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Workingman's Death
Viaggio nel mondo del lavoro manuale in cinque tappe e altrettanti Paesi. "Eroi", Ucraina: uomini e donne auto-reclusi in miniere di carbone dismesse, costretti a lavorare e mangiare in cunicoli alti mezzo metro. "Fantasmi", Indonesia: lavoratori delle miniere a cielo aperto di zolfo. "Leoni", Nigeria: mattatoio di bovini e ovini, uomini con i piedi immersi nel sangue, teste, budella e carcasse animali. "Fratelli", Pakistan: operai impegnati a disarmare navi in disuso con la fiamma ossidrica, prostrati dalla fatica, sospesi tra inumanità e solidarietà. "Futuro", Cina: gli altiforni dei genitori, le scelte dei figli. Epilogo a Duisburg, Germania: una fonderia trasformata in attrazione turistica. Questa la scarna sinossi del documentario firmato dal veterano austriaco Michael Glawogger, che ha scosso gli Orizzonti della Mostra di Venezia 2005. Sbattuto sullo schermo è lo sfruttamento del lavoro manuale: potremmo parlare di exploitation-documentary. Uno sfruttamento ricercato in aree diverse interlacciate da Glawogger, che affastella immagini crude e disperate sul filo rosso del fuoco: il carbone, lo zolfo, le fiamme per arrostire gli scarti animali, i saldatori, gli altiforni. Fuoco che consuma la dignità umana, ottunde corpi e debilita coscienze. Fuoco che ustiona senza scaldare. A noi toccano i bagliori, con la speranza espressa dal regista: "E allora, incominciate a vederci chiaro?".