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Maia (Eleonora Conti) è continuamente bullizzata a scuola. I compagni la chiamano "mezza femmina" o "lesbica di me..a", semplicemente perché è un po' un maschiaccio e perché è l'unica femmina nella squadra di hockey.
Nel piccolo paese dell'Appennino emiliano la vita è dunque piuttosto dura per la giovane sedicenne, che vive isolata da tutti. Solo Vanessa (Susanna Acchiardi), l'intrigante fidanzata di un giocatore della squadra, riuscirà un minimo a farla aprire e a farle confessare i dubbi sulla propria identità.
E' questa la storia di Zen sul ghiaccio sottile (la sceneggiatura aveva già vinto una menzione speciale al Premio Solinas) dell'opera prima di Margherita Ferri, classe 1984, che è stata presentata alla Mostra del cinema di Venezia all'interno del Biennale College.
Un romanzo di formazione che segue il percorso emotivo di un'adolescente in conflitto con la propria identità di genere. Motivo per il quale si sente incompresa, ed è di continuo esclusa e discriminata dai suoi coetanei. La regista porta in sala con autenticità una storia che mette al centro la fragilità di un'età complicata e difficile.
Lo fa senza cadere nella banalità e lasciando trasparire le ferite dell'anima attraverso le immagini (come le suggestive scene dei grandi ghiacciai del mondo in trasformazione) e attraverso lo sguardo della protagonista (l'esordiente Eleonora Conti, davvero brava).
Nella seconda parte però alcuni passaggi del film diventano poco chiari e sembrano risentire di quella stessa incertezza d'identità che viene raccontata e che chiede chiarimenti. A parte i troppi tempi morti, soprattutto le turbolenze interiori e i relativi comportamenti che ne conseguono meritavano una spiegazione psicologicamente più approfondita. Degna di nota è la bella fotografia di Marco Ferri.