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Casablanca
Spesso dietro ai grandi cult si nascondono genesi tempestose. Apocalypse Now di Francis Ford Coppola ha dato vita a disastri e calamità di ogni genere, raccontate nell’appassionante documentario Viaggio all’inferno. Per quanto riguarda il western, I cancelli del cielo di Michael Cimino è stato la pietra tombale della United Artists. Li potremmo definire: capolavori pericolosi. In pochi ricordano che anche il famoso Casablanca di Michael Curtiz (in sala in versione restaurata il 26, 27 e 28 giugno per celebrare i 100 anni della Warner Bros) è nato nella tempesta. Ma, a differenza di altri titoli, ha trionfato nel tempo, è diventato leggenda.
Il film è del 1941, però è uscito nel ‘42. Gli Stati Uniti erano appena entrati in guerra, il mercato era in difficoltà, i costi delle produzioni andavano ridimensionati. Casablanca viene girato tutto in studio, e non è un caso che la sequenza finale sia immersa nella nebbia, che nasconde ciò che non si può vedere. Come progetto non era un titolo su cui si puntava in modo particolare. Julius e Philip Epstein, insieme ad Howard Koch, avevano scritto una prima stesura del copione. Ma furono chiamati in fretta e furia da Frank Capra, che stava preparando Why We Fight e bisognava cedere il passo alla propaganda, nobile in questo caso.
Il regista Michael Curtiz aveva già firmato per la Warner due grandi successi: La leggenda di Robin Hood e Gli angeli con la faccia sporca, ma lo consideravano un abile e litigioso artigiano. Erano previsti molti attori stranieri, che non erano obbligati a modificare il loro accento. Il Marocco, durante la Seconda Guerra Mondiale, era terra di transito, quindi era credibile che si parlassero lingue diverse. E questo permetteva di chiamare interpreti di secondo piano che si potessero prendere a poco prezzo.
L’unico divo era Humphrey Bogart, perché Ingrid Bergman, anche se in ascesa, non aveva ancora fama internazionale. In Svezia aveva avuto un grande seguito con Intermezzo di Gustaf Molander, ma latitava la consacrazione hollywoodiana. Sarebbe arrivata proprio con Casablanca.
A rendere ancora più prezioso il film è stato uno dei nomi di punta dell’epoca, il compositore Max Steiner. Senza di lui, non avremmo il “suonala ancora Sam” che ha segnato l’immaginario di tante storie d’amore sullo schermo. Nella colonna sonora si destreggia tra varie identità. Fa risuonare imperiosa la Marsigliese, che si contrappone al Deutschland über alles imposto dai nazisti. E non manca ovviamente la musica araba.
L’elemento inusuale è che la canzone più conosciuta non l’ha composta Steiner. As Time Goes By arrivava da Broadway, ed era stata pensata dieci anni prima da Herman Hupfeld. Steiner ne centellina l’uso. Non la mette nei titoli di testa, ribalta la convenzione. La sentiamo più avanti, senza conoscerne il vero significato, su richiesta della Bergman a Sam che è al pianoforte. Ma è solo al secondo ascolto che si scatena in tutta la sua potenza. Il flashback spiega che cosa è avvenuto tra gli amanti, svela la natura di uno dei triangoli più celebri di tutti i tempi.
A Casablanca si respira un’aria di provvisorietà, si percepisce che ci si trova in un luogo di transizione, dove spie, patrioti e avventurieri si danno battaglia prima di fuggire verso nuovi lidi. A creare questa atmosfera contribuì il sistema di lavorazione, dovuto proprio a una sceneggiatura riscritta giorno per giorno. La parola d’ordine era improvvisare, e la Bergman se ne è lamentata più volte. Le battute definitive si scoprivano sul set, poco prima del ciak. La leggenda narra che nessuno sapesse dove andasse a parare la vicenda, quale fosse il vero finale. Ingrid Bergman in realtà si aspettava di restare con Bogart, e non di partire in aereo. Sarebbe stata un’idea di Curtiz, maturata durante le riprese.
Ma che cosa resta oggi di Casablanca? Il mito. Ci sono dei casi in cui basta il titolo per proiettare lo spettatore in un sogno a occhi aperti. Casablanca non è una capitale, non è una città. Potrebbe essere ovunque sul mappamondo. In realtà è una suggestione. Sospesa tra il deserto e una pista di decollo, rappresenta l’amore e la tragedia, il silenzio e la tempesta. Sui tavoli di un locale notturno si alternano i generi, le sfumature romantiche incontrano il war movie. Di pistole non se ne vedono molte, ma il conflitto scaturisce dagli sguardi, dalle tensioni tra i personaggi. A parte la sequenza della sfida tra gli inni, lo sventolare degli stendardi delle diverse fazioni scandisce l’andamento del film.
“Avremo sempre Parigi”, la battuta di Bogart prima di dire addio alla Bergman, è un sempreverde spesso omaggiato. Ma non dimentichiamo che Casablanca è anche un film scandito da regole precise. I due amanti non possono stare insieme perché entrambi hanno una missione da compiere. Lui riscopre il fervore per la patria, lei è la moglie di un paladino della resistenza, e non può lasciarlo. Curtiz mette da parte la passione e porta in primo piano gli ideali. L’aria del tempo detta la trama e le sue soluzioni. In questo senso, nella sua veste apparente di film d’avventura, Casablanca è a suo modo anche un film “politico”.
In tanti nei decenni hanno omaggiato il capolavoro di Curtiz. L’esempio più famoso è del 1972, e vede al centro Woody Allen nella parte del protagonista. Dietro la macchina da presa c’era Herbert Ross. Allen prestava il volto a un marito che aveva appena divorziato e, per imparare di nuovo a relazionarsi con le donne, si affidava al fantasma di Bogart. E non si tratta di un caso isolato. Pensiamo anche a Bogdanovich, a Ma papà ti manda sola?, dove Barbra Streisand seduce Ryan O’Neal sulle note dell’immortale canzone.
Sembra un gioco cinefilo legato solo agli anni Settanta, ma non è così. In La La Land di Damien Chazelle, Emma Stone è affascinata dalla Bergman, e a un certo punto compare anche la finestra di Rick e Ilsa di Parigi. Allied – Un’ombra nascosta di Robert Zemeckis è costruito sull’ambientazione di Curtiz. E non si può dimenticare Meg Ryan in Harry, ti presento Sally… di Rob Reiner: “Io non vorrei mai passare il resto della mia vita a Casablanca, sposata a uno che gestisce un bar”. In definitiva Casablanca è ancora oggi la favola per eccellenza del grande schermo, l’immaginario a cui ispirarsi, la Storia che domina il Sentimento. Un mito che, “col passare del tempo” (As Time Goes By), non si affievolisce ma ci affascina a ogni visione.