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Vivants
Alix Delaporte, francese, a Venezia vinse nel 2006 il Leone d'Oro per il corto Comment on freine dans una descente?, mentre nel 2014 valse il premio Mastroianni al giovane Romain Paul de Le dernier coup de marteau. Stavolta, fuori concorso, porta alla 80esima Mostra Vivants, omaggiando i propri esordi da fotoreporter presso l'agenzia Capa, per cui contribuì a diversi programmi d'inchiesta.
Appena annoverata quale stagista da un prestigioso network di informazione, Gabrielle (Alice Isaaz), esplicito alter ego della Delaporte, deve ricavarsi il proprio spazio all’interno di un gruppo di inviati di grande esperienza. L'apprendistato non sarà solo professionale, bensì esistenziale, e con licenza sentimentale: Vincent (Roschdy Zem), il caporedattore del programma, può coprire più servizi...
Nel buon cast anche Vincent Elbaz, Pascale Arbillot, Pierre Lottin e Jean-Charles Clichet, Vivants guarda a Polisse e Il caso Spotlight, cavando sangue, ovvero emozioni, dalla cosiddetta “macchina”, dalla routine lavorativa, con i patemi, gli scazzi, gli imprevisti e gli incidenti peculiari alla professione, che indaghiamo con gli occhioni di Gabrielle, fanciullina che cresce in fretta.
Rapidità d'azione e congerie umana, spade di Damocle (la chiusura del programma) e vocazione "vivente", il dramma non è troppo drammatico, vellica un poco il romance e nasconde la mano, risolvendosi malgrado la bravura degli interpreti, una certa freschezza poetico-stilistica e un tot di biografica ispirazione in un take di agenzia più che in un'inchiesta filmata.
Un film epidermico, diaristico per difetto di crescita, minimalistico per carenza di ambizione, che dà a una giraffa il compito di bloccare Parigi e, ancor più incongruo, di chiamarci allo stupore. Si può?
È il sintomo scoperto di un film che chiede troppo alla cosa piccola che è. Persino il fuori concorso gli sta largo, saranno pure Vivants, ma la materia cinematografica è di mera sussistenza.