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Alba Rohrwacher in Mi fanno male i capelli
“Monica Vitti è stata ed è un punto di riferimento per me attrice, per me studentessa di cinema e per me spettatrice. Un’interprete immensa, sublime, che ha nutrito la mia formazione e che ha nutrito il mio immaginario. Questo lavoro ha consolidato e spostato questo rapporto su un piano ancora più intimo, perché arrivare ad ipotizzare un dialogo immaginario con lei ha fatto sì che si creasse una sorta di spostamento del mio personaggio, processo a cui siamo arrivate in maniera autentica”.
Alba Rohrwacher è la protagonista di Mi fanno male i capelli , nuovo film di Roberta Torre oggi in concorso Progressive Cinema alla Festa di Roma e da domani, 20 ottobre, in sala con I Wonder Pictures e Unipol Biografilm Collection.
L’attrice interpreta Monica, una donna che sta perdendo la memoria e trova il modo di ridare senso alla sua vita identificandosi con i personaggi dei film interpretati da Monica Vitti. Si veste come lei, la imita, ricrea le scene dei suoi film. Edoardo (Filippo Timi), che la ama profondamente, lascia che questo gioco diventi la loro nuova realtà…
“In primo luogo questo è un film sulla memoria, tema sul quale lavoro da anni”, rivela la regista Roberta Torre, che aggiunge: “Tra le varie fonti d’ispirazione c’è stata anche la vicenda di Johnny Rotten, l’ex frontman dei Sex Pistols, che qualche anno fa dichiarò di non potersi più occupare di altro per stare al fianco della moglie malata di Alzheimer. La storia di Monica Vitti è stata ovviamente emblematica, leggendo le sue riflessioni ho trovato delle cose interessantissime, per un’attrice la memoria rappresenta un baluardo ma anche una necessità. ‘Ai fatti prediligo le emozioni, però i fatti mi aspettano sempre in fondo al viale’, una delle tante sue frasi che mi colpì profondamente: il cinema è esso stesso materia della memoria, con il cinema possiamo ricordare, dimenticare, possiamo fare a pezzi e ricomporre i ricordi”.
A chi le chiede se qualcuno potesse scorgere nel film una sorta di “intrusione illecita” nella vera storia di Monica Vitti (morta nel 2022, dopo aver lottato per anni con la demenza a corpi di Lewy) e il marito Roberto Russo, la regista risponde: “Ognuno può vedere quello che vuole, ci mancherebbe, da parte mia non era certo quella l’intenzione. Con Roberto Russo abbiamo parlato all’inizio della lavorazione, il film è stato concepito prima che la Vitti morisse, ci lavoro dal 2018: prima l’ho scritto e dopo ho iniziato a lavorare sul repertorio. I film che abbiamo scelto erano quelli che potessero entrare in questa scrittura, film che potessero interagire con le battute degli attori, per costruire un continuo dialogo tra il repertorio e le interpretazioni di Alba e Filippo”.
A proposito degli interpreti, Roberta Torre spiega che “ogni volta scelgo attori che so già in partenza mi possono dare qualcosa in termini creativi, perché non li considero meri esecutori di una parte, ma creatori a tutti gli effetti, con la loro voce, il loro corpo, la capacità di fornire spunti durante le riprese. Alba Rohrwacher ha fatto un viaggio che non era quello di identificazione ma di rapporto con Monica Vitti, un lavoro di incontro come se la Vitti fosse l’amica che tutti vorremmo avere per parlare con lei di qualunque cosa. Filippo Timi invece detiene i crismi del maschile che accudisce, con tenerezza, una cosa che amo profondamente”.
E proprio Filippo Timi ritorna alla metà degli anni ’80 per ritrovare la “sua” immagine più nitida di Monica Vitti: “Quando la vidi su un piccolo tv color in Polvere di stelle ricorda la sorpresa di ritrovarla goffa eppure bellissima, la sentivo accessibile, mi sembrava o forse capisco oggi che quelle fragilità ci appartenessero. Mi faceva ridere e piangere allo stesso modo ed è quello che riescono a fare solamente i grandi personaggi, i grandi attori. E in questo film di Roberta, che ritengo magico e vorrei che le persone a cui tengo vedessero, mi sono permesso la libertà, il coraggio di andare ad usare quei pennarelli Carioca dal colore che magari non usi spesso, gradazioni meno note diciamo”.
Alba Rohrwacher invece ricorda “la proiezione alle 8.30 di mattina di La notte al Centro Sperimentale di Cinematografia: avevo 20 anni, per la prima volta vedevo un film con Monica Vitti al cinema, fu una folgorazione, mi toccò profondamente anche per il modo in cui lei emergeva”.
E per quanto riguarda il coraggio di concepire, realizzare e interpretare un film simile, l’attrice risponde: “Ci siamo mossi in questo microcosmo che Roberta ha costruito per noi raccontando questi personaggi gentili. Se le scelte sono dettate dalla passione, dall’amore, dalla fiducia nel cinema, la paura si supera. La paura sta lì, certo, ma puoi andare avanti, è il rispetto con il quale noi abbiamo affrontato questa avventura, l’amore assoluto con il quale abbiamo raccontato questi personaggi, il candore con il quale la mia Monica guarda la grandissima Monica. Cerchiamo di essere onesti nel fare certe cose, non c’era bisogno di fare un film in cui un’attrice cerca di interpretare Monica Vitti, qui si tratta di un personaggio che avvicina la Vitti ma non la incarna”.
Un progetto, come racconta ancora Alba Rohrwacher, che ha avuto una sorta di “benedizione” partendo dai costumi, ideati da Massimo Cantini Parrini, (“non una riproduzione, perché sarebbe stato ridicolo, ma una rievocazione”, dice la regista): “Il costume ispirato a Polvere di stelle è stato confezionato dalla stessa sartoria che all’epoca aveva fatto quelli per il film originale anche quelli per La notte. Il sarto che allora era un ragazzino ci ha detto che l’abito originale, ormai un po’ consumato, era conservato nella stanza a fianco: ‘Nessun altro lo ha mai provato’, ci ha detto, invitandomi a provarlo. E mentre lui, inchinato di fronte a me, abbottonava tutti quei piccoli bottoni, abbiamo percepito che l’amore con il quale affrontavamo questo personaggio coincideva con il rispetto e la gentilezza che un omaggio simile dovesse avere. E abbiamo capito che era giusto lo portassimo avanti”.
Mentre sul fronte personale, l’attrice – anche in relazione alle tante colleghe come Cortellesi, Buy, che con le loro opere prime sono in questa edizione della Festa – è sicura: “Esordire alla regia? Non è nei miei progetti”. A chi le chiede il motivo, risponde: “Perché faccio l’attrice, sono un’attrice. E mi piace che siano gli altri a farmi atterrare in altri pianeti”.
Una produzione Stemal Entertainment con Rai Cinema, prodotto da Donatella Palermo, Mi fanno male i capelli si avvale anche della colonna sonora originale di Shigeru Umebayashi, il compositore di (tra gli altri) In the Mood for Love, che la Festa del Cinema di Roma omaggia quest’anno con il Premio alla Carriera.