Artisticamente nacque attore, Alessandro D’Alatri, morto oggi a Roma all’età di 68 anni, anche se di fronte alla macchina da presa ci è stato una manciata di volte. Il tempo di farsi dirigere da Vittorio De Sica, che lo volle come versione adolescenziale del protagonista de Il giardino dei Finzi Contini, e da Sandro Bolchi, per cui fu il figlio di un capitano ridotto in miseria e bullizzato dai compagni di scuola nello sceneggiato I fratelli Karamazov.

Niente male per uno che poi, negli anni Ottanta, trova una strada dietro la macchina da presa. D’Alatri, infatti, si consacra tra le punte di diamante della regia pubblicitaria, nome di punta in una “età dell’oro” che ha visto muovere i primi passi anche a Riccardo Milani e Luca Lucini. È un’attività che D’Alatri ha continuato anche dopo l’esordio nel lungometraggio, girando oltre un centinaio di commercial, tra i quali i mitici spot della Telecom con Massimo Lopez (“una telefonata allunga la vita”).

Al cinema ci arriva nel 1991, con Americano rosso, commedia disinvolta sullo sfondo di un’estate fascista che gli vale il David di Donatello come miglior esordiente (ex-aequo con Sergio Rubini per La stazione: superano Antonio Monda, Christian De Sica e Michele Placido) e il Ciak d’Oro per l’opera prima.

Senza pelle © ISTITUTO LUCE
Senza pelle © ISTITUTO LUCE

Senza pelle © ISTITUTO LUCE

Tre anni dopo viene invitato alla Quinzaine des réalisateurs con l’opera seconda, Senza pelle, quasi sicuramente il suo capo d’opera, storia dell’ossessione amorosa di un giovane instabile per una donna sposata. Qualche mese più tardi, riceve il premio del pubblico del Festival di Locarno. Il film ha un discreto successo, le grandi prove di Kim Rossi Stuart e Anna Galiena restano nella memoria, D’Alatri vince il David di Donatello, Nastro d’Argento e Ciak d’Oro per la sceneggiatura.

Nel 1998 va in Concorso alla Mostra di Venezia con quello che forse resta il suo film più controverso, I giardini dell’Eden, racconto della vita di Gesù (Rossi Stuart, in un bel salto rispetto alla precedente collaborazione con il regista) dall’adolescenza ai trent’anni tratto dai vangeli apocrifi. L’accoglienza non è delle migliori ma, nell’arco di un decennio, D’Alatri si manifesta regista quantomeno eclettico, sempre disponibile a cambiare pelle, a misurarsi con i contesti più differenti.

Tant’è che, al di là dei risultati, nella sua carriera nessun film si somiglia. Con Casomai (2002), scritto da Gennaro Nunziante e Domenico Starnone, storia di un matrimonio in crisi, rinsalda il legame con il pubblico, offrendo una grande occasione a Stefania Rocca e inventando Fabio Volo come attore. Lo riprende nel film successivo, più ambizioso e amaro, La febbre (2005), affresco istintivo e generoso sull’Italia dei mediocri sotto le stelle della commedia all’italiana. Le musiche sono dei Negramaro, per cui dirige il videoclip di Mentre tutto scorre, il primo successo della band pugliese. È solo uno dei tanti videoclip realizzati da D’Alatri, che ha lavorato anche con Renato Zero, Laura Pausini, Elisa, Articolo 31.

Casomai © 01 DISTRIBUTION
Casomai © 01 DISTRIBUTION

Casomai © 01 DISTRIBUTION

Ritorna alla commedia all’italiana nel Natale del 2006, con la risposta “elegante” (beh...) al cinepanettone: il “cinepandoro” Comemediasexi tenta la carta di un sordeggiante Paolo Bonolis, ritrova Rocca, ricompone la coppia formata da Sergio Rubini e Margherita Buy, gioca con lo scandalo di Vallettopoli e prova a fare una diagnosi sul pecoreccio nostrano tra politica, televisione e cucina. Va bene al botteghino ma l’operazione è un po’ superficiale.

Mai accomodato sugli allori, D’Alatri cambia pelle, nel 2010 prende un romanzo di Anna Pavignano e ne fa un coming of age tra il sentimentale e il civile, Sul mare. Poi un silenzio di sette anni, il ritorno con The Startup, poco riuscita risposta italiana a The Social Network (ma è la materia iniziale a essere quantomeno fragile).

Negli ultimi anni trova spazi nella manovra in televisione, dando impulso al rinnovamento della serialità Rai e restando curiosamente sempre nel perimetro napoletano: il tv movie In punta di piedi (2018), la seconda stagione de I bastardi di Pizzofalcone (2018), la prima de Il commissario Ricciardi, Un professore (2021). Esperienze non solo fortunate sul piano degli ascolti, ma anche in grado di offrire al pubblico generalista atmosfere, ritmi e suggestioni meno scolastiche rispetto ai prodotti del passato.