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Killers of the Flowers Moon di Martin Scorsese - @ Apple
"Siamo in trattative con Apple e Paramount affinché Martin Scorsese sia presente al Festival con il suo Flowers of the Killer Moon, un lavoro importante, che riporterebbe il regista sulla Croisette con un film dopo After Hours, cosa che accadde nel 1986".
Thierry Frémaux nell'intervista rilasciata ieri a Variety non si nasconde. A meno di clamorosi colpi di scena, l'atteso nuovo film (200 milioni di dollari di budget) diretto da Scorsese, con Leonardo Di Caprio e Robert De Niro, avrà la sua premiere mondiale sulla Croisette. Sempre di ieri è la notiza che Flowers of the Killer Moon uscirà negli States ad ottobre per poi essere ospitato naturalmente anche sulla piattaforma AppleTv+.
L'altro grande titolo che i bene informati danno per certo alla 76° edizione del Festival di Cannes (16-27 maggio) è Indiana Jones e il quadrante del destino, quinto capitolo del celebre franchise con Harrison Ford, stavolta diretto da James Mangold, previsto nelle sale il 28 giugno e forte di un budget stratosferico, che sfiora i 300 milioni di dollari e lo porta nelle primissime posizioni dei film più costosi di sempre, dietro a colossi quali Avatar - La via dell'acqua (460 milioni di dollari) e i vari Avengers della Marvel.
Il film Disney potrebbe dunque essere il Top Gun: Maverick della scorsa edizione del Festival, anche stavolta non in apertura di kermesse però. Sarà interessante capire - e chissà se dovremo aspettare la consueta conferenza di metà aprile dove Frémaux svelerà (in parte) il programma di questa edizione - quale sarà il titolo che darà il via alle danze, considerando che nell'ultima decade l'unico titolo veramente votato allo "spettacolo" fu Il grande Gatsby di Baz Luhrmann, datato 2013, non a caso annata mostruosa per Cannes, che ospitava in concorso capolavori come La vita di Adele di Kechiche, La grande bellezza di Sorrentino, A proposito di Davis dei Coen, Il passato di Farhadi, Solo gli amanti sopravvivono di Jarmusch, Father and Son di Kore'eda, Il tocco del peccato di Jia Zhangke, Nebraska di Alexander Payne.
L'anno successivo l'apertura toccò al tiepido Grace di Monaco di Olivier Dahan, poi fu la volta di A testa alta di Emmanuelle Bercot, nel 2016 a Café Society di Woody Allen, nel 2017 ai Fantasmi d'Ismael di Desplechin, nel 2018 a Tutti lo sanno di Asghar Farhadi, poi a I morti non muoiono di Jim Jarmusch, nel 2021 ad Annette di Leos Carax e infine l'anno scorso a Coupez! di Michel Hazanavicius: tutti titoli, per un verso o per l'altro, difficilmente entrati nell'immaginario collettivo della gente.
Una delle ipotesi - scartata dallo stesso Frémaux nell'intervista a Variety - era che l'apertura di quest'anno potesse essere affidata al cortometraggio diretto da Pedro Almodóvar, Strange Way of Life, con la star del momento Pedro Pascal ed Ethan Hawke: più probabile che al regista spagnolo il festival possa assegnare la Palma d'oro onoraria (riconoscimento, ricordiamo, che va ai registi mai premiati con la Palma d'Oro).
Altre ipotesi suggestive potevano essere il nuovo capitolo di Mission: Impossible (Dead Reckoning - Parte uno), con release fissata a metà luglio, e Oppenheimer di Christopher Nolan (regista non avvezzo a portare i suoi film ai festival, ma che nel 2018 fu protagonista di una masterclass a Cannes), con release prevista il 21 luglio.
Come sempre accade, però, sono tutte decisioni figlie di strategie e accordi con le varie major, in questi due casi rispettivamente Paramount e Universal, ma soprattutto figlie di un diktat che spesso dimentichiamo: il film d'apertura del Festival di Cannes deve uscire nelle sale francesi in contemporanea con la première del Festival. E l'unico blockbuster la cui uscita mondiale, non solo francese, coinciderebbe con l'apertura del Festival è Fast X (17 maggio), il decimo e ultimo capitolo della saga motoristica con Vin Diesel. Due anni fa Fast & Furious 9 inaugurò il Cinema de la plage, la serie di proiezioni a cielo aperto della Croisette.
In attesa dunque di scoprire quale potrà essere il film che aprirà questa 76ma edizione, l'unica vera certezza del momento è il nome del presidente della giuria, Ruben Östlund - ultimo vincitore della Palma d'Oro con Triangle of Sadness - annunciato dal Festival lo scorso 28 febbraio. L'altra certezza, la solita da anni, è quella relativa a Netflix: "I film Netflix sono benvenuti a Cannes, ma fuori concorso", ricorda ancora una volta Frémaux.
