX”, il commento a caldo di Matt Donelly di Variety. Chi siamo noi per non credergli sulla parola?