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Dopo averlo portato il concorso a Berlino, Margarethe Von Trotta presenta al Bif&st 2023 (di cui fino a due anni fa è stata anche presidente) nella sezione Anteprime internazionali il suo Ingeborg Bachmann – Journey into the Desert, film ancora senza data di uscita in Italia.
Per la regista tedesca la poetessa è sempre stata un riferimento: “a scuola da bambina ho scritto poesie pensando a Lei, sono sempre stata legata alla sua poesia… Per cui questo film mi dava l’opportunità di parlare di una scrittrice tra le più importanti in Germania, anche se il rapporto con Max era meno conosciuto: ho trovato tante corrispondenze della sua storia e della sua poesia nella mia vita”.
La ricerca, come da prassi per la regista berlinese, è stata lunga e approfondita: “non ho avuto occasione di leggere la corrispondenza, però, tra i due amanti perché è stata pubblicata solo un mese fa. Ma ho consultato tanti articoli, interviste e discorsi come quello, per esempio, che fa a tutti gli uomini resi cechi dalla guerra. In Germania erano molti e ognuno riceveva un premio se scriveva alla radio per loro; così ha scritto due meravigliosi radiodrammi, come II buon Dio di Manhattan”.
Una vita burrascosa segnata da grandi amori, ha continuato la regista: “prima fu legata a Paul Celan, erano una coppia di poeti. Lo ha lasciato quando non voleva più scrivere poesie e ha incontrato subito uno scrittore di prosa, non di poesie. Un uomo che sembra stabile, sembra poterle dare protezione, ma lei voleva indipendenza e per un uomo del suo tempo era difficile da accettare”.
Il film segue costantemente un doppio binario temporale che sottolinea i due grandi amori di Bachmann: “non volevo fare una storia in ordine cronologico, così ho messo anche Adolf, quest'uomo giovane e gentile che incontra nel deserto. Lei ci ha scritto un libro mi ha aiutato molto. Dopo la fine del rapporto con Max Firsch ha provato talmente tanta sofferenza da tentare il suicidio. Ma Adolf la porta nel deserto, piano piano Ingeborg guarisce e ha l'impressione di poter vivere di nuovo”.
A incarnare l’eroina è Vicky Krieps che è stata scelta dalla regista quasi causalmente: “il film l'avrei fatto con Barbara Sukorowa con cui ho fatto tanti film, ma è troppo vecchia. Poi un giorno ho visto Phantom Thread (Il filo nascosto ndr) con Daniel Day Lewis. Mi ha talmente convinto questa giovane attrice che ho capito che doveva essere per forza lei Ingeborg Bachamann. Corsage (II corsetto dell’imperatrice ndr), invece, l'avevo visto dopo aver girato il film”.
La figura di Bachmann è, per tanti versi, legata all’Italia: “Roma era la sua città preferita, traduceva Ungaretti in tedesco magnificamente. Ha vissuto lì per anni prima di incontrare Firsch, poi si è spostata a Monaco. Ma lui l'ha portata con se a Zurigo e lei ne ha sofferto molto, come molti di noi che abbiamo vissuto a Roma e la preferiamo ovviamente a Zurigo (ride ndr)”.
La produttrice del film, invece, Bettina Prokemper, che fa anche parte della giuria internazionale del Bif&st 2023, ne ha ripercorso la genesi produttiva: “Mi sono unita al progetto due anni fa; è stato molto complesso perché abbiamo girato in sei paesi diversi. Mi sono trovata a coordinare un troupe che parlava più lingue e ho dovuto assicurarmi che la comunicazione tra i diversi paesi potesse funzionare. Per fortuna, però, Margarethe parla tutte le lingue dei pasi in cui abbiamo girato.”
“Con Bettina abbiamo fatto già Hannah Arendt, ma ci conoscevamo da molto prima. – ha chiosato la regista - L'idea di fare il film, però, era venuta ad una produttrice svizzera: Max Frisch era svizzero, ed era molto conosciuto nel suo paese. Voleva fare raccontare lui e mi aveva chiesto se volevo entrare nel progetto, ma per me sarebbe stato molto più interessante fare un film su Ingeborg Bachmann. Nel frattempo sono entrati altri due produttori dall’Austria e da Lussemburgo. Poi alla fine sono stata contentissima che si sia aggiunta anche Bettina perché è la produttrice più grande, potente e intelligente che c’è”.