Per quanto riguarda, più in generale, i titoli che potrebbero prendere parte al Festival, come già anticipato qualche giorno fa da IndieWire, si va dai decani come Ken Loach e Wim Wenders (The Old Oak e Tokyo Toilet), passando per Victor Erice (Close Your Eyes) e Aki Kaurismäki (Dead Leaves), Kore'eda (Monster), Lanthimos (Poor Things) e Nuri Bilge Ceylan (About Dry Grasses), gli americani Wes Anderson (Asteroid City), Todd Haynes (May/December) e Richard Linklater (Hitman), oltre al regista indie Sean Durkin (The Iron Claw), l'argentino Lisandro Alonso (Eureka), i messicani Alonso Ruizpalacios (La Cocina), Michel Franco (Memory) e Amat Escalante (El Estado de Imperio), più la consueta sfilza di registe/i francesi che popoleranno la kermesse nelle varie sezioni del Festival: da Maïwenn con il period-drama Jean du Barry (con Johnny Depp), titolo in odore di apertura..., Catherine Breillat con L'été dernier, Robin Campillo con Red Island, Quentin Dupieux con il mockumentary Daaaaaaali!, Michel Gondry con The Book of Solutions, Bertrand Bonello con The Beast, Bruno Dumont con The Empire, Ladj Ly con Les indésirables e - attenzione - un film postumo di Jean-Luc Godard.
Arriviamo infine alla questione che abbiamo più a cuore: gli italiani. Da mesi viaggiamo nella gustosa consapevolezza di poter portare ben 4 film in concorso a Cannes (cosa che non accade dal 1982, con Antonioni, Del Monte, Scola, Taviani, poi nel 1998 ma con 3 film di registi italiani e uno di Skolimovski in coproduzione italiana): Il sol dell'avvenire di Nanni Moretti, La chimera di Alice Rohrwacher, Io Capitano di Matteo Garrone e La conversione di Marco Bellocchio.
La realtà - ad oggi - è un po' diversa: potrebbe ad esempio accadere che il film di Moretti (nelle nostre sale dal 20 aprile, regista tra i pochissimi al mondo ad avere una sorta di nullaosta per arrivare sulla Croisette non in anteprima mondiale) non sarà presente al festival.
Sarebbe la prima volta in 30 anni, dal 1994 (Caro diario), dopo 7 presenze consecutive, che Moretti non prende parte alla corsa per la Palma d'Oro, vinta nel 2001 con La stanza del figlio.
Come sarebbe sorprendente, ma non impossibile, che marchi visita La conversione di Marco Bellocchio, regista che l'anno scorso ha portato in Premiere la serie Esterno notte, l'anno prima in Special Screening il doc Marx può aspettare (e Palma d'oro onoraria annessa): se non dovesse essere concorso principale (l'ultima volta fu con Il traditore nel 2019) il regista piacentino potrebbe accettare un'altra collocazione? O attendere qualche mese e provare a tornare in gara a Venezia, otto anni dopo Sangue del mio sangue (2015)?
Dopo la parentesi Pinocchio, Matteo Garrone potrebbe dunque ritrovare il concorso (dopo Gomorra, Reality, Il racconto dei racconti e Dogman) con Io Capitano, film che racconta l'odissea di due giovani che lasciano Dakar per raggiungere l'Europa, come l'altra nostra habitué della Croisette, Alice Rohrwacher, dal suo esordio Corpo celeste (2011, alla Quinzaine) poi sempre nel concorso principale, e premiata, per Le meraviglie (2014) e Lazzaro felice (2018): il suo nuovo La chimera (film sui tombaroli dell’Italia anni ‘80), oggi come oggi, è forse l'unico di questi quattro ad essere (quasi) sicuramente della partita.
Teoricamente è anche pronto (o quasi) Finalmente l’alba di Saverio Costanzo, regista mai ospitato a Cannes.
Gli altri film italiani pronti per un’eventuale convocazione sulla Croisette, tra Quinzaine des Réalisateurs, Un Certain Regard e Semaine de la critique, potrebbero essere Rossosperanza di Annarita Zambrano, La bella estate di Laura Luchetti (tratto da Cesare Pavese), Another End di Piero Messina, Truly, Madly, Deeply di Carlo Sironi, El Paraíso di Enrico Maria Artale, l’esordiente Simone Bozzelli con Patagonia.
Tra qualche giorno – il 13 aprile verosimilmente – sapremo. Se non tutto, almeno qualcosa.