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Walesa. Uomo della speranza
Sono tempi della storia ancora attuali, perché ne viviamo l'eredità politica e sociale. In cui la parola chiave è stata e resta: libertà. Parola semplice, ma per realizzarla sono state sacrificate vite, fatte rivoluzioni, compiute violenze. Per ogni polacco e per ogni europeo i fatti di Danzica, Solidarność, e tutto ciò che riguarda la figura di Lech Wałęsa, fanno parte del patrimonio e della memoria.
Andrzej Wajda, decano e maestro del cinema polacco, era consapevole che questo suo film - Wałęsa. Uomo della speranza, fuori concorso - sarebbe stato il soggetto più difficile e delicato della sua lunga carriera. Ma importante, perché si rivolge a tutti, e ci mette a contatto con la realtà drammatica che visse il suo Paese nel ventennio che inizia con il massacro di Danzica nel 1970 e termina con la caduta del Muro di Berlino nel 1989. Ed è un Wałęsa diverso quello che sullo schermo interpreta nel massimo coinvolgimento Robert Więckiewicz: irruento, pragmatico, decisionista, caparbio, devoto, scontroso, legatissimo alla famiglia - la moglie Danuta ebbe non poca influenza nelle sue decisioni, standogli coraggiosamente al fianco con i sei figli – senza mai rinnegare le sue origini e l'ambiente operaio da cui proveniva. Impermeabile, dunque, a qualsiasi richiamo o offerta che non fosse il bene del popolo e della sua Polonia.
Opera diretta con grande tensione e passione, anche morale, con ottimi attori tra cui Maria Rosaria Omaggio nei panni della giornalista Oriana Fallaci, dalla cui intervista il noto Premio Nobel comincia a raccontarsi e il film a svolgersi.
Nell'alchimia tra immagini documentarie e immagini di finzione, proprio per avvalorare la tesi dell'ottantasettenne regista: che la storia, pur scorrendo nel tempo, non ha mai barriere temporali perché i fatti di ieri possono sempre influire sulle decisioni di oggi e sulla realtà in cui siamo immersi. “Non c'è libertà senza solidarietà” è il motto del Sindacato che spesso campeggia nelle scritte e viene intonato da chi lo fece diventare un vessillo, oltre che un'arma pacifica, come le tante parole e orazioni del leader sindacale.
Wajda s'impegna moralmente, con il film, a farlo durare nella memoria.