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Una guerrigliera fai da te e una piccola eroina bambina che resta sullo sfondo, fino alla fine. Woman at War (alla Semaine de la critique) parla di eroismo femminile attraverso la formula curiosa di un action movie fai da te che conferma il talento originale e bizzarro di Benedikt Erlingsson, già apprezzato con l’esordio Of Horses and Men del 2014.
Qui Erlingsson racconta di Halla, un’insegnante di musica nella quale si nasconde una bio-terrorista che fa saltare centrali elettriche e fabbriche. Mentre la polizia le dà la caccia, lei si deve occupare anche del suo sogno di diventare madre, visto che la sua domanda di adozione di una bimba ucraina sopravvissuta alla guerra è stata accettata.
Nessuna melensaggine però nello script di Erlingsson e Òlafur Egil Egilsson che anzi mescola un film d’avventura curioso col racconto di famiglia iniettandovi una certa dose di umorismo.
Una miscela per nulla semplice ma perfettamente in linea con lo spirito ardimentoso di Erlingsson, il quale sa equilibrare un humour scandinavo sempre sul filo della bizzarria (i musicisti che compaiono a suonare la colonna sonora e che fungono da vero e proprio coro, in senso classico) con il sentimentalismo ben temperato e con un senso dell’avventura e della suspense molto originale che trova nella natura e nei luoghi, nel modo di riprenderli e usarli il suo centro e il suo senso, sia nei geyser dove riscaldarsi sia nel muschio in cui nascondere un ricordo prezioso.
Erlingsson sceglie accuratamente i toni e i registri, li alterna senza confonderli, punta tutto sul ritmo e sull’adesione dello spettatore e fa dell’Islanda il luna park del suo immaginario (il western del primo film, l’avventura di questo) aprendosi a un finale tanto quietamente emotivo quanto epico, seppure in sedicesimi. Alza la posta il regista islandese. Per ora, continua a vincere.