(Cinematografo.it/Adnkronos) – A 13 anni dall’uscita al cinema di ACAB, diretto da Stefano Sollima, i “tre celerini bastardi” tornano sullo schermo nell’omonima serie Netflix diretta da Michele Alhaique e ispirata all’omonimo libro di Carlo Bonini.

Il racconto parte da una notte di feroci scontri in Val di Susa. Una squadra del Reparto Mobile di Roma resta orfana del suo capo, che rimane gravemente ferito. Quella di Mazinga (che dopo il film torna ad essere interpretato da Marco Giallini), Marta (Valentina Bellè) e Salvatore (Pierluigi Gigante), però, non è una squadra come le altre, è Roma, che ai disordini ha imparato ad opporre metodi al limite e un affiatamento da tribù, quasi da famiglia.

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Marco Giallini e Donatella Finocchiaro in ACAB - La serie - Courtesy of Netflix

Dal 15 gennaio su Netflix in 6 episodi - prodotti da Cattleya (parte di ITV Studios) - “è un serie che abbiamo ritenuto urgente da raccontare perché tratta il tema universale e attuale della dialettica tra ordine e caos”, spiega la vicepresidente per i contenuti italiani di Netflix Tinny Andreatta. Questa “è una storia che utilizza gli stilemi di un genere, action e crime, ma va al di là per affondare lo sguardo su un sistema complesso che è la rabbia repressa, la disillusione dei nostri protagonisti, poliziotti e società che li circonda”, ha aggiunto Andreatta.

Il film è uscito quando la ferita del G8 di Genova e della caserma Diaz bruciava ancora. La serie, invece, arriva in giorni animati da scontri in alcune città italiane, a partire da Roma e Milano, per Ramy Elgaml, il ragazzo che ha perso la vita dopo un inseguimento con le forze dell’ordine, il 24 novembre a Milano.

"A distanza di anni il tema del conflitto resta attuale ma qualcosa è cambiato: c'è più consapevolezza, a partire dal fatto che la polizia ha una scuola di ordine pubblico, ai reparti mobili vengono date in dotazione le body cam e, soprattutto, le donne hanno fatto ingresso nella celere", spiega Carlo Bonini. "Ogni volta che si crea un caso come quello di Ramy Elgaml la domanda che ci si pone è ‘sto con o contro la Polizia?’. Ma in questa vicenda è necessario capire se chi ha inseguito quel ragazzo abbia agito secondo le regole oppure no. E proprio perché lo Stato ha il monopolio della forza deve essere rigoroso nel perseguire e punire coloro che usano questo monopolio in maniera illegittima”. Secondo il giornalista e co-sceneggiatore “in quei momenti concitati le decisioni vengono prese in 20 secondi e in condizioni di stress altissimo" ed è per questo che "sulla condizione psicologica ed emotiva dei poliziotti ci dovrebbe essere maggiore attenzione".

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Valentina Bellè in ACAB - La serie - Courtesy of Netflix

Presente in conferenza anche Stefano Sollima, qui nel ruolo di produttore esecutivo: "Il film è stata un’esperienza che mi ha segnato sia dal punto di vista lavorativo che umano. Mi ha insegnato ad avere il giusto punto di vista su ciò che si racconta. E questa è una storia che puoi girare solo facendo un passo indietro senza giudicare niente e nessuno, portando il pubblico a riflettere e a porsi delle domande".