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Vivan las antipodas!
"Mi domando se potrei cadere attraverso tutta la terra. E' divertente immaginare di uscire dall'altra parte e vedere tutta la gente camminare a testa in giù". Si apre non a caso con questa citazione da "Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie" di Lewis Carroll la nuova opera del documentarista russo Victor Kossakovsky, Vivan las antipodas!, sinfonia-mondo che unisce quattro coppie di luoghi situati esattamente uno all'opposto dell'altro: Entre Rios (Argentina) e Shanghai (Cina), Patagonia (Cile) e lago Baikal (Russia), Big Island (Hawaii) e Kubu (Botswana), Castle Point (Nuova Zelanda) e Miraflores (Spagna). Il percorso più breve per unirli - 12.756 km l'ipotetica lunghezza di un tunnel assolutamente dritto - è quello che conduce attraverso la terra: Kossakovsky compie l'impresa, ridisegnando attraverso la macchina da presa (il regista è anche autore delle riprese del film) le coordinate spaziali, sferiche, del nostro pianeta. L'uomo, la natura, gli animali, gli elementi: la vita filmata senza soluzione di continuità, da un antipode all'altro, opposta nei suoi estremi - si pensi alla più netta delle contrapposizioni, quella tra i due fratelli argentini sul ruscello di Entre Rios e la caoticità di una metropoli da 18 milioni di abitanti come Shanghai - ma non sempre così dissimile, è il caso delle due "solitudini" incarnate da uno tra gli ultimi indios rimasti nella Patagonia cilena e dal suo antipode, Tatiana, contadina che vive nei pressi del lago Baikal, in Russia, al centro di una vallata dai colori e dai contorni mozzafiato.
Sfruttando la maestosità e la poesia di luoghi impossibili da dimenticare, il cineasta russo torna in qualche modo (ma meglio) al film "planetario" à la Godfrey Reggio (Koyaanisqatsi, Anima mundi e Naqoyqatsi) e "piega" letteralmente le abituali latitudini del racconto filmico: l'asse della macchina da presa ruota allo stesso modo di quello terrestre, permettendo allo sguardo l'impossibile, la sovrapposizione del tramonto argentino e dell'alba cinese, la corsa frenetica delle auto di Shanghai lungo uno dei ponti più estesi del mondo (quasi 17 km), ripresa con un pianosequenza "capovolto" che, da quel momento in poi, caratterizzerà l'intero discorso di Kossakovsky.
Che alterna le tonnellate di lava incandescente che stanno cancellando la più grande isola delle Hawaii e la coesistenza tra gli abitanti di un piccolo villaggio in Botswana con i più pericolosi animali (leoni, elefanti, ippopotami), fino alla più impressionante - e poetica - delle sovrapposizioni: quella tra un masso preistorico che da millenni sfida le intemperie sulle montagne spagnole (a Monteflores) e l'agonia di una balena spiaggiata sulle coste neozelandesi (a Castle Point). L'eterno e la morte assumono le stesse sembianze, il cinema di Kossakovsky ne celebra la portata. Di una bellezza commovente.