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Where the truth lies
Se c'è qualcosa che possiamo davvero invidiare ad Atom Egoyan, è la coerenza nel proprio percorso artistico-cinematografico. Ogni sua opera, siamo al dodicesimo lungometraggio, diventa un continuo aggiornamento sulla benevola e integrante ossessione riguardo il mezzo tecnologico. Per il regista di origini armene, la ricerca della verità dell'atto e del gesto umano si cela sempre nella sua riproduzione video e audio e nella sua evoluzione tecnica e riproducibilità. E anche in Where the truth lies, il meccanismo si ripete e si dirama in una nuova direzione: la registrazione su vecchi nastri magnetici, quelli a due bobine dei nostri padri, che occupavano mezza poltrona solo ad appoggiarli. Lanny Morris e Vince Collins sono due entertainer dei favolosi fifties e la loro specialità è il telethon per poliomielitici. Un po' Rat Pack, un po' Billi e Riva, intrattengono sia il pubblico dei night come le sale gremite da convegni di mafiosi. Poi, si sa, la notte è brava e cosa succede in certe camere d'albergo è meglio non approfondirlo. Peccato ci scappi una morta: Maureen giovane cameriera di un hotel e innocente giornalista in erba per il proprio campus universitario. Circa quindici anni dopo l'altrettanto giovane giornalista Karen vuole vederci chiaro, anche perché con un telethon sulla polio e con Lanny e Vince aveva già avuto a che fare. Innegabile che la struttura narrativa è da classico giallo con colpevole da rintracciare, ma ciò che importa ad Egoyan (che forse in questo film qualche attore fuori posto gli è pure scappato) è che va evidenziato l'assunto fondamentale della sua poetica: è chiaro che l'uomo, in senso assoluto, mente. E la soluzione di un delitto, di un rebus, di un segreto che lo vede protagonista, lo vede, immediatamente, anche come depositario della menzogna. In Egoyan, mai troveremo eroi senza macchia, ma elementi ambigui, in lotta con la propria delicata e ingombrante coscienza. Anche per questo, se Where the truth lies non entusiasma e non fa spellare le mani dagli applausi merita un'osservazione attenta e profonda: mai nessuno è andato più vicino all'essenza e al senso ultimo di quello specchio dei desideri e delle illusioni che è l'immagine cinematografica quanto Atom Egoyan.