PHOTO
© 2024 Disney/Pixar. All Rights Reserved.
“Un sequel di Inside Out non era in programma. Lo stesso regista, Pete Docter, non l’aveva considerato. Poi il film è uscito, il pubblico l’ha amato e abbiamo capito che c’era bisogno di un altro capitolo”. A parlare è Mark Nielsen, produttore di Inside Out 2, sequel del film Disney e Pixar del 2015, che arriva nelle sale italiane dal 19 giugno già forte dei quasi 300 milioni di dollari raccolti nel clamoroso weekend d’esordio (è la miglior apertura di sempre per un film d’animazione). Al posto di Docter, c’è Kelsey Mann, per la prima volta regista di un lungometraggio: “Inside Out ha insegnato ai bambini come parlare delle emozioni. Spesso capiscono i film più degli adulti. Stavolta ci siamo espansi verso sentimenti più complessi”.
In questo secondo capitolo, Riley è diventata adolescente e il quartier generale delle sue emozioni – presidiato da Gioia, Tristezza, Rabbia, Paura e Disgusto – viene improvvisamente demolito per far posto ad altre abitanti: Ansia, Imbarazzo, Invidia ed Ennui (Noia, con un che di francese). La convivenza si dimostra subito complicata: il banco di prova è una specie di ritiro estivo da cui dipende il destino di Riley come giocatrice di hockey nella squadra del suo futuro liceo.
Nel momento cruciale della pubertà, lo sport si configura quale spazio di crescita e scoperta di sé: “È un’‘isola della vita’ che l’avvicina al padre – spiega Nielsen – ma è anche un mondo dominato da pressione, competizione, gioco di squadra”. “Ci sono molti film che affrontano l’adolescenza attraverso l’amore, anzi la cotta – aggiunge Mann – ma ho voluto fare qualcosa di diverso. Guardando le mie foto da bambino ho capito che odiavo le attenzioni altrui. Non mi sentivo mai all’altezza. Da questo senso di inadeguatezza abbiamo sviluppato la storia”. Come nel primo film, anche qui è stato fondamentale l’apporto degli psicologi. Stefania Andreoli, psicoterapeuta tra i nomi di punta della divulgazione soprattutto tra i più giovani, ha collaborato all’edizione italiana.
Ai doppiatori già presenti in Inside Out, cioè Stella Musy (Gioia), Melina Martello (Tristezza), Paolo Marchese (Rabbia), Daniele Giuliani (Paura) e Veronica Puccio (Disgusto), si uniscono altri cinque talent. Pilar Fogliati dà la voce ad Ansia: “Rispetto a quando avevo tredici anni, ora c’è più curiosità: gli adolescenti hanno l’ossessione di conoscersi e sapere come siamo fatti. E che si parli di ansia è importante: non è cattiva, nessuna emozione lo è, ma deve capire come usare quel troppo amore. Il suo lavoro è preoccuparsi dei problemi che non si vedono. Per noi trentenni, l’ansia è un argomento centrale, perciò non ho avuto difficoltà a capire i problemi di Riley”. Sara Ciocca, classe 2008, è Riley: “Sono confusa come lei, vivo nel disordine mentale. È un periodo in cui non capisci niente, ti chiedi chi stia pilotando la tua mente, sei sempre in imbarazzo. Interpretarla è stata un’esplorazione interiore”.
A Deva Cassel il ruolo di Ennui: “Mia mamma (Monica Bellucci, ndr) mi ha cresciuta con il valore della noia: serve a riflettere, aprire la mente, pulire le idee. Lei e mio padre (Vincent Cassel, ndr) hanno sempre avuto aspettative su di me, ma mi hanno insegnato a seguire i miei desideri e i miei bisogni. Ho 19 anni, alla nostra età cambiamo continuamente”. Marta Filippi è Invida (che, come rivelato da Mann, aveva una gemella omozigote poi eliminata in fase di scrittura perché sentimento poco “adolescenziale”: Gelosia): “Spesso ha un’accezione negativa, in realtà in lei c’è ammirazione. È più piccola perché si sente inferiore, guarda tutti dal basso, si sente inadeguata, anela modelli di ragazze cool”. I silenzi di Imbarazzo spettano a Federico Cesari, la cui voce sentiamo solo nel finale: “È l’emozione su cui si fonda il nostro lavoro, ti fa confrontare con te stesso, ti riporta all’essere bambino, a esplorare libertà”.
Sul terzo capitolo produttore e regista nicchiano: “Se avete un pitch fateci sapere – scherza Mann – anche perché al momento non ci sono piani. Ci sono tante emozioni da sviluppare, altri mondi da scoprire. A qualche idea abbiamo dovuto rinunciare ma ci piacerebbe recuperarla: per esempio, nella mente di Riley c’era spazio anche per la terra della procrastinazione…”.