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Zathura
Pesca una carta e l'avventura ha inizio! "Doccia di meteoriti - trovate un'alternativa", recita la prima. Una decina di anni fa erano irrequieti e pericolosi animali della giungla ad invadere un tranquillo borgo del New England. Ora il gioco si trasferisce nello spazio. A calabroni giganti, scimmie dispettose, rinoceronti imbizzarriti e spaventosi rampicanti si sostituiscono meteoriti a grappolo, un robot ottuso e micidiale, lucertoloni affamati e un astronauta disperso e un poco stupido. Si tratta di Zathura, gioco-film che dell'affine Jumanji sembra essere la prosecuzione tardiva, grazie alla comune ispirazione del soggetto frutto dell'arguta penna di Chris Van Allsburg. Presenza poco carismatica oggi di Tim Robbins, molto più divertente la precedente di Robin Williams. Così come diversa, e in difetto, la simpatia dei due giovanissimi protagonisti e l'andamento a sorpresa della regia, questa volta di Jon Favreau. Ma il senso dell'avventura e dell'imponderabile che inaspettatamente invadono, grazie ad un innocuo "board game", la quieta e ripetitiva realtà di una famiglia, non mancano: la casa di Danny e Walter è risucchiata nello spazio mentre la petulante sorella si congela subito, la competizione si fa ansiogena e la fine (del gioco, del film) irta di inaspettate sorprese. E' questo il senso della fiaba moderna, che per fortuna alla violenza sostituisce l'imponderabile fascino della fantasia.