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Papa Benedetto XVI (credits Webphoto)
Più riservato, meditabondo, restìo quasi all’abbraccio mediatico.
Il pontificato di Benedetto XVI, in accordo al profilo da teologo, è stato certamente di rottura rispetto a quello di Giovanni Paolo II anche dal punto di vista comunicativo.
Poche ma estremamente significative le uscite pubbliche, rarissimi i bagni di folla. Più copiosa la produzione di scritti, non solo di encicliche, in cui abbraccia temi decisivi della cultura del terzo millennio (dal relativismo alla grande questione del dialogo tra religioni). Manca però, ed è un peccato, una riflessione dedicata ai mass media, al cinema in particolare. Eppure il Papa emerito ha incoraggiato spesso le produzioni cinematografiche e televisive, tanto quelle a carattere devozionale quanto le opere laiche, capaci di sollevare il desiderio di bellezza, verità e trascendenza nell’uomo.
Non di rado assisteva personalmente a proiezioni in Vaticano – celebre lo scatto dell’Osservatore Romano che lo immortala nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano mentre assiste alla fiction Maria di Nazareth di Giacomo Campiotti. Noto il suo interesse per i documentari dedicati ai papi, di cui amava a fine proiezione discutere intrattenendo gli spettatori con letture raffinate: “Queste opere – disse il 9 aprile 2010 in occasione della proiezione a Castel Gandolfo del film su Pio XII, Sotto il cielo di Roma – pensate per il grande pubblico, con i mezzi più moderni, e al tempo stesso mirate ad illustrare personaggi o vicende del secolo scorso, rivestono particolare valore soprattutto per le nuove generazioni. Per chi, a scuola, ha studiato certi avvenimenti, e forse ne ha anche sentito parlare, film come questo possono essere utili e stimolanti e possono aiutare a conoscere un periodo che non è affatto lontano, ma che le vicende incalzanti della storia recente ed una cultura frammentata possono far obliare”.
Da ricordare poi l’incontro con gli artisti nella Cappella Sistina del 21 novembre 2009 (quarantacinque anni dopo quello voluto da Paolo VI e nel decennale della lettera agli artisti di Giovanni Paolo II) a cui Benedetto XVI si rivolge come “custodi della bellezza” e “annunciatori e testimoni di speranza per l’umanità”, rimarcandone la responsabilità del talento ricevuto, ovvero quella di “parlare al cuore dell’umanità, di toccare la sensibilità individuale e collettiva , di suscitare sogni e speranze, di ampliare gli orizzonti della conoscenza e dell’impegno umano”.
Non meno fecondo il rapporto che cinema e televisione hanno intrattenuto con il Papa emerito, a cui sono stati dedicati due documentario biografici: Benedetto XVI: L'avventura della verità di Antonio Olivié (2014) e Benedetto XVI - La storia di Joseph Ratzinger (2017), realizzato per il format RAI “La grande Storia” in occasione del 90° genetliaco del Papa.
Presente direttamente e indirettamente anche nel cinema di fiction: Anthony Hopkins lo ha impersonato mimeticamente ne I due Papi di Fernando Meirelles (2019), mentre viene ormai considerato profeticamente indirizzato a lui Habemus Papam di Nanni Moretti (2011).
Persino gli irriverenti sceneggiatori di Boris lo hanno “omaggiato”: in Boris - Il film, un film del 2011 scritto e diretto da Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre e Luca Vendruscolo, c’è una scena in cui il regista Rene Ferretti è impegnato a dirigere una fiction dal titolo Il giovane Ratzinger.
Non se ne farà nulla per i dissidi creativi tra la rete e il regista: c’è un limite a tutto. Anche al brutto.