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Antonio Albanese in Grazie Ragazzi, regia di Riccardo Milani - Foto Claudio Iannone
Antonio (Albanese) osserva gli aerei e i treni passare dal suo monolocale a Ciampino, alle porte di Roma. Attore senza più una parte, sbarca il lunario doppiando film porno. Disincantato, e disilluso, accetta un lavoro offertogli da un vecchio amico e collega (Fabrizio Bentivoglio), assai più smaliziato di lui, come insegnante di un laboratorio teatrale all'interno di un istituto penitenziario.
Con quei cinque detenuti Antonio riscopre il fuoco della recitazione, la passione e la voglia di fare teatro, al punto di tentare l'impossibile: mettere in scena Aspettando Godot di Samuel Beckett su un vero palcoscenico teatrale.
Riccardo Milani e Antonio Albanese proseguono nel loro sodalizio (dopo i due Gatti in tangenziale e Mamma o papà?) per portare sullo schermo Grazie ragazzi, dal 12 gennaio nei cinema con Vision Distribution in circa 450 copie, remake del francese Un triomphe di Emmanuel Courcol, a sua volta ispirato ad un fatto vero accaduto in Svezia nei primi anni '80: "Non so mai definire bene i film che faccio, ma lo scopo è sempre quello di raccontare le cose, anche più complicate, per un pubblico più ampio possibile. Qui al centro di ogni cosa c'è l'umanità, quella dei detenuti, degli agenti di custodia, ma anche degli attori. Il personaggio di Antonio cerca di trovare umanità dove ormai forse è un po' schiacciata", dice Riccardo Milani, che aggiunge: "Quello che crediamo è che la cultura possa dare qualcosa alle persone e il carcere qui diventa luogo dove entra questa possibilità. Sono andato spesso a girare o a presentare alcuni miei film nelle carceri e ho scoperto che in quei contesti sono sempre esistite certe forme di attività inclusiva".
Prodotto da Palomar, Wildside - società del gruppo Fremantle e Vision Distribution, in collaborazione con Sky, Prime Video e Teodora Film, Grazie ragazzi ha permesso ad Albanese di ritornare con la mente ai suoi esordi: "Mi è sembrato di rivivere la stessa sorpresa dei miei inizi, considerando che intorno ai 22, 23 anni non pensavo minimamente di fare questo mestiere. Quello con il teatro, con la recitazione è stato un incontro casuale. Interpretare questo personaggio mi ha sorpreso e credo sia stato lo stesso per gli altri attori che hanno interpretato i detenuti, sono stati tutti molto bravi a "tatuarsi" addosso la disperazione di quel contesto. Credo fortemente poi che, al di là del carcere, avvicinarsi alla cultura diventi importantissimo per chiunque, ma mi sembra che oggi come oggi sia una cosa a cui si presta sempre meno attenzione. Il film racconta anche questo, del modo in cui con le nostre piccole cose possiamo aiutare a migliorare la vita di tutti. L'opera di Beckett poi è una parola senza tempo, straordinaria, piena di senso, ti riempie".
E giorno dopo giorno è proprio quello che accade con questi cinque detenuti (Vinicio Marchioni, Giorgio Montanini, Andrea Lattanzi, Giacomo Ferrara, Bogdan Iordachioiu), fino a quel momento lontanissimi dalla cultura e da qualsiasi forma espressiva, abituati ad un’esistenza destinata appunto all’attesa: "Credo che questo sia un film sugli ultimi, quelli di cui si parla quando c'è un'evasione o quando qualcuno in cella si suicida", dice Marchioni, che ricorda come proprio Aspettando Godot fosse il primo spettacolo che mise in scena negli anni della scuola di recitazione, e come Grazie ragazzi sia un film "che mette insieme cinema e teatro, quello che cerco di fare da 25 anni, alternandoli".
Proprio come Sonia Bergamasco, recentemente premiata con l'UBU per l'interpretazione a teatro di Chi ha paura di Virginia Woolf?, qui al terzo film diretta da Riccardo Milani nei panni della direttrice del carcere: "Abbiamo cercato di capire insieme che sfumature dare a questo personaggio, è stata un'esperienza nuova, diversa, una storia vera con un finale riscritto".
Senza cedere allo spoiler, il finale è diverso dalla storia realmente accaduta in Svezia nell'85 e dal film francese, e per quanto riguarda la rilettura di Un triomphe, lo sceneggiatore Michele Astori spiega: "Quando abbiamo visto il film la prima domanda che ci siamo fatti è stata come non rovinarlo. Abbiamo provato a renderlo più largo, popolare, e più italiano. Gli elementi potenti sono due, il mondo carcerario e il mondo dell'arte che si incontrano, per trasformarsi in una possibilità di riscatto".