Una volta incontrato nell’Aldilà, a Dio avrebbe chiesto di rivedere sua padre e sua madre finalmente insieme. Per Alain Fabien Maurice Marcel Delon, nato a Sceaux (Hauts-de-Seine) l'8 novembre 1935, la famiglia è stata il tarlo di una vita. Dal fatidico divorzio dei genitori in poi era stata tutta una ricerca per ritrovarne una. Il padre, il gestore di un piccolo cinema di quartiere, lo aveva abbandonato. La madre, una commessa di farmacia, si era risposata con un salumiere, ma Alain si era sentito di troppo in quel nucleo di seconda mano.

Allora aveva vagabondato. Prima la famiglia adottiva, poi il collegio, quindi la marina francese, con cui a 17 anni si imbarca per servire in Indocina. Dopo 11 mesi di prigione viene congedato per indisciplina. Gli strascichi del primo abbandono gettano i semi per un carattere non facile, scontroso, indisciplinato.

La famiglia sarebbe rimasto il suo cruccio anche negli ultimi tormentati giorni, vissuti in una penosa Dynasty familiare, con i tre eredi ferocemente contrapposti per ragioni di cuore e di denaro: i due figli maschi da una parte, Anthony e Alain-Fabien, e l’unica femmina Anouchka, la favorita del papà, dall’altra. Storia recente. Non una bella pagina, che la morte dell’attore inevitabilmente riaprirà di nuovi non edificanti dettagli. Ma Delon di figli ne aveva avuto un altro, mai riconosciuto: Ari, nato dalla relazione con la cantante dei Velvet Underground Nico, morto nella totale indigenza dopo anni di dipendenza dall’eroina il 20 maggio 2023.

E dire che una volta aveva dichiarato di aver fatto bene tre cose nella sua vita: il lavoro, le stupidate e i suoi figli. Ha amato molto, meno comunque di quanto non lo fosse stato. Era nato per amare le donne, aveva confessato. Non si contano le storie, i flirt. Di alcune non sapremo mai nulla. Altre resteranno immortalate nel gossip sentimentale del divo: da Romy Schneider a Mireille Darc a Dalida. Della Bardot, che nei favolosi anni 60 era considerata l’analogo femminile di Delon quanto a bellezza, sarebbe stato invece amico di lungo corso. Si era sposato solo una volta, con Nathalie Delon nel 1964, da cui aveva divorziato quattro anni dopo. Una donna gli aveva regalato il biglietto d’ingresso nel mondo del cinema, l'attrice Brigitte Auger, che Delon segue in un viaggio al Festival del Cinema di Cannes, dove inizia la sua carriera di attore.

Alain Delon in Rocco e i suoi fratelli (1960) © TITANUS
Alain Delon in Rocco e i suoi fratelli (1960) © TITANUS

Alain Delon in Rocco e i suoi fratelli (1960) © TITANUS

 

Una carriera segnata indubbiamente dalla sua folgorante bellezza. Non la viveva come una condanna ma si rammaricava se qualcuno glielo faceva notare. Si era sforzato perciò di dimostrare anche quanto fosse bravo. L’opportunità gli viene data per primo da Visconti, che lo dirige magnificamente in Rocco e i suoi fratelli (1960), in cui Delon incarna alla perfezione il proletario viscontiano introverso e malinconico, nobile d’animo e destinato alla sconfitta. Sempre Visconti, che Francesco Piccolo ne La bella confusione rivela avere un’infatuazione per l’attore, lo innalza alla imperitura grandezza nel ruolo di Tancredi ne Il Gattopardo (1963), dove Delon dà vita a un personaggio stendhaliano, esuberante e vitale in un ambiente dominato dalle ombre. In mezzo c’era stata la chiamata di Michelangelo Antonioni ne L'eclisse (1962), a fianco di Monica Vitti.

Alain Delon e Monica Vitti ne L’eclisse (1962), @Webphoto
Alain Delon e Monica Vitti ne L’eclisse (1962), @Webphoto

Alain Delon e Monica Vitti ne L’eclisse (1962), @Webphoto

Se in Italia predilige il lavoro con gli autori, in Francia non disdegna il grande cinema commerciale di quegli anni, partecipando ad alcuni dei polar di maggior successo come Colpo grosso al Casinò di Henry Verneuil (1963), dove duetta con il più popolare attore francese del tempo, Jean Gabin. Gli anni sessanta sono quelli della consacrazione pubblica dell’attore, un decennio in cui le sue tormentate vicende private sembrano tutt’uno con i personaggi amorali e privi di scrupoli che interpreta sul grande schermo. Una maschera ambigua, colta superbamente da Jean-Pierre Melville, che gli cuce addosso la figura del sicario dolente nel noir Frank Costello faccia d'angelo (noto anche con il titolo originale francese: Le samouraï ,1967).

Alain Delon e Claudia Cardinale ne Il Gattopardo (1963) © TITANUS
Alain Delon e Claudia Cardinale ne Il Gattopardo (1963) © TITANUS

Alain Delon e Claudia Cardinale ne Il Gattopardo (1963) © TITANUS

Il polar è stato il suo genere d’elezione anche negli anni settanta, inaugurati dal duetto con il mitico Jean-Paul Belmondo in Borsalino (1970) di Jacques Deray. Non sarebbero però mancate ulteriori incursioni nel cinema d'autore: nel 1972 sostituisce Marcello Mastroianni ne La prima notte di quiete (1972) di Valerio Zurlini, dando vita a uno dei personaggi più intriganti e amari della sua filmografia; nel 1976 è Mr. Klein (1976) per Joseph Losey, nei panni di un usuraio alsaziano perseguitato dal suo “doppio” nella Francia occupata dai nazisti. Siamo all’apice di una carriera che declinerà malinconicamente negli anni successivi, tra tentativi di rilancio fuori tempo massimo, esperimenti produttivi e di regia ( Per la pelle di un poliziotto , 1981; Braccato , 1983) e incursioni nella fiction televisiva. Nel 1990 corona il sogno di lavorare con un altro gigante del cinema Francese, Jean-Luc Godard, che lo dirige in Nouvelle vague ( 1990).

Delon in Frank Costello - Faccia d'angelo - Il Samurai, @Webphoto
Delon in Frank Costello - Faccia d'angelo - Il Samurai, @Webphoto

Delon in Frank Costello - Faccia d'angelo - Il Samurai, @Webphoto

Se l’interesse per i suoi ruoli inizia a scemare dagli anni ottanta in poi, lo stesso non può dirsi per le sue intemerate private alimentate da amori burrascosi, amicizie scomode e dichiarazioni controverse sulla politica – Delon non ha mai nascosto le sue simpatie per la destra francese e il Front National – e l’omosessualità. Uscite che non gli sono state perdonate da una buona fetta del pubblico transalpino, tant’è che nel 2019, al momento della consegna della Palma d’Oro d’onore, viene contestato.

Non sapremo mai se Delon è morto sereno. Certo è che l’idea della fine lo ha tenuto impegnato parecchio in questi anni. Nel 2005 aveva anche annunciato il suo suicidio (“Una cosa da Ernest Hemingway e Romain Gary, una cosa da grandi uomini”) per via della depressione seguita alla fine della sua relazione con Rosalie van Breemen. Poi ci aveva ripensato.
Nel 2018 era tornato sul tema in un’intervista a Paris Match dove aveva rivelato profondo dispiacere e stanchezza per la vita: “Non mi dà più molto. Ho conosciuto tutto, ho visto tutto. Ma soprattutto, odio questa epoca, la rigetto", aveva detto. "Ci sono degli esseri che odio. Tutto è falso, tutto è distorto, non c'è rispetto, niente più parole d'onore. Conta solo il denaro. So che lascerò questo mondo senza rimpianti".

L’anno seguente, a Cannes, nella lettera di ringraziamento per la Palma d’oro onoraria, si mostra più pacificato: ''Il giorno dopo questa Palma d'Oro onoraria, mi sento di ringraziare tutti coloro che in un modo o nell'altro mi hanno dimostrato il loro affetto, la loro simpatia, e non solo. Affinché il mio viaggio giunga al termine, voglio dirlo: Ho conosciuto tante passioni, tanti amori, tanti successi e fallimenti, tante polemiche, tanti scandali, vicende oscure, tanti ricordi, tanti appuntamenti mancati e incontri estemporanei, tanti alti e bassi che anche quando sono onori diventano poco più che ricordi vani e lontani, c'è solo una cosa che brillerà con la sua costanza e longevità: tu, tu solo, a te che hai fatto quello che sono, e che farai quello che sarò, dovevo dirlo; a te. Grazie, grazie, grazie!''.
Il mese dopo viene colto da un ictus e inizia il suo calvario sanitario e familiare.

Delon passa i suoi ultimi anni nella casa di campagna di Douchy, in compagnia del suo cane Loubo. Le sue condizioni di salute si aggravano in seguito alla comparsa di un linfoma. Iniziano le diatribe tra i figli sui trattamenti medici da mantenere e sul luogo in cui trasferire il padre per le cure. Nel mentre spunta anche una sedicente dama di compagnia giapponese, Hiromi Rollin, che dichiara di voler denunciare tutti e tre i figli per tentato omicidio. Sono gli ultimi effetti pirotecnici di una vita fuori misura.

Il 18 agosto 2024 Alain Delon muore per le complicazioni da linfoma. Scarno il comunicato della famiglia: "Alain Fabien, Anouchka, Anthony, oltre che il suo cane Loubo, hanno l'immensa pena di annunciare la dipartita di loro padre. Si è spento serenamente nella sua casa di Douchy, con accanto i suoi figli e i suoi familiari. La famiglia vi chiede di rispettare la propria intimità in questo momento di lutto estremamente doloroso